EDITORIAL: GESTIONE COLLETTIVA DEL RISPARMIO E FONDI COMUNI DI INVESTIMENTO. La posizione istituzionale e il regime normativo delle SGR
(*) Gia’ svolte anche altrove, e adesso destinate ad un volume in corso di pubblicazione presso la casa editrice Giuffre’, le considerazioni che si leggono in queste pagine derivano dai <materiali di lavoro > elaborati per il corso di Diritto dei mercati finanziari della Facolta’ di Giurisprudenza dell’Universita’ di Roma < La Sapienza >.
1. Istituire fondi comuni di investimento e provvedere alla loro gestione patrimoniale e’ attivita’ che il primo comma dell’art. 36 del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (in via breve il Tuf) riserva alle Sgr, le <societa’ di gestione del rsparmio > provvedendo ad una precisa prefigurazione delle possibili forme di organizzazione della offerta di mercato. Se la societa’ che istituisce fondi comuni puo’ al tempo stesso esserne <gestore > come si sa non e’ tuttavia escluso che ne invece conferisca invece poteri e responsabilita’ di gestione ad altra Sgr. E quando la attivita’ di una Sgr e’ attivita’ di gestione collettiva del risparmio nella forma giuridica del fondo comune di investimento in ogni caso si configura la caratteristica fattispecie delle risorse finanziarie e dei valori costituenti un patrimonio che come si legge alla lettera j) del primo comma dell’art. 1 del Tuf . e’ < patrimonio autonomo > e < suddiviso in quote di pertinenza di una pluralita’ di partecipanti> .
Ne risultano delineati i caratteri distintivi di un comparto dell’economia finanziaria che all’investitore assicura ampie garanzie offrendo al tempo stesso una opportunita’ di particolare interesse.Con la proposta di investire moneta nelle quote del fondo comune infatti la societa’ proponente offre al mercato dei risparmiatori cio’ che molto spesso e’ piu’ desiderabile , perche’ al fondo comune si possono conferire anche piccoli importi di denaro condividendo con la massa degli altri partecipanti tutti i benefici di una diversificazione del portafoglio e di un frazionamento del rischio finanziario semplicemente impensabili per il singolo risparmiatore.La Sgr assicura poi alla gestione collettiva del risparmio una adeguata professionalita’ ,agisce in regime di obbligata trasparenza e con la garanzia di pubblici controlli molto rigorosi anche in punto di corretto svolgimento delle operazioni di mercato.E le norme consentono al risparmiatore di decidere modalita’ e durata del suo investimento.
Tutto questo spiega il grande rilievo delle indicate forme di gestione patrimoniale < in monte> e la successione degli interventi legislativi che sara’ bene ricordare. Progettazioni di una normativa si erano elaborate gia’ nel corso degli anni Sessanta .Ma una disciplina operante si doveva conseguire soltanto con la legge 77 del 23 marzo 1983,dove finalmente si prefigurano fondi comuni di investimento mobiliari e aperti che la pratica di mercato doveva a suo volta ampiamente diversificare.Si sono offerti fondi monetari pensati a misura dell’investitore che sceglie di investire in titoli di debito a breve termine.Fondi obbligazionari anch’essi dedicati a titoli di debito tuttavia del medio e lungo periodo ,essendo comunque assai contenuto il rischio dell’investimento per la natura stessa dei valori presi in portafoglio . Fondi azionari a maggior rischio ma comunque attraenti per la loro attitudine a procurare guadagni di capitale.E infine fondi bilanciati in ragionevole equilibrio tra obbligazioni e investimento azionario.Ne conseguono le varianti di offerta da allora ulteriormente integrate nel modo che si precisera’ in seguito.
Con le norme della legge 344 del 14 agosto 1993 si era poi stabilita la disciplina di fondi comuni pur sempre mobiliari ma invece c h i u s i. Per essi si regolava la posizione del partecipante nel senso che la liquidazione dell’investimento non e’ consentita se non alla scadenza di un termine non breve (e per esempio un termine di cinque anni),cosa che alla societa’ di gestione consente di attivare una strategia di mercato finanziario di lungo periodo. A sua volta la legge 86 del 25 gennaio 1994 doveva configurare il modello di fondi comuni di genere i m m o b i l i a r e, anch’essi c h i u s i e per l’appunto caratterizzati dal particolare oggetto di investimento, fossero le risorse del fondo investite in partecipazioni al capitale di societa’ immobiliari o immediatamente in immobili.Ne risultava delineato un ordinamento di settore che le norme del Tuf. hanno tuttavia riformato seguendo una precisa linea di politica del diritto.
Le norme del Tuf regolano la materia secondo principio di sua prevalente delegificazione. Le sue prescrizioni stabiliscono pur sempre principi generali della disciplina a valere per t u t t i i fondi comuni di investimento.Ma la disposizione del primo comma dell’art. 37 avverte che < determinare i criteri (… ) cui devono uniformarsi i fondi comuni di investimento> e’ cosa che compete ad una serie di direttive regolamentari del Ministro del Tesoro da < adottare > una volta < sentite la Banca d’Italia e la Consob >. E la medesima disposizione precisa che doveva appunto essere la normativa regolamentare del Tesoro a disciplinare la possibile configurazione di singoli tipi di fondo comune diversi per l’<oggetto > dell’investimento, per i < destinatari> dell’operazione finanziaria cosi’ come infine per la sua < durata>. Valgono le deliberazioni ministeriali del 24 maggio 1999 (poi modificato con decreto del maggio 2000) che piu’ avanti sara’ il caso di attentamente considerare.
Ancor prima occorre tuttavia considerare le norme di principio del Tuf. Ne risultano confermati gli elementi costitutivi della fattispecie che in via breve sara’ bene ricordare .Per disposizione dell’ottavo comma dell’art. 36 le quote di partecipazione al fondo comune sono < tutte di uguale valore> e < con eguali diritti> .La sua gestione finanziaria e’ <in monte> e remunerata dalle commissioni che per essa gli investitori corrispondono.
E’ gestione di un patrimonio < autonomo> nel senso precisato dal sesto comma dell’art. 36( che espressamente regola anche il caso del fondo comune multicomparto),cosa che per l’essenziale provvede a fare definitiva chiarezza sul suo regime normativo , lasciando percio’ in posizione marginale molti dei contrastanti discorsi in passato ricorrenti in tema di < natura > giuridica dell’istituto <fondo comune > .
Discutendo della titolarita’ dei valori compresi nel patrimonio < fondo comune di investimento >, e in questo senso della sua < natura > giuridica le progettazioni legislative degli anni Sessanta spesso richiamavano il sistema delle norme del codice civile in tema di comunione .Altra volta si era poi evocato il regime di < imperfetta > autonomia patrimoniale delle societa’ di persone. O si era teorizzata la nozione di patrimonio senza soggetto altra volta prefigurandosi invece una < proprieta’ > della societa’ di gestione. Altra volta si era infine rappresentato il fondo comune come oggetto e forma di proprieta’ collettiva diversa dalla comproprieta’ del codice civile.Proprieta’ collettiva dei partecipanti al fondo da regolare con un suo statuto giuridico di genere particolare ,dovendosi considerare sia il mandato conferito alla societa’ di gestione per la amministrazione delle risorse sia i poteri conferiti ad una banca depositaria con riguardo alla custodia e alla regolazione delle conseguenti operazioni finanziarie .E naturalmente precisare la titolarita’ dei valori non era astratto problema di teoria ma rilevante questione di disciplina del fondo comune in quanto patrimonio in regime giuridico di patrimonio separato da ogni altro.
Vale una regola di principio gia’ presente nell’art. 3 della legge 77 del marzo 1983 e a fare sufficiente chiarezza provvede adesso il sesto comma dell’art. 36 del Tuf, dove si legge che < ciascun fondo comune di investimento > e allo stesso modo ogni singolo << comparto > di un fondo comune a piu’ comparti <costituisce patrimonio autonomo >, percio’ < distinto a tutti gli effetti dal patrimonio della societa’ di gestione > e < da quello di ciascun partecipante> cosi’ come da <ogni altro patrimonio gestito dalla medesima societa’ >. Sul patrimonio del fondo comune o di un suo comparto < non sono > quindi < ammesse azioni dei creditori della societa’ di gestione del risparmio > (o esercitate nel suo interesse) .Il regime giuridico del patrimonio <fondo comune > si precisa infine avvertendo che su di esso ammesse non sono neppure azioni del creditori della banca depositaria (o che fossero esercitate nel suo interesse ). E per parte loro < le azioni > dei creditori dei singoli investitori sono ammesse soltanto < sulle quote di partecipazione dei medesimi > ,dovendosi poi considerare che azioni di tal genere sono ammissibili soltanto una volta conseguito il loro rimborso,perche’ neppure pro quota puo’ configurarsi azione esecutiva nei confronti del fondo comune.
2. Operando l’ indicato regime di separatezza patrimoniale il rapporto che intercorre tra Sgr, fondo comune e suoi partecipanti si configura con l’oggetto e i lineari caratteri che in estrema sintesi possono essere cosi’ indicati.A incorporare le partecipazioni al fondo saranno quote < tutte di uguale valore e con uguali diritti > rappresentate da certificati nominativi o al portatore < a scelta dell’investitore> ( e la norma dell’ottavo comma dell’art. 36 avverte che < sentita la Consob > la Banca d’Italia < puo’ stabilire(…) in via generale le caratteristiche dei certificati> cosi’ come <il valore nominale unitario iniziale delle quote > ). In ogni caso la titolarita’ di quote assegna all’investitore una posizione di diritto che sara’ bene precisare perche’ non esistono diritti di gruppo che possano configurare una posizione unitaria dei sottoscrittori di quote partecipanti al fondo.
Ognuno ha una posizione a se’ che costituisce titolarita’ di un diritto di credito. Osservando le regole al riguardo statutariamente stabilite, quando consideri utile esercitare il suo diritto ad esigere le prestazioni dovute l’investitore domandera’ il rimborso delle quote di sua appartenenza al valore che esse derivano dal prezzo di mercato delle attivita’ finanziarie in allora comprese nel patrimonio del fondo comune.E ricevera’ una somma pari alla frazione del valore del fondo rappresentata dal numero delle quote presenti nel suo personale portafoglio . Altro ancora caratterizza poi in modo particolare l’oggetto e gli elementi distintivi del contratto di investimento che intercorre tra societa’ e partecipante al fondo <possessore > di sue quote ,dovendosi considerare in radice escluso che all’investitore possano competere diritti o facolta’ di concorso alle decisioni di asset allocation oppure ad altre comunque assunte in materia di gestione ammiinistrativa e finanziaria.
Se il risultato atteso dai partecipanti al fondo comune e’ naturalmente il maggior incremento del valore delle quote, la disciplina del Tuf avverte infatti che i partecipanti al fondo sono in linea di principio ( e sempre ) esclusi da qualsiasi forma di possibile interferenza nelle valutazioni e nelle attivita’ di amministrazione e di gestione del portafoglio finanziario che competono sempre e soltanto alla societa’ di gestione.In questo senso la norma del quinto comma dell’art. 36 dove si legge che societa’ < promotrici > o < gestore> del fondo assumono verso i partecipanti gli obblighi e le responsabilita’ del < mandatario> serve ad indicare regole e modello dei loro doveri di diligenza professionale. Ma il rapporto che intercorre tra societa’ e investitori e’ davvero altra cosa dal mandato delle disposizioni del codice civile , perche’ come si sa nei confronti di un < mandatario > al < mandante > competono poteri di indirizzo e di influenza che in nessun modo i partecipanti al fondo comune possono esercitare.
La societa’ <gestore > naturalmente non agisce in uno spazio di incontrollata discrezionalita’ , perche’ la sua strategia di asset allocation e di movimentazione degli investimenti e’ comunque vincolata dalle disposizioni regolamentari del fondo comune. E se lo si domanda la Sgr dovra’ far ricevere al partecipante copia dei documenti ( la sua < relazione semestrale > e il suo < rendiconto annuale > ) che assicurano le dovute garanzie di trasparenza delle attivita’ di gestione. Ma sara’ pur sempre la societa’ <gestore> ad operare nel modo che considera preferibile per diversificare gli investimenti,amministrare i rischi di mercato e provvedere alla liquidita’ che occorre in considerazione del flusso delle possibili richieste di rimborso delle quote. Una banca depositaria della liquidita’ e dei valori che sono <fondo comune > svolgera’ le importanti funzioni indicate dal secondo comma dell’art. 36 e dall’art..38 del Tuf .
< Sentita la Consob> e’ Banca d’Italia a determinare < le condizioni per l’assunzione dell’incarico > di banca depositaria dovendosi osservare le prescrizioni stabilite con la <circolare > 229 del 21 aprile 1999.E a concretare l’assunzione dell’incarico si provvede mediante il contratto che la societa’ di gestione stipulera’ con la banca .Molto rilevano gia’ le sue funzioni di custodia degli < strumenti finanziari > e delle < disponibilita’ liquide > , che devono essere obbligatoriamente svolte da una impresa bancaria qualificata dai necessari requisiti di affidabilita’ (che appunto percio’ e’ resa depositaria delle consistenze del fondo). E gia’ con riguardo a tali funzioni va segnalato il secondo comma dell’art. 38 del Tuf dove si stabilisce che la banca e’ responsabile <nei confronti della societa’ di gestione del risparmio> cosi’ come dei partecipanti al fondo, per ogni pregiudizio < da essi subito in conseguenza dell’inadempimento > degli obblighi derivanti dall’ accettazione dell’ufficio di banca depositaria.
In modo particolare rilevano le funzioni di garanzia che alla banca competono secondo le circostanziate disposizioni del primo comma dell’art. 38. Svolgendo il suo ufficio la banca depositaria e’ infatti chiamata ad accertare la legittimita’ delle operazioni di emissione e di rimborso delle quote , al tempo stesso dovendo provvedere al calcolo del loro valore e a quanto riguardi < la destinazione dei redditi del fondo >.Ancora la banca despositaria dovra’ verificare che < nelle operazioni relative al fondo > la controprestazione < sia ad essa rimessa nei termini d’uso >. E (cosa della massima importanza )la banca eseguira’ le istruzioni della societa’ di gestione soltanto una volta accertato che esse non sono contrarie < alla legge ,al regolamento o alle prescrizioni degli organi di vigilanza > .
In caso di irregolarita’ riscontrate quanto alla amministrazione della Sgr o alla gestione del fondo comune , gli amministratori e i sindaci della banca depositaria riferiscono, e devono riferire <senza ritardo > alla Banca d’Italia e alla Consob che le norme del T.u.f. ancora una volta comunque impegnano allo svolgimento delle indispensabili attivita’ di vigilanza con grande estensione di campo.Sara’ infatti chiaro in che misura anche per questo settore dell’economia finanziaria occorre assicurare stabilita’ delle imprese di intermediazione mobiliare , la sana e prudente gestione pretesa dal secondo comma della norma dell’art. 34 , ampia informazione cosi’ da provvedere alla necessaria trasparenza di soggetti e attivita’ , insieme con tutto questo essendo prescritta l’osservanza delle regole di correttezza che si leggono al primo comma dell’art. 40 del Tuf .
Con quale forza operano poi garanzie di vigilanza pubblica emerge con chiarezza gia’ dall’art.36 del Tuf. Disposizione che definisce e precisa la posizioni del regolamento del fondo come fonte normativa di conformazione degli assetti organizzati e delle attivita’, essendo atto di autonomia negoziale del diritto privato che se ne stabilisce compiutamente il regime al tempo stesso deve tuttavia e sempre uniformarsi ad una disciplina pubblica di garanzie e di controlli. .Il terzo comma dell’art. 36 avverte che < il rapporto di partecipazione al fondo comune> e’ disciplinato in ogni sua parte dalle previsioni del suo regolamento, con la precisazione che < sentita la Consob > compete a Banca d’Italia determinare sia i criteri di redazione della normativa regolamentare sia il suo contenuto minimo < a integrazione di quanto previsto dall’art. 39>. E quest’ultima disposizione in modo circostanziato indica gli elementi distintivi della fattispecie fondo comune appunto perche’ prescrive gli obbligati contenuti della sua disciplina regolamentare. Come si legge al primo comma dell’art. 39 sara’ in ogni caso il suo regolamento a definire le <caratteristiche> del fondo comune e a regolare le sue modalita’ di <funzionamento>.
3 . Sara’ infatti il regolamento del singolo fondo ad indicare la societa’ promotrice e il gestore del fondo < se diverso dalla societa’ promotrice>, cosi’ come la banca < depositaria > degli strumenti finanziari e delle disponibilita’ liquide, precisando la < ripartizione di compiti > tra tali soggetti e al tempo stesso la disciplina dei loro rapporti e dei <rapporti > con < i partecipanti al fondo > .E sara’ la normativa di regolamento a stabilire(i ) denominazione del fondo comune , sua durata e <modalita’ di partecipazione >,dovendosi ancora precisare < termini > e regime di emissione dei certificati rappresentativi delle quote,disciplina di loro rimborso e della eventuale liquidazione del fondo.E gia’ in questo senso saranno le disposizioni regolamentari a concretare i contenuti e la disciplina del contratto di investimento che al risparmiatore si domanda di sottoscrivere.
Ancora il regolamento del fondo comune si deve leggere per conoscere i criteri di determinazione dei proventi e dei risultati della gestione ,quanto poi riguarda la loro ripartizione e distribuzione insieme a molto altro che l’investitore dovrebbe attentamente considerare , essendo rilevante cio’ che si disponga con riguardo alle < spese > a carico del fondo o invece della Sgr e a proposito della < misura > e dei. < criteri > di determinazione delle provvigioni <spettanti > alla societa’ di gestione e degli oneri che sono invece < a carico dei partecipanti > .Allo stesso modo sara’ il regolamento del fondo a disporre le dovute modalita’ di informazione del mercato e di <pubblicita’ > del valore delle quote.E sono naturalmente di decisiva incidenza le disposizioni regolamentari intese ad indicare gli organi competenti per la scelta degli investimenti e i loro < criteri di ripartizione > ,cosi’ come il tipo di beni , di strumenti finanziari e di altri valori nei quali < e’ possibile investire il patrimonio del fondo >.
Se la disciplina regolamentare del fondo comune in ogni sua parte e’ normativa di cosi’ determinante rilievo sara’ chiaro quanto a sua volta rilevi la funzione di vigilanza stabilita dalla disposizione del terzo comma dell’art.39 ,dove si incarica la Banca d’Italia di provvedere alla approvazione del regolamento del fondo comune ( o delle sue successive modificazioni )ma soltanto se ne risulti accertata la completezza e la compatibilita’ con quanto dispongono in linea di principio i diversi commi dell’art. 36 e l’art. 37 del Tuf che mediante norma di ampio rinvio alle prescrizioni ministeriali del Tesoro prefigura gli elementi di struttura del fondo comune.E soltanto dopo la indicata approvazione del regolamento la Sgr potra’ avviare la sua attivita’ di sollecitazione del pubblico risparmio, osservando la disciplina di garanzia della trasparenza e della informazione di mercato imposta da Consob con le sue prescrizioni di determinazione dei necessari contenuti del prospetto informativo,
Seguiranno le attivita’ di investimento .E saranno attivita’ che la societa’ < gestore > svolge < in nome proprio > intestando a se’ medesima i valori di volta in volta acquisiti al patrimonio del fondo comune .E quando si tratti di strumenti finanziari che incorporano diritti di voto trovera’ applicazione il secondo comma dell’art. 40 del T.u.f. ,dove si stabilisce che <salvo diversa disposizione di legge > e <nell’interesse dei partecipanti > la societa’ di gestione <provvede (….) all’esercizio dei diritti di voto inerenti agli strumenti finanziari di pertinenza dei fondi gestiti > .In ogni caso gia’ si sa quale estensione di poteri alla Sgr compete in ordine alle possibili operazioni di amministrazione finanziaria dei <fondi gestiti>. Ma la societa’ <gestore > dovra’ pur sempre osservare le regole disposte dal regolamento ministeriale del tesoro in materia di contabilita’. E con ogni evidenza si tratta di materia meritevole della maggior attenzione.
Si annotano in un libro giornale sia le iniziative di gestione sia quanto riguardi emissione e rimborsi di quote.Si deve provvedere alla redazione del rendiconto annuale relativo alla amministrazione del fondo che sara’ a sua volta integrato da una relazione degli amministratori ( al fine di documentare gli andamenti di gestione essendo prevista anche la predisposizione di una relazione semestrale) . Una speciale disciplina di prospetto impegna ad indicare il valore unitario delle quote e il valore complessivo del fondo. Per questa intera serie di documenti sono disposte adeguate e obbligatorie forme di pubblicita’.Opera infine la vigilanza di una societa’ di revisione. Nell’esclusivo interesse degli investitori e a norma delle disposizioni regolamentari espressamente richiamate dal secondo comma dell’art. 39 si deve operare per l’incremento di valore delle quote in appartenenza a quanti partecipano al fondo comune. E non sara’ davvero il caso di aggiungere altro a quanto piu’ volte si e’ gia’ osservaper segnalare tutto il rilievo delle garanzie che la revisione contabile assicura con la forza dei suoi oggettivi riscontri .
Mediante la gestione <in monte > delle risorse costituite dal < tipo di beni,di strumenti finanziari e di altri valori > presenti nel loro portafoglio finanziario, le societa’ di gestione del risparmio praticano strategie di mercato che per asset allocation e movimentazioni successive naturalmente possono configurarsi in vario modo.Ma in tutti casi di gestione di fondi comuni occorre pur sempre osservare le regole che non sara’ inutile richiamare. Alla societa’ di gestione si domanda (domanda l’art. 40 del Tuf ) di agire con diligenza,correttezza e trasparenza appunto <nell’interesse dei partecipanti al fondo >.Si domandano regole di organizzazione delle attivita’ tali da <ridurre al minimo > il rischio di conflitti di interesse e quant’altro possa comunque pregiudicare l ‘ <interesse dei partecipanti >. Come si ricordera’ occorre comunque < adottare > tutte < le misure idonee a salvaguardare > i loro < diritti >.E si ricordera’ l’esclusivo riferimento all’ interesse dei partecipanti che si legge al secondo comma dell’art. 40 quanto all’ esercizio dei diritti di voto conseguenti alla titolarita’ degli strumenti finanziari variamente compresi nel patrimonio mobiliare dei fondi gestiti.
Va infine considerato il caso della Sgr. che avendo costituito un fondo comune ritenga di delegare ad altra societa’ la sua gestione finanziaria. In tal caso ( che e’ regolato dall’art. 52 del regolamento Consob 11522 del 1998) si rendera’ necessaria una convenzione di gestione obbligatoriamente intesa a disciplinare la fattispecie di delega per tutto quanto possa occorrere. Si dovra’ comunque stabilire che per la societa’ delegante non sono ammesse previsioni di esonero o di limitazione delle responsabilita’ nei confronti degli investitori. Dovra’ essere assicurata una gestione tale da garantire che l’operare di mercato sia sempre in linea con la strategia di investimenti che caratterizza il fondo comune .La societa’ delegata alla gestione provvedera’ quindi in via continuativa alla necessaria informazione della Sgr. delegante con riguardo alle sue movimentazioni del portafoglio finanziario. E naturalmente si dovra’ operare osservando le dovute regole in materia di conflitti di interesse.Da tutto questo un regime della convenzione di delega da osservare anche quando oggetto ne fossero (non complessive attivita’ di gestione delle risorse del fondo comune ma ) soltanto talune e particolari tipologie di investimento .
4. Essendo questo lo scenario delle norme di disciplina generale della gestione patrimoniale <in monte > operata mediante fondi comuni, la disposizione del primo comma dell’art. 37 del Tuf avvertiva che secondo logica di delegificazione si dovevano disciplinare con normative regolamentari del Tesoro le possibili configurazioni dei singoli tipi di fondo comune, diversi per l’essere fondi <aperti > o invece fondi <chiusi > e poi ancora diversi per l’<oggetto > dell’investimento,per le categorie di investitori < destinatari> dell’offerta di mercato, per le modalita’ di partecipazione all’operazione finanziaria cosi’ come per la <durata.> dell’investimento.o altro ancora. E ulteriori disposizioni nel segno della della delegificazione erano domandate dal secondo comma della norma del Tuf.
Il secondo comma dell’art. 37 al tempo stesso impegnava infatti il regolamento ministeriale ad identificare (i ) < le ipotesi nelle quali > si deve necessariamente < adottare> la forma giuridica del fondo chiuso > , (ii ) casi < in cui e’ possibile derogare alle norme prudenziali di contenimento e di frazionamento del rischio> stabilite dalla Banca d’Italia, (ii ) le regole da osservarsi in materia di diritto contabile e le fattispecie < nelle quali la societa’ di gestione > deve <chiedere l’ammissione alla negoziazione di un mercato regolamentato dei certificati rappresentativi delle quote >. E <sentite la Banca d’Italia e la Consob > il regolamento del Ministro del Tesoro deliberato a maggio del 1999 disciplina la materia secondo una logica di insieme che in via breve puo’ essere cosi’ rappresentata .
Sono aperti i fondi comuni , e si tratta di fondi comuni mobiliari che agli investitori assicurano in via continuativa possibilita’ di ingresso,essendo anche stabilito che i partecipanti al fondo < hanno diritto di richiedere in qualsiasi tempo il rimborso delle quote > .Si dovra poi distinguere tra fondi armonizzati e fondi non armonizzati. Al numero dei fondi armonizzati appartengono quanti uniformano la loro disciplina alle regole delle direttive comunitarie in tema di organismi di investimento collettivo e di mutuo riconoscimento.Cosi’ configurati per cio’ che riguarda la allocazione delle loro risorse patrimoniali, e una volta osservate le disposizioni che Banca d’Italia stabilisce in attuazione delle normative comunitarie ,i fondi comuni armonizzati possono operare nell’ambito dell’Unione europea appunto in regime di mutuo riconoscimento.Non armonizzati sono invece i fondi che non conformano il loro assetto e le strategie di iinvestimento alle prescrizioni delle direttive comunitarie essendo percio’ esclusi dal regime del mutuo riconoscimento. Il regolamento ministeriale del maggio 1999 indica poi con chiarezza i caratteri distintivi dei fondi comuni chiusi che regolano ingresso e rimborso delle quote secondo altro e peculiare regime.
Il regolamento del fondo <chiuso > stabilisce la entita’ del patrimonio che sara’ oggetto di gestione.E alla acquisizione delle indicate consistenze di patrimonio si provvede mediante una unica operazione di raccolta del risparmio,offrendosi in sottoscrizione quote del fondo che gli investitori possono sottoscrivere entro il termine che si sara’ stabilito(ma comunque non superiore ad un periodo di diciotto mesi).Non seguiranno altre emissioni di quote e non vale il principio di liberta’ di uscita.Le quote sottoscritte saranno infatti rimborsate soltanto alla scadenza indicata come termine di durata del fondo comune che per disposizione del regolamento ministeriale non puo’ comunque superare i trent’anni. E per fondi comuni di questo genere era evidentemento necessario attivare un comparto di mercato finanziario dove le quote di partecipazione possano essere commerciate ,cosi’ da consentire al loro possessore di concludere l’operazione di investimento alienando (e di acquistare quote del fondo a chi desideri invece aggiungerle al suo portafoglio ).
Naturalmente la decisione di attivare fondi comuni chiusi in linea generale e’ materia di libera scelta della societa’ che ne promuove la costituzione.Ma per talune fattispecie vale una disciplina di obbligo.Sara’ infatti necessariamente fondo chiuso il fondo comune che si decida di attivare con una strategia di allocazione delle risorse che supera una certa soglia quanto ad investimenti in strumenti finanziari non ammessi a quotazione su mercati regolamentati.E va ricordato che saranno necessariamente fondi chiusi i fondi comuni che scelgano di orientare l’investimento delle loro risorse al settore dei beni immobili (e dei diritti reali su immobili) , al settore (dei crediti e) dei titoli rappresentativi di diritti di credito o ad altri beni diversi dagli strumenti finanziari.A necessaria tutela degli investitori in quote del fondo occorrera’ comunque che si tratti di beni tali che anche per essi esista un mercato e una possibilita’ di stima del valore secondo criteri di adeguata affidabilita’.
Si tratti di fondi aperti o di fondi chiusi appartengono poi al numero dei fondi comuni riservati quelli che scelgono come possibili partecipanti soltanto gli investitori < qualificati > dalla loro particolare connotazione di investitori ad elevato grado di professionalita’.E sono tali i soggetti indicati alla lettera h ) del primo comma dell’art. 1 del regolamento adottato dal ministro del Tesoro che una volta di piu’ sara’ bene leggere con la dovuta attenzione. In ogni caso si ricordi che la dsciplina regolamentare indica come investitori qualificati imprese bancarie e imprese assicurative, societa’ di gestione del risparmio e Sicav ,fondi pensione e altri investitori ad elevato grado di professionalita’ ,cosa che per i fondi comuni riservati legittima una disciplina notevolmente diversa da quanto dispongono le norme di generale tutela degli investitori <risparmiatore >.
A completare la serie delle possibili fattispecie provvede infine la previsione regolamentare di fondi comuni speculativi,tali essendo i fondi ammessi ad una allocazione delle risorse e alla assunzione di soglie di rischio escluse per ogni altra categoria di fondi comuni.Il patrimonio di fondi speculativi puo’ essere investito in una grande varieta’ di <beni> e la sua gestione puo’ operarsi <in deroga alle norme prudenziali> in linea generale imposte da Banca d’Italia. E per essi non e’ consentita una sollecitazione all’investimento essendo vietato che le loro quote costituiscano oggetto di un <appello al pubblico risparmio >.Si tratti poi di fondi riservati o di fondi speculativi alla particolarita’ della fattispecie conseguono altre particolarita’ di regime che la normativa del regolamento ministeriale puntualmente stabilisce .
Come sempre molto altro ancora sarebbe necessario aggiungere. Piu’ delle frammentate discipline di genere speciale come sempre interessava tuttavia segnalare le grande linee del sistema e delle sue garanzie di vigilanza. In considerazione del particolare genere di <fondo > di volta in volta attivato da una Sgr i valori gestiti saranno strumenti finanziari oppure i beni immobili del fondo comune di investimento chiuso che si configuri appunto come fondo immobiliare o ancora gli altri beni che si si sono indicati come possibile oggetto di allocazione delle risorse di speciali categorie di fondi comuni.Ma a vigilare comunque provvederanno sia Banca d’Italia in linea generale applicandosi le gia’ indicate discipline di controllo della stabilita’ e di <contenimento > del rischio, sia la Consob chiamata alle sue ordinarie funzioni di garanzia dell’osservanza delle regole disposte in materia di trasparenza e correttezza dell’agire finanziario.
Si ricordi infine che in ogni economia finanziaria davvero evoluta si elaborano ulteriori classificazioni per assicurare al mercato la necessaria informazione quanto agli elementi distintivi del portafoglio delle diverse specie di fondi comuni .Serve conoscere la soglia di rischio che caratterizza il fondo,la stategia di investimento scelta dal gestore, il limite segnato alla acquisizione delle singole tipologie di strumento finanziario,la loro ripartizione per area geografica e per settore. Se sono utili le classificazioni riferite al contesto nazionale naturalmente sempre piu’ occorrono anche termini di confronto alla scala sovranazionale. E appunto allo scopo di rendere possibile un confronto tra le diverse realta’ di mercato l’ Investment Company Institute nord-americano e la Fe’de’ration Europe’enne des Fonds et Socie’te’s d’Investissement provvedono a classificazioni secondo uno schema standard internazionale.
5. Per quanto invece riguarda in modo particolare il caso italiano si devono poi segnalare in tutto il loro rilievo le iniziative di Assogestioni. Gia’ nel lontano 1984 Assogestioni aveva provveduto ad una prima classificazione distinguendo semplicemente tra fondi azionari, fondi < bilanciati e fondi obbligazionari. Nel corso del tempo l’evolvere delle discipline normative e del sistema finanziario doveva tuttavia comportare consistenti variazioni dei modelli di classificazione.Modificazioni e progressive integrazioni dei criteri di classificazione dei fondi comuni sono infatti indispensabili per assicurarne la permanente significativita’. Avviata nel 1988 per provvedere alla classificazione dei fondi comuni a vocazione internazionale, questa operazione di restyling da allora ha continuato ad ampliare il numero delle categorie di fondi separatamente classificate.E dato che anche in questa materia la innovazione finanziaria e’ processo che non conosce arresti le indicazioni che adesso si offrono valgono soltanto da generale segnalazione di tendenza.
Nella sua piu’ recente formulazione ( e per l’essenziale), la classificazione di Assogestioni distingue tra fondi <azionari>, fondi bilanciati>,fondi <obbligazionari>,fondi di liquidita’ dell’ < area Euro > e fondi < flessibili> operando poi ulteriori distinzioni all’interno delle singole categorie. Fondi pur appartenenti ad una medesima tipologia naturalmente poi si diversificano infatti per una loro particolare composizione del portafoglio ,per l’impiego di uno specifico approccio ai problemi della gestione finanziaria e per le possibili varianti del benchmark assunto come parametro di riferimento delle attivita’ gestorie.Ma esistono pur sempre elementi costitutivi e fattori caratteristici della generalita’ dei fondi della categoria di appartenenza che rendono la classificazione sicuramente significativa.
Essendo azionari i fondi comuni che investono in azioni piu’ del settanta per cento delle loro consistenze patrimoniali si classificano separatamente fondi azionari < nazionali>, fondi <europa> che appunto riservano i loro investimenti ad emittenti e mercati europei, fondi dell'<area euro>che investono in titoli di emittenti e mercati dei paesi aderenti all’Euro, fondi<america> e fondi <pacifico> o riservati all’ambito dei< paesi emergenti > , fondi <internazionali> che investono in ogni area geografica senza preclusioni di settore,fondi azionari <internazionali> specializzati nell’investimento nei settori delle telecomunicazioni, dell’high tech e del bio tech (ma esistono i fondi azionari con specializzazioni ancora diverse).
Bilanciati sono invece i fondi che ripartiscono le loro risorse tra investimento di genere azionario e titoli di debito.E ancora una volta si tratta di comparto della financial industry ormai entrato in fase matura conun ampio dispiegamento delle offerte .Si dovra’ allora distinguere tra bilanciati <azionari>, bilanciati <bilanciati > e bilanciati <obbligazionari > a seconda della consistenza del loro portafoglio in azioni che puo’ variare dalla soglia del dieci per cento (assegnata come soglia <minima> ai fondi bilanciati <obbligazionari > ) alla soglia del novanta per cento (assegnata come soglia massima dell’investimento in azioni ai fondi bilanciati per l’appunto <azionari>). Sono poi obbligazionari tutti fondi che privilegiano l’investimento in titoli di debito .
Per questo settore occorre distinguere tra non meno di nove diverse categorie di fondi ,che se nel caso degli obbligazionari <misti> consentono di detenere azioni (entro una limitata soglia di partecipazioni azionarie )in ogni altro caso investono soltanto in un diverso genere di strumenti finanziari. E si si trattera’ volta a volta di fondi dell'<area euro > a breve o a medio e lungo termine , dell’area europea o dell’area del dollaro ,dello yen o dei paesi <emergenti> o anche di fondi obbligazionari <internazionali >, senza predeterminazione di area geografica o invece con particolari <specializzazioni >. Sono infine fondi di liquidita’ < area euro> quanti investono l’intero patrimonio in <attivita’ finanziarie denominate in euro con una durata inferiore o eguale a sei mesi>.
E sono fondi flessibili quanti per regolamento del fondo riservano al gestore la piu’ ampia discrezionalita’ nella configurazione del portafoglio finanziario.Va infine considerato che la indicata classificazione dei fondi comuni vale anche per i fondi di diritto estero.Da cio’ tutta la estensione di campo delle alternative di portafoglio offerte al mondo degli investitori, che per orientarsi e decidere trovano poi le dovute garanzie di informazione e di trasparenza delle proposte nelle disposizioni stabilite come obbligata disciplina del prospetto informativon Dal luglio del 2000 al prospetto informativo dei fondi comuni si accompagna una indicazione di benchmark .Con ogni evidenza si tratta di una innovazione di regime che presenta caratteri di sicuro rilievo.
Anche per questo comparto della financial industry sara’ infine chiaro tutto il rilievo delle norme di regime dell’ operativita’ all’estero che in tempi di progressivo azzeramento dei vincoli di appartenenza nazionale costituisce fenomeno di crescente rilievo. Se possono riguardare ( e spesso hanno per oggetto appunto) il servizio di gestione individuale di portafoglio , le attivita’ transfrontaliere delle Sgr allo stesso modo possono costituire iniziativa di offerta di quote di fondi comuni di investimento. E in entrambi i casi si operera’ alle condizioni e secondo le procedure che si stabiliscono con regolamento approvato dalla Banca d’Italia <sentita la Consob > .Ma una volta di piu’ occorre distinguere tra offerta transfrontaliera in ambito comunitario e altre fattispecie .Al riguardo l’art. 41 del Tuf avverte che compete appunto all’indicato regolamento determinare le condizioni e le procedure per la autorizzazione a prestare negli altri Stati comunitari attivita’ non ammesse al mutuo riconoscimento ,cosi’ come servizi negli Stati che appartengano al numero di quelli extracomunitari .E naturalmente meritano poi attenzione anche le normative di regime delle sollecitazioni del pubblico risparmio provenienti dall’estero.
A disciplinare l’ <offerta in Italia > di quote di fondi comuni di investimento esteri provvede il regime dell’art. 42. In caso di fondi <rientranti > nell’ambito di applicazione delle direttive comunitarie occorrera’ semplicemente una comunicazione a Banca d’Italia e Consob. Operano tuttavia normative regolamentari di Banca d’Italia che dispongono in materia di adempimenti procedurali e per < assicurare in Italia l’esercizio dei diritti patrimoniali dei partecipanti >, cosi’ come normative regolamentari della Consob provvedono a quanto occorre in punto di garanzie di informazioni < da offrire al pubblico >, essendo comunque richiesta una traduzione in italiano del prospetto informativo. Per Banca d’Italia e Consob esistendo poi i poteri di vigilanza del quarto comma dell’art. 42 . Una banca (italiana ) in funzione di banca <corrispondente > curera’ i rapporti tra organismo emittente e investitori .E con disposizioni di attuazione dell’art. 42 del Tuf di recente Banca d’Italia.
Nel caso di fondi comuni esteri non armonizzati si applica invece il regime di autorizzazione stabilito dal quinto comma della norma. e dal regolamento che a dicembre del 2001 la Banca d’ Italia ha deliberato ai sensi del suo sesto comma. Sentita la Consob > ad autorizzare sara’ la Banca d’Italia < a condizione che i relativi schemi di funzionamento siano compatibili con quelli previsti per gli organismi italiani >. A Banca d’Italia e Consob in punto di vigilanza informativa e di vigilanza ispettiva competono i poteri che la norma del Tuf puntualmente richiama, indicando poi quali poteri alle autorita’ di vigilanza competono quanto <ai soggetti che curano la commercializzazione delle quote > . A loro e’ infatti consentito (e sara’ spesso opportuno ) domandare comunicazione anche a scadenza periodica di <dati> e <notizie> cosi’ come la trasmissione di atti e documenti che possono risultare necessari per finalita’ di trasparenza e controllo.
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