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MARCHI: La Corte di Giustizia dice no al marchio di forma

24 Luglio 2002 Commenta

Il marchio, quale segno distintivo di un’impresa o di un prodotto, puo’ essere costituito, oltre che da parole, disegni, suoni o colori, anche dalla forma di un prodotto, a condizione che quest’ultima non costituisca la forma “essenziale” del prodotto stesso. In questo senso si e’ pronunciata anche la Corte di Giustizia a seguito del rinvio operato dalla Court of Appeal del Regno Unito.


Pisa – Con l’ordinanza del 5 maggio 1999, la Court of Appeal (England & Wales) Civil Division, ha sollevato di fronte alla Corte di Giustizia dell’Unione europea sette questioni pregiudiziali relative all’interpretazione della direttiva del Consiglio 89/104/CEE sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa ed, in particolare, relative agli art. 3 n. 1 e 3, 5 n. 1 e 6 n. 1 lett. b).

La materia del contendere riguardava la societa’ Koninklijke Philips Electronics NV che nel 1985 aveva depositato un marchio consistente nella rappresentazione grafica della parte superiore di un rasoio dalla stessa ideato nel 1966, costituita da tre testine circolari a lame rotanti, disposte a forma di triangolo equilatero, marchio che e’ stato registrato, a seguito dell’uso, in forza del Trade Marks Act 1938.

La concorrente Remington Consumer Products Ltd, nel 1995 aveva iniziato la produzione e la  commercializzazione nel Regno Unito di un rasoio avente una configurazione molto simile al rasoio della Philips, che aveva provveduto a citare in giudizio la Remington per violazione dei diritti sul marchio. A seguito di domanda riconvenzionale, con cui la convenuta chiedeva l’annullamento del marchio Philips, la High Court of Justice (England & Wales) Chancery Division (Patents Court) ha dichiarato nullo il segno perche’ privo di carattere distintivo. Contro tale decisione, la Philips ha interposto appello alla Court of Appeal (England & Wales) Civil Division, la quale, avendo le parti sollevato questioni sull’interpretazione della direttiva 89/104/CEE sui marchi d’impresa, ha sospeso il procedimento pendente di fronte a se’ ed ha sottoposto alla Corte di Giustizia sette questioni pregiudiziali.

La Corte europea, con sentenza 18 giugno 2002, ha risolto la prima questione, relativa all’esistenza di una categoria speciale di marchi che, pur dotati di carattere distintivo in se’ o per l’uso che ne e’ stato fatto, non sono registrabili perche’ non idonei a distinguere i prodotti del titolare della privativa da quelli di altre imprese, nel senso che non puo’ esistere una categoria siffatta di marchi in quanto non soddisferebbe una delle condizioni di registrabilita’ richieste dall’art. 2 della direttiva, ossia garantire al consumatore l’identita’ di origine e, quindi, la connessa qualita’ dei prodotti marchiati. Anche la seconda questione, relativa alla necessita’ di inserire una qualche aggiunta arbitraria, come una decorazione, priva di scopo funzionale, affinche’ la forma di un prodotto abbia carattere distintivo e’ stata risolta negativamente.

La Corte ha, infatti, evidenziato come l’art. 2 della direttiva non distingua tra le diverse categorie di marchi cosi’ che i criteri di valutazione della distintivita’ di un marchio tridimensionale sono identici a quelli applicabili alle altre categorie di marchi.

Con la terza questione il giudice a quo ha chiesto se l’uso su larga scala di un segno, derivante dal monopolio nella fornitura di prodotti contrassegnati e consistente nella forma di questo prodotto, sia sufficiente ad attribuire al segno un carattere distintivo ai fini dell’art. 3 n. 3.

A tal proposito la Corte ha stabilito che tale utilizzazione e’ sufficiente quando, in conseguenza di questo uso, “una parte sostanziale degli ambienti interessati associa tale forma del prodotto a quell’operatore ad esclusione di qualsiasi altra impresa o, in assenza di contraria indicazione, crede che i prodotti aventi tale forma provengano da quest’ultimo”. Il carattere distintivo, acquisito attraverso l’uso, deve essere valutato (come sostenuto nella sentenza Windsurfing Chiemsee, punto 51) tenendo in considerazione alcune circostanze, quali la quota di mercato detenuta dal marchio, l’intensita’, l’estensione geografica e la durata dell’uso di tale marchio, l’entita’ degli investimenti effettuati e l’ampiezza degli ambienti interessati, che devono essere accertate dal giudice nazionale avendo quale riferimento l’aspettativa presunta di un consumatore medio dei prodotti o servizi in questione, normalmente informato e ragionevolmente avveduto.

Con la quarta questione il giudice nazionale ha chiesto se l’art. 3 n. 1 lett. e), ai sensi del quale “Sono esclusi dalla registrazione o, se registrati, possono essere dichiarati nulli: e) i segni costituiti esclusivamente: dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto; dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico; dalla forma che da’ un valore sostanziale al prodotto(…)”, deve essere interpretato nel senso che non puo’ essere registrato un marchio costituito dalla forma di un prodotto, quando le caratteristiche funzionali essenziali della forma sono attribuibili esclusivamente al risultato tecnico. Chiede, inoltre, se e’ possibile derogare a quanto previsto da questa norma dimostrando che ci sono altre forme che consentono di ottenere lo stesso risultato tecnico. La Corte di Giustizia ha risposto positivamente alla prima domanda, in quanto gli impedimenti alla registrazione di cui alla lettera e) dell’art. 3 n. 1 sono stati previsti per evitare che la tutela derivante dal marchio divenga un ostacolo all’offerta, da parte dei concorrenti, di prodotti che incorporano tali soluzioni tecniche ovvero alla liberta’ dei concorrenti di decidere se incorporare nei propri prodotti quella determinata soluzione tecnica.

La stessa Corte ha, poi, aggiunto che l’esistenza di altre forme che permettono di raggiungere lo stesso risultato tecnico non e’ motivo sufficiente per disattendere gli impedimenti alla registrazione previsti dalla suddetta norma.

Ai fini della causa Philips-Remington, quanto sostenuto dalla Corte europea, sembrerebbe giustificare l’immissione sul mercato da parte della societa’ convenuta di un rasoio avente la stessa forma registrata dalla ricorrente Philips come marchio. Una diversa conclusione potrebbe produrre l’effetto, mai voluto, di consentire alle imprese, tramite la registrazione di un marchio, di prorogare all’infinito i diritti sui propri prodotti aventi un contenuto “tecnico”, di fatto venendo meno ai principi in materia di diritto industriali per i quali ogni privativa deve essere limitata nel tempo per non ostacolare lo sviluppo della tecnica e favorire il progresso scientifico e culturale.

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