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INTERNET: Motori di ricerca: niente piu’ inganni

29 Luglio 2002 Commenta

Da quando sono sorti in Internet, i motori di ricerca sono utilizzati quotidianamente da milioni di navigatori. Le ricerche effettuate negli ultimi tempi, pero’, mettono in luce numerosi inganni compiuti a danno degli utilizzatori. Contro i motori truccati, la Federal Trade Commission americana ha recentemente dichiarato guerra, per giungere a una piu’ corretta e trasparente fruizione del servizio di ricerca su Internet.

New York, USA – Come volevasi dimostrare, le condotte non molto lecite assunte dai motori di ricerca negli ultimi tempi sono giunte sotto l’occhio indagatore di organi preposti alla tutela della concorrenza.
In questi giorni, infatti, la Federal Trade Commission americana ha intimato ai motori di ricerca presenti in rete l’utilizzo di comportamenti piu’ trasparenti relativamente agli accordi pubblicitari intercorrenti con alcune specifiche societa’. I crawler, dunque, dovranno indicare chiaramente se stanno fornendo risultati pagati o non.
Gli atteggiamenti che la FTC vuole colpire consistono nelle attivita’ di manipolazione dei risultati delle ricerche compiute dai navigatori tramite i motori su Internet. Ogni volta che si immette una parola chiave nel form di un crawler, infatti, viene indicato un certo numero di siti attinenti, che contengono la parola richiesta. Normalmente, questi risultati sono elencati per rilevanza: dai siti piu’ pertinenti a quelli meno rilevanti.
L’operazione che il programma compie, pertanto, e’ meramente matematica, poiche’ basata su specifici algoritmi. Se si conducono ricerche, invece, su motori molto famosi si noteranno alcuni link sponsorizzati, cioe’ siti di societa’ che, per apparire piu’ in alto nella classifica dei risultati, pagano dei compensi al crawler.
Molto spesso, pero’, questi accordi pubblicitari non sono indicati chiaramente al navigatore / consumatore, il quale verra’ indirizzato su siti di societa’ non particolarmente attinenti alle proprie richieste, ma che hanno pagato per essere collocati in posizioni molto visibili.
Queste tecniche di pubblicita’ ingannevole sono pertanto da censurare, poiche’ concretizzano anche pratiche slealmente concorrenziali nei confronti delle societa’ appartenenti alla medesima fascia commerciale.

L’attivita’ di sponsorizzazione messa in piedi dai motori di ricerca non e’ altro che una delle tante forme di strategia economica per aumentare il giro d’affari societario.
Tutto regolare, dunque, per siti che si occupano della gestione di servizi di grande importanza per il web attuale come i crawler.
Gli aspetti che destano preoccupazioni, pero’, riguardano quelle circostanze in cui i rapporti di sponsorizzazione non sono chiari ne’ evidenti.

Fra le tecniche utilizzate vi e’, infatti, quella della paid inclusion. Con questo metodo si paga il motore di ricerca per far apparire il link della societa’ committente all’interno della lista dei risultati, senza alcun avviso all’utente. Tale pratica differisce da quelle di paid placement, in cui i link sponsorizzati sono posizionati con grande visibilita’ in alto, in basso o al lato della pagina di ricerca.

Le condotte di paid inclusion (e tutte quelle in cui i search engines non indicano in maniera chiara la presenza di sponsorizzazioni) sono appunto quelle prese in esame dalla FTC.
Come gia’ detto in precedenza, le conseguenze di tali condotte sono molteplici. Innanzitutto, il navigatore / consumatore e’ costretto a perdere piu’ tempo on line per cercare cio’ che effettivamente desidera. Cliccando sui link piu’ in evidenza (ma comprati) gli utenti potrebbero, infatti, non giungere subito alle informazioni volute, proprio perche’ i risultati posti piu’ in alto in lista potrebbero non essere quelli maggiormente attinenti alla ricerca svolta.

Infine, il comportamento ingannevole perpetrato nei confronti del consumatore, oltre a costruire pubblicita’ ingannevole, rientra all’interno degli atteggiamenti di concorrenza sleale sanzionati dagli articoli 2598 del codice civile italiano e dall’ex articolo 85 (oggi articolo n. 81) del Trattato CE.

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