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EDITORIAL: La responsabilità civile del medico; Obbligazioni di mezzi e di risultato; Una distinzione in crisi ?

16 Luglio 2002 Commenta

Secondo una distinzione tradizionale e ancora seguita in dottrina, non senza dissensi, e in giurisprudenza, la prestazione del medico, salve eccezioni  che si vedranno in seguito, appartiene, essendone anzi uno dei piu’ rilevanti esempi, alla categoria delle obbligazioni c.d. “di mezzi”, per distinguerle da quelle “di risultato”, avendo ad oggetto le prime “solo” un comportamento professionalmente adeguato, le seconde il risultato stesso che il creditore ha diritto di conseguire.

Argomentando in tale direzione, l’obbligazione del medico sarebbe pertanto quella di porre in essere un comportamento professionalmente adeguato, espressione della diligenza che lo standard  medio di riferimento richiede, non essendo al contrario tenuto a far conseguire un risultato consistente nella guarigione, giacche’ solo in parte legata causalmente alla prestazione che gli viene richiesta.

La distinzione comporta non scarse conseguenze sulla disciplina delle rispettive categorie, essendo in gioco la ripartizione dell’onere della prova, nonche’ l’applicabilita’ delle regole in materia di responsabilita’ debitoria.

In aderenza a quanto affermato dai fautori della distinzione tradizionale, infatti, la rigida regola di responsabilita’ fissata nell’art. 1218 cod. civ.  per il caso d’inadempimento, varrebbe soltanto per le obbligazioni <<di risultato>>, mentre per quelle <<di mezzi>> varrebbe il principio della diligenza .

Dal punto di vista dell’onere della prova, invece, si assisterebbe, nel caso  delle  obbligazioni  “di mezzi”,  all’individuazione  dell’onere  in capo al creditore, dovendosi al contrario individuarlo in capo al debitore in quelle di “risultato”.

Ai nostri fini ne conseguirebbe che, essendo generalmente inquadrata l’obbligazione del medico tra quelle “di mezzi”, l’onere della prova  graverebbe sul paziente.

Sulla scorta di tale impostazione, la giurisprudenza ha formulato spesso giudizi assolutamente aderenti a tali premesse  dando credito alla distinzione in oggetto .

In dottrina  peraltro si e’ sentita l’esigenza di argomentare diversamente: tra gli altri Rescigno  affronta criticamente la distinzione tra obbligazione <<di mezzi>> e obbligazione <<di risultato>>, cosi’ come tradizionalmente inquadrata dalla dottrina, osservando che l’art. 1176 cod. civ. , riguardante la diligenza nell’adempimento, e l’art. 1218 cod. civ.,  sulla responsabilita’ del debitore per l’inadempimento, sono poste a regolamentare tutte le obbligazioni, e non sono suscettibili di applicazione distinta a seconda della tipologia di obbligazioni in discorso:  applicabilita’ del severo art. 1218 solo per le obbligazioni di risultato, valendo il principio della diligenza per le altre.

La soluzione a tale incongruita’ viene vista dallo stesso Autore in una diversa individuazione delle categorie in oggetto, che preveda semmai il profilarsi di una tipologia di obbligazioni nelle quali la diligenza, <<oltre che la misura per valutare l’esattezza dell’adempimento, costituisce ed esaurisce l’oggetto stesso dell’obbligazione>>. In conclusione il comportamento negligente integrerebbe gia’, di per se’ solo, gli estremi dell’inadempimento, senza doversi attendere il proseguimento della prestazione (nel nostro caso il felice esito, ad esempio, di un intervento chirurgico).

E’ altresi’ apprezzabile il tentativo di superamento della tradizionale distinzione, nel momento in cui si rifletta, con Bianca , sull’inopportunita’ di ritenere esistenti categorie di obbligazioni che non tendano ad un risultato, ove, al contrario, in tutte le obbligazioni si individua un risultato inteso come momento finale o conclusivo della prestazione che lo caratterizza .

Nel nostro caso, quello della professione medica, il risultato sarebbe per l’appunto, a titolo esemplificativo, l’operazione chirurgica esattamente eseguita, la corretta diagnosi della patologia in atto o la diligente prescrizione di una terapia adeguata.

Tale impostazione della distinzione, o il suo superamento definitivo, avrebbe anche l’effetto di contrastare, giova ribadirlo, una delle conseguenze che si volevano trarre dalla tradizionale tesi distintiva, ovverosia che, nel caso delle prestazioni <<di risultato>>, il valore della diligenza quale strumento di determinazione del contenuto della prestazione, non avrebbe trovato spazio; al contrario si e’ sostenuto poco sopra la validita’ di tale apporto, a prescindere dall’inquadramento della prestazione nell’una o nell’altra categoria, e sulla scorta di tale interpretazione sembra corretto proseguire nel lavoro.

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