GRATUITO PATROCINIO E DIRITTI UMANI: Un giudice italiano applica la Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE, prima della sua entrata in vigore
E’ la prima volta in assoluto che in aggiunta alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, un Giudice italiano (Corte d’appello di Roma) applica la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, ancor prima della sua entrata in vigore (Avv. Maurizio de Stefano)
CORTE D’APPELLO DI ROMA – Sez. lavoro – Ordinanza 11 aprile 2002, Pres. Sorace, Rel. Cannella, – Favelli L. (avv. Maurizio de Stefano) contro Condominio Via Brichetti, 23 (avv. Ottavio Marotta).
Patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti – Diretta applicabilita’ della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e della Carta dei diritti Fondamentali dell’Unione Europea- Sussistenza. Patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti – Disapplicazione da parte del giudice ordinario delle norme del diritto nazionale (art. 11, secondo comma della legge 11 agosto 1973, n.533 ) contrastanti l’ordinamento comunitario o internazionale – Legittimita’.
Il diritto al patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti deve considerarsi pienamente vigente nel nostro ordinamento, non quale principio programmatico della Costituzione o dell’ordinamento comunitario o internazionale, che richieda una specifica normativa nazionale di attuazione, ma quale norma direttamente applicabile nel nostro ordinamento.
In applicazione diretta ed immediata dell’art. 6, paragrafo 3 lett. c) della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e dell’art. 47 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, il giudice italiano puo’ disapplicare il limite di reddito indicato (in lire duemilioni all’anno e mai aggiornato dal 1973 nonostante la rilevante svalutazione intercorsa fino al 2002) nell’art. 11, secondo comma della legge 11 agosto 1973, n.533 (Disciplina delle controversie individuali di lavoro e delle controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie) per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato dei non abbienti e cio’ ancor prima dell’entrata in vigore della nuova legge (29 marzo 2001 n. 134) in materia di patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti, che ha fissato tale limite di reddito in diciotto milioni all’anno. (Nel caso di specie il giudice ha determinato equitativamente un diverso limite di reddito rapportandolo ad una misura di poco inferiore ai diciotto milioni annui previsti dalla stessa legge 29 marzo 2001 n. 134, ma solo per il periodo successivo al 1 luglio 2002).
L’ordinanza cosi’ motiva: LA CORTE D’APPELLO DI ROMA SEZIONE LAVORO
composta da
dr. Silvio SORACE – Presidentedr. Giuseppe BRONZINI – Consiglieredr. Giovanni CANNELLA – Consigliere relatore
pronunciando sull’istanza per gratuito patrocinio, presentata da Luigina Favelli nel giudizio d’appello proposto contro la sentenza del Tribunale di Roma del 20.9.99 nei confronti del Condominio di via Brichetti 23 (R.G. 834/A/2000);
premesso che con ricorso depositato in data 11.10.96 l’odierna appellante conveniva in giudizio davanti alla Pretura di Roma, in funzione di giudice del lavoro, il Condominio di via Brichetti 23, chiedendo l’accertamento del rapporto di lavoro subordinato di portierato, con condanna del datore di lavoro al pagamento della somma di £ 244.537.304, oltre accessori, a titolo di differenze retributive, compenso per lavoro straordinario e TFR, oltre all’accertamento dell’insussistenza del licenziamento con conseguente pagamento di tutte le retribuzioni successive;
che il Condominio si costituiva, resistendo alle domande e chiedendo in via riconvenzionale la condanna della lavoratrice al rilascio dell’alloggio e al pagamento dell’indennita’ di occupazione;
che il Tribunale di Roma decideva la causa con sentenza del 20.9.99, riconoscendo alla Favelli la somma di 45 milioni di lire, a titolo di retribuzioni fino alla cessazione del rapporto in data 29.5.96, decurtando la somma di 15 milioni di lire a titolo di indennita’ di occupazione dell’alloggio e condannando la lavoratrice al rilascio dell’alloggio;
che la Favelli proponeva appello, chiedendo, in riforma della sentenza di primo grado, l’integrale accoglimento delle domande e il Condominio resisteva, chiedendo in via riconvenzionale il pagamento della maggior somma di £ 375.000 mensili fino all’effettivo rilascio dell’alloggio;
che la Corte d’appello sospendeva l’esecuzione dell’ordine di rilascio dell’alloggio;
che l’avv. D’amico, che aveva presentato il ricorso d’appello, in data 13.11.2000 rinunciava al mandato e la Favelli il 14 e 16 novembre presentava istanza di ammissione al gratuito patrocinio;
che con ordinanza del 27.11.2000 l’istanza veniva rigettata dalla Corte d’appello, per superamento del limite di reddito di 2 milioni previsto dalla legge n. 533/73;
che all’udienza del 22.2.2001 il nuovo difensore, avv. Maurizio de Stefano, sollevava questione di illegittimita’ costituzionale dell’art. 11, comma secondo, della legge n. 533/73 per contrasto con l’art. 2, 3, 24 della Costituzione e con l’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo del 4.11.1950, per la mancata rivalutazione della soglia massima dei 2 milioni di reddito annuo, tenuto conto della svalutazione monetaria dal 1973 al 2001 (e successivamente in via gradata l’illegittimita’ costituzionale dell’art. 23, comma secondo, legge 134/2001, per la reintroduzione degli oneri fiscali e amministrativi nei processi del lavoro, che tuttavia sono stati nuovamente esclusi con legge (6 dicembre 2001, n.437 n.d.r.), con conseguente assorbimento della questione di costituzionalita’);
che il Condominio eccepiva la tardivita’ dell’istanza, che doveva essere presentata “contestualmente” al deposito del ricorso, la mancata indicazione degli avvocati tra i quali la Corte avrebbe potuto, in ipotesi, nominare il difensore, l’implicita rinuncia all’istanza per effetto della nomina del nuovo procuratore antistatario, la mancata impugnazione del rigetto dell’istanza sotto forma di reclamo, la carenza di interesse ad agire a causa della nomina di un difensore che si e’ dichiarato disposto ad anticipare le spese, l’impossibilita’ di una sentenza della Corte costituzionale c.d. manipolativa o additiva;
che all’udienza del 18.10.2001, la difesa della Favelli, in relazione all’eccezione di tardivita’ dell’istanza, sollevava nuova questione di costituzionalita’ dell’art. 13 comma 1° della legge n. 533/73, nella parte in cui non prevede l’ammissione del gratuito patrocinio nei gradi successivi al primo e in pendenza del processo;
tutto cio’ premesso, la Corte osserva quanto segue:
rilevato che il diritto al patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti, attraverso le successive tappe del processo legislativo in materia, deve ormai considerarsi pienamente vigente nel nostro ordinamento, non quale principio programmatico della Costituzione o dell’ordinamento comunitario o internazionale, che richieda pero’ una specifica normativa nazionale di attuazione, ma quale norma direttamente applicabile nel nostro ordinamento;
considerato, infatti, che l’art. 24 della Costituzione stabilisce che “tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti” e che “sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione”;
che l’art. 6, paragrafo 3 lett. c), della Convenzione dei Diritti dell’Uomo dispone che “ogni accusato ha diritto a…, se non ha i mezzi per pagare un difensore, poter essere assistito gratuitamente da un avvocato d’ufficio, quando lo esigono gli interessi della giustizia”;
che la norma deve considerarsi applicabile anche ai giudizi civili, come affermato dalla stessa Corte europea dei diritti dell’uomo con sent. 9.10.79 (caso Airey, in Foro it., 1980, parte IV, pag. 5);
che la suddetta disposizione e’ stata resa esecutiva con legge n. 848/55 ed e’ stata direttamente applicata nel nostro ordinamento con portata generale, ad esempio con riguardo ai procedimenti disciplinari a carico dei magistrati (le Sezioni Unite della Suprema Corte con sent. n. 7662/91, hanno in conseguenza ritenuto abrogato l’art. 34, 2° comma, r.d.l. n. 511/46, che non garantiva la pubblicita’ dell’udienza disciplinare);
che la Corte costituzionale, con sent. n. 10/93, ha affermato che le norme della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo “sono state introdotte nell’ordinamento italiano con la forza di legge propria degli atti contenenti i relativi ordini di esecuzione…che sono tutt’ora vigenti, non potendo, certo, essere considerate abrogate dalle successive disposizioni…perche’ si tratta di norme derivanti da una fonte riconducibile a una competenza atipica e, in quanto tali, insuscettibili di abrogazione da parte di disposizioni di legge ordinaria”;
che analogamente la Cassazione ha statuito che “le norme della Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo in quanto principi generali dell’ordinamento giuridico godono di una particolare forma di resistenza nei confronti della legislazione posteriore” (sent. del 12/05/1993, sez. penale) e che “tali norme…impongono agli stati contraenti veri e propri obblighi giuridici immediatamente vincolanti e, una volta introdotte nell’ordinamento statale interno, sono fonte di diritti ed obblighi per tutti i soggetti” (sent. n. 6672/98, sez. civile);
che l’Unione Europea ha recepito i principi della Convenzione dei diritti dell’uomo stabilendo che “l’Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle liberta’ fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario” (attuale art. 6 nel testo consolidato del Trattato sull’Unione europea);
che l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea stabilisce al terzo comma che “a coloro che non dispongono di mezzi sufficienti e’ concesso il patrocinio a spese dello Stato qualora cio’ sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia”;
che la Carta dei diritti, anche se non ancora inserita nei trattati, e’ ormai considerata pienamente operante come punto di riferimento essenziale non solo per l’attivita’ delle istituzioni comunitarie, ma anche per l’attivita’ interpretativa dei giudici europei, tanto che e’ costantemente richiamata negli atti degli organi europei, ma anche invocata piu’ volte nelle conclusioni dell’avvocato generale nei giudizi dinanzi alla Corte di giustizia europea;
che, recentemente, proprio l’art. 47 della Carta e’ stato richiamato, e quindi utilizzato come fonte normativa, nella motivazione della sentenza 30.1.2002 del Tribunale di prima istanza della Corte di Lussemburgo (causa T-54/99, Max Mobil Telekommunikation Service GmbH);
rilevato che la disciplina sul gratuito patrocinio nel rito del lavoro contenuta nella legge n. 533/73, non consente nel caso all’esame della Corte un’effettiva applicazione del diritto al gratuito patrocinio dei non abbienti, essendo previsto il limite di reddito di 2 milioni, mai aggiornato dal 1973 nonostante la rilevante svalutazione;
considerato che non puo’ trovare ancora applicazione la legge n. 134/2001 che ha riformato la materia, fissando il limite di reddito di 18 milioni, ma solo a decorrere dal 1.7.2002;
ritenuto che, sulla base dei principi esposti, il limite di reddito indicato dalla legge n. 533/73 non possa trovare applicazione al caso in esame, essendo chiaramente in contrasto, perche’ irrisorio, con il principio effettivo del gratuito patrocinio dei non abbienti fissato dall’art. 6 della Convenzione dei diritti dell’uomo, resa esecutiva con legge 848/55, che prevale, come si e’ detto, anche sulle norme di diritto interno successive, essendo dotata di una “particolare forma di resistenza”, e dall’art. 47 della Carta di Nizza e quindi anche dal diritto comunitario, che consente la disapplicazione da parte del giudice ordinario delle norme del diritto nazionale contrastanti;
rilevato che la disapplicazione del limite di reddito indicato comporta la necessita’ di determinare equitativamente un diverso limite di reddito, in assenza di un limite individuato dalle fonti indicate, che puo’ essere validamente rapportato ad una misura di poco inferiore ai 18 milioni annui previsti con decorrenza 1.7.2002 dalla legge 134/2001;
considerato che, in applicazione di tale criterio, l’appellante rientra certamente nel limite di reddito tutelato, potendo godere di un reddito non superiore ai 14 milioni annui, anche tenendo conto del reddito derivante dall’appartamento in proprieta’ (mentre nessun rilievo puo’ avere il versamento di una somma una tantum in ottemperanza della sentenza di primo grado, quantomeno perche’ non imputabile ai redditi dell’anno esaminato);
rilevata l’infondatezza dell’eccezione di tardivita’ dell’istanza di gratuito patrocinio, quanto alla presentazione in appello, poiche’ l’istanza puo’ essere presentata in qualsiasi grado e stato del procedimento (Cass. n. 5579/78; Cass. n. 4855/84) e quanto alla contestualita’ con l’atto introduttivo del giudizio, perche’ l’istanza e’ stata proposta subito dopo la proposizione dell’appello incidentale e quindi resa necessaria dalle spese conseguenti (ad esempio la CTU per la determinazione del valore dell’alloggio);
considerato d’altra parte che l’impossibilita’ di proporre l’istanza nel corso del giudizio, o di riproporla a seguito, ad esempio, del mutamento delle condizioni economiche dell’istante, sarebbe in contrasto con il principio effettivo del gratuito patrocinio dei non abbienti e la norma cosi’ interpretata andrebbe quindi disapplicata;
considerato che la nomina di un procuratore antistatario (a cui in seguito, peraltro, e’ stato revocato il mandato) non puo’ interpretarsi come rinuncia implicita all’istanza di gratuito patrocinio, ne’ fa venir meno l’interesse all’istanza, sia perche’ l’impegno ad anticipare le spese non significa rinuncia alle stesse da parte dell’avvocato, sia perche’ l’ammissione non riguarda solo le spese e competenze del difensore, ma anche le altre spese del processo, ad esempio per consulenti, che nel caso in esame potrebbero essere necessari per la determinazione delle differenze retributive e del valore dell’alloggio (cfr. in questo senso Cass. n. 3079/85);
ritenuto, infine, che l’istanza riproposta puo’ essere considerata sia come reclamo avverso l’ordinanza di rigetto, sia come autonoma nuova istanza, sempre proponibile per quanto detto;
rilevato che le ragioni dell’appellante non possono ritenersi manifestamente infondate, ai fini dell’art. 11 1° comma L. n. 533/73, essendo basate su una diversa lettura di una complessa istruttoria;
P.Q.M.La Corte
accoglie l’istanza di gratuito patrocinio, revocando per quanto occorre l’ordinanza del 27.11.2000;
manda alla Cancelleria per la immediata richiesta al Consiglio dell’ordine dell’indicazione del difensore ai sensi dell’art. 13, 3° comma, L. n. 533/73 entro il e rinvia la causa all’udienza dell’11.7.2002.
Roma, 11.4.2002
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