PER UNA GIUSTIZIA ALTERNATIVA
TRA CRISI E PROGETTO DI RIFORMA
Avv. Michele E. Puglia, www.rivstoricavirt.com
Tutti sanno in quali disastrose condizioni la Giustizia versi in Italia. Processi lunghi e lenti con oltre quattro milioni di processi civili arretrati altrettanti di procedimenti penali. Questi ultimi sottoposti a scadenze che molte volte annullano anni di lavoro da parte di magistrati oberati, che spesso non ce la fanno ad affrontare la mole di lavoro, spesso costretti ad affrontare questa mole in maniera poco razionale e poco efficiente (per agevolare questi compiti, il programma del Ministro Castelli sul quale ci soffermeremo più avanti, ha previsto la figura di ausiliari che aiuterebbero il giudice nello studio delle cause, occupandosi della elaborazione del materiale – ricerca di dottrina e giurisprudenza – in base al quale il giudice emetterà la sentenza). La situazione è insostenibile e si tramuta in negata giustizia per il cittadino.Tutti i ministri che si sono avvicendati in questi ultimi vent’anni (ma si potrebbe andare oltre nel tempo) hanno fatto chi poco, chi nulla, per affrontare il problema alla radice. Il poco è consistito in semplici rattoppi che si apportavano qua e là , in un sistema complessivo dell’idea di riforme, caratterizzato da una lentezza esasperante, che tendeva più a rinviare che a risolvere. Il tutto sotto la cappa di una burocrazia immanente, pagata come succede per qualsiasi burocrazia che si rispetti, perché nulla si facesse e nulla si muovesse.Le prime idee per affrontare il problema più impellente, quello dell’arretrato, che opprimeva la giustizia, erano venute dal ministro Giovanni Maria Flick che aveva pensato di introdurre, da una parte, le Sezioni stralcio, con la nomina di giudici onorari aggregati (GOA), alle quali sarebbero state convogliate tutte le cause arretrate dei Tribunali, con un limite temporale di cinque anni per la loro definizione. Dall’altra, abolita la figura del giudice Conciliatore, era stato istituito il Giudice di pace (c’erano voluti comunque vent’anni di gestazione, con le solite resistenze di chi è sempre contrario alle innovazioni!), le cui competenze erano divenute più ampie (competenza per valore fino a cinquemilioni, cause per sinistri stradali fino a trentamilioni, cause condominiali, ed ora anche una competenza penale). L’istituzione di questi nuovi magistrati onorari non aveva dato i risultati sperati in quanto il numero di magistrati nominati non copriva tutto l’organico previsto. Il problema della mancata copertura dell’organico, non ha trovato spiegazione logica, non essendosi capito come mai il numero di magistrati che era stato fissato nei bandi di concorso dal ministro di Giustizia (come si chiama ora, mentre prima era anche di Grazia), sia per i giudici aggregati sia per i giudici di pace, non era stato interamente coperto dalle nomine.Alle nomine è delegato istituzionalmente il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM.). Come detto, non è stato dato conoscere la causa della mancata occupazione dei posti che dovevano essere coperti, dal momento che la Stampa aveva a suo tempo annunciato che vi era stato un consistente numero di adesioni. Queste nomine peraltro avevano avuto una gestazione lenta. Ai primi bandi (1994/95) erano seguiti altri (1997/98), sia per i GOA che per i giudici di pace, con tempi biblici per le nomine che per l’ultimo bando (‘97/98) sono ancora in corso!Questo modo di procedere del CSM:aveva fin dall’inizio creato una strozzatura con la conseguenza che Sezioni stralcio e Giudici di Pace si sono trovati con un carico di lavoro che costringeva anche loro a segnare il passo, con il conseguente affossamento dell’idea della eliminazione dell’arretrato.E’ evidente che almeno una parte della crisi della Giustizia sia addebitabile alle lentezze dovute alla eccessiva burocratizzazione del CSM.cioè proprio dell’Organo che questa crisi avrebbe dovuto contribuire a risolvere.
Con l’ulteriore cambio di guardia del Governo, al ministro Flick era subentrato il ministro Piero Fassino sotto il quale era stato fatto un ulteriore passo avanti, con la eliminazione della figura del Pretore (dopo oltre duemila anni di esistenza) e la unificazione della competenza che ora confluiva nel Giudice Unico presso il Tribunale.Con l’unificazione era stato eliminato uno dei motivi che contribuivano ad affossare le cause, quello delle questioni di competenza che spesso e volentieri venivano invocate quando il convenuto in giudizio voleva portare il can per l’aia, eccependo la incompetenza a giudicare, del Tribunale o del Pretore, o viceversa, con palleggio della causa dall’uno all’altro. Purtroppo il nostro sistema processuale, sulla base di eccezioni procedurali consentiva e consente a chi ne ha più interesse (p.es. al debitore) di prolungare le cause all’infinito sulla base di interminabili e facili discussioni, facili perché siamo . E così il sistema finisce per ingolfarsi!Quando si dice che l’ Italia è la , questa definizione bisogna prenderla in senso negativo, perché, è pur vero che il diritto italiano è una eredità del diritto romano, fondato dai romani che tra tutti gli altri popoli si erano distinti per quel vero e proprio talento. I romani però, nella loro concretezza, lo avevano fondato su formule chiare e precise, formule così dette perché non davano spazio a incertezze nella loro applicazione o a interpretazioni fuorvianti da quanto la norma lapidariamente stabiliva. I guai, per il diritto italiano, erano derivati dal fatto che, ciò che era stato ereditato non era più il diritto romano creato dai romani, ma il diritto romano elaborato a Bisanzio dove qualunque argomento, anche il più banale, era oggetto di discussioni fatte di sottilissimi distinguo, discussioni che finivano col diventare anche feroci. E le discussioni si facevano a tutti i livelli, anche per le strade, tanto che uno storico del tempo, riferiva che: se chiedete a un bizantino di indicarvi una strada, quello vi risponde incominciando a parlare della differenza tra il Padre e il Figlio (si trattava del famoso …il termine che era stato il motivo del distacco della Chiesa ortodossa da quella di Roma!).Insomma, per dare un’idea delle differenze, mentre i romani avevano stabilito che le obbligazioni (intendendosi per obbligazione ciò che è dovuto da un soggetto nei confronti di un altro), nascevano da o da i bizantini a questa chiara e semplice distinzione avevano aggiunto il e il . Non c’è bisogno di ulteriori spiegazioni per capire che questo portava a numerose e sottili distinzioni che non conducevano ad altro che all’incertezza nell’applicazione del diritto. Il diritto romano elaborato dai bizantini quindi, aveva portato la conseguenza che il giurista capace di complicare le cose ricorrendo alle definite per giunta , riusciva a minare le fondamenta di una norma che apparentemente certa e chiara a furia di distinguo, diventava incerta e inapplicabile o male applicabile, e chi ddimostrava la sua bravura nei distinguo acquistava il merito di essere un .Le conseguenze pratiche sono sotto gli occhi di tutti nell’applicazione di una condanna penale. Quando si arriva, se si arriva, essa è fatta, con mille timori e mille scuse. Al condannato che deve scontare la pena in carcere, si dà la possibilità di uscire ogni tanto in licenza premio… dandogli modo di andare a commettere qualche altro reato (questa volta con l’impunità dell’alibi fornitagli dalla detenzione), per rientrarvi comodamente e continuare a scontare il cosiddetto debito con la società !
I due principali contenitori del formalismo giuridico italiano (di derivazione bizantina, non romana!) è facile intuirlo sono innanzitutto i due codici di procedura, civile e penale, che nel corso degli anni (tanti decenni!) hanno avuto dei rimaneggiamenti che hanno contribuito solo ad appesantirli e renderli più complessi, anche in termini interpretativi. Si pensi al codice di procedura penale che era fondato sul sistema c. d. inquisitorio (ereditato questa volta dalla Santa inquisizione), che dopo anni di interminabili discussioni era stato cambiato nel c.d. sistema accusatorio, con il grave errore però, non del cambiamento radicale (nel senso di sostituzione del vecchio col nuovo, che in Italia è sempre un tabù!), ma della sovrapposizione del nuovo sul vecchio, con la conseguenza che la tanto decantata e sudata riforma veniva ad essere pressoché vanificata. Vi sono poi i due codici civile e di procedura penale che avrebbero bisogno di una energica cura di ringiovanimento. Per ora sono state costituite due commissioni una presieduta da Carlo Nordio per la semplificazione del codice penale, l’altra da Romano Vaccarella per lo snellimento del codice di procedura civile, i quali dovranno predisporre uno schema che poi si trasformerà in disegno di legge, entro il 31 maggio di quest’anno.Peraltro, l’Italia aveva ereditato dal diritto romano, per la soluzione di qualsiasi tipo di controversia, la nel solo sistema giudiziario e quindi esclusivamente nel , mentre in altri paesi come p.es. quello anglo-sassone che, come si sa, è basato sulla il diritto comune che è un diritto pratico fondato sul caso concreto, in caso di controversie, era normale il ricorso, a figure alternative, come quelle degli arbitri.Una nuova idea che segnava la strada giusta per una modifica del sistema, era stata avanzata dal ministro Piero Fassino, il quale per l’alleggerimento del carico di cause, aveva pensato alla istituzione, a vari livelli (presso gli Ordini degli Avvocati, Tribunali e Giudici di Pace) delle Camere di Conciliazione. Questa idea rimaneva però solo come progetto a causa del cambio di guardia del governo.Con l’arrivo del nuovo ministro Roberto Castelli, vi è stata un’ ulteriore evoluzione di questa idea. Il ministro infatti ha pensato di staccare completamente dalle competenze del Ministero di Giustizia e CSM (che con tutto l’impianto organizzativo del sistema giudiziario, per un buon processo di svecchiamento, avrebbero bisogno di una bella cura di de-burocratizzazione oltre alla razionalizzazione e diffusione capillare dei sistemi informatici, i cui apparecchi attualmente fanno solo bella mostra in molti uffici giudiziari), la gestione delle controversie che saranno affidate alle Camere di Commercio le quali, secondo il ministro offrono strutture snelle e soprattutto già pronte.Nel richiamarci, nel titolo, a una , diciamo subito che il termine non deve apparire secondario rispetto all’altra giustizia, diciamo così, tradizionale e non si deve essere indotti in errore. In pratica i due sistemi sono da considerare due giustizie parallele, tanto che il sistema di giustizia che possiamo definire privata, rispetto alla pubblica, riceve solo ora e con notevole ritardo, il crisma dell’ufficialità , mentre già da moltissimi anni esso è adottato non solo negli Stati Uniti dove hanno un’esperienza ultratrentennale, ma negli stessi paesi dell’ Europa. Non ce lo nascondiamo. Gl’italiani pur rispondendo al cliché di , sono però litigiosi (il maggior numero di cause è quello tra co-inquilini) e tra l’altro non sono neanche troppo concilianti quando sono in ballo i loro diritti. Essi ritengono di farsi giustizia ricorrendo al giudice, che vedono come una specie di nelle sue vesti più formali, e considerano il giudizio come una forma moderna di ordalìa (nel medioevo erano i giudizi svolti con il combattimento, che si consideravano affidati alla mano di Dio, il quale, si riteneva dovesse punire il cattivo, che nel combattimento era quello che rimaneva ucciso!), e, i termini ancora usati quando si parla di < battaglie legali>, riportano a quella mentalità ! Ovviamente i battaglieri propositi della parte che vuol combattere contro l’altra non vengono minimamente attenuati o scoraggiati né dagli avvocati né dai giudici che pur avendo, i primi la possibilità di sollecitare qualche tentativo di conciliazione, i secondi di convocare le parti per cercare di metterle d’accordo, sia per mancanza di tempo, sia perché lo ritengono del tutto inutile, non lo fanno quasi mai.Le Camere di Commercio italiane, o almeno una buona parte di esse, sono già attrezzate e collaudate per affrontare questa riforma che dovrebbe risolvere alla radice il problema, almeno delle controversie civili. Sarebbe una spinta a sottrarre alla organizzazione giudiziaria una pletora di lavoro che ristagna, che per il cittadino si traduce non solo in sostanziale riduzione di tempi e di denaro, ma, ciò che più conta, ottenendo giustizia in tempi brevi e senza eccessivi formalismi, con il lodo arbitrale oppure, perché no, sempre in tempi brevi e senza formalismi, un soddisfacente verbale di conciliazione. Fin dal 1993, con il riordinamento delle Camere di Commercio, veniva data a queste la possibilità di costituire Camere Arbitrali e Conciliative per la risoluzione di controversie tra imprese o imprese e consumatori e utenti, o privati in genere, sulla base di un Regolamento sia per gli arbitrati che per le conciliazioni. Il progetto di Castelli mira a potenziare queste strutture.Purtroppo nell’arco di tutti questi anni il ricorso, proprio da parte di chi avrebbe potuto guadagnarci di più, cioè dei privati cittadini, sia agli arbitrati sia alla conciliazione è stato molto limitato, contrariamente alle aziende e grandi aziende (anche in campo internazionale), perché esse sono abituate a valutare il tempo in termini di denaro e nulla di meglio che avere la risoluzione di una controversia in poco tempo e con minor spesa. Infatti, le due caratteristiche principali sia per gli arbitrati che per le conciliazioni sono il tempo (un arbitrato si deve svolgere nel giro di centottanta giorni salvo proroga, ben poca cosa rispetto ai decenni di una causa!) e la spesa che rispetto a una causa è più limitata, in quanto si versa alla Camera di Commercio, che mette a disposizione la sua organizzazione, una quota, in base al valore della controversia, e agli arbitri che sono pagati sulla base di tariffe determinate dalla Camera di Commercio, in base del valore della controversia.In altri paesi, facciamo sempre l’esempio degli Stati Uniti, vi sono appositi sportelli pubblici che danno consulenze a privati indirizzandoli su cosa devono fare e particolarmente a chi dovranno rivolgersi. Sportelli di questo genere dovrebbero essere auspicabili anche in Italia. E’ infatti la scarsa informazione che non consente il più facile ricorso agli arbitrati e alle conciliazioni anche da parte degli avvocati che sono portati a seguire il binario giudiziario per formazione, abitudine e per scarsa informazione e preparazione perché il ricorso agli arbitrati e alle conciliazioni prevedono una specifica preparazione che si acquisisce con la specializzazione. Le Camera di Commercio più illuminate organizzano corsi di specializzazione di ottimo livello che trovano, da parte di professionisti di tutte le categorie interessate, ampia partecipazione.Ora, con la spinta data dal ministro Castelli a questa forma di privatizzazione della giustizia (criticata dai giudici togati, che però con le critiche non hanno saputo dare soluzioni alternative), il cittadino deve prendere atto che oltre alla ricorso al giudice vi è il ricorso all’arbitro o al conciliatore o mediatore (tramite Camere di Commercio), ai quali si può affidare per la soluzione di controversie trovando in quest’altro tipo di giustizia le stesse garanzie di preparazione, serietà ed obiettività del giudice tradizionale, e questo farà sì che anche l’Italia nel campo della giustizia possa mettersi al livello dei paesi più avanzati.
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