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SPAMMING: L’invio indesiderato di e-mail pubblicitarie; La storia continua

15 Luglio 2002 Commenta

In una recente pronuncia il Garante per la protezione dei dati personali ha precisato che la presenza dell’ indirizzo e-mail di una persona su un sito Internet non autorizza le aziende, per il solo fatto di essere pubblico, ad utilizzarlo per inviare pubblicita’. Il caso e’ quello di un docente che si era visto recapitare una e-mail pubblicitaria al proprio indirizzo di posta elettronica, presente, per finalita’ istituzionali, sul sito dell’universita’ presso la quale insegna. Il Garante, sulla scorta di precedenti decisioni, ha ribadito che la pubblicita’ di alcuni indirizzi, resi conoscibili attraverso i siti Internet, va collegata agli scopi per i quali questi indirizzi vengono resi noti.

Di conseguenza, i dati posti a disposizione del pubblico per circoscritte finalita’, ad esempio di tipo istituzionale come nel caso di specie, non sono, liberamente utilizzabili per l’invio generalizzato di e-mail. Questo anche quando le e-mail non abbiano un contenuto commerciale o pubblicitario.


Napoli – Questa decisione del Garante e’ di poco successiva ad una precedente pronuncia della stessa Autorita’ con la quale e’ stato ordinato ad un fornitore di servizi su Internet di interrompere la trasmissione di messaggi pubblicitari non richiesti tramite posta elettronica nei confronti di un consumatore. Accogliendo in parte il ricorso del consumatore, l’Autorita’ Garante ha ribadito che e’ illegittimo utilizzare a scopi commerciali un indirizzo e-mail, che non compare in elenchi pubblici, senza il consenso del destinatario. L’Autorita’ ha anche imposto alla societa’ di rifondere al consumatore le spese sostenute per il procedimento.

In base alla normativa vigente in materia di privacy ed a quella sulla protezione dei consumatori nei contratti a distanza l’invio di materiale pubblicitario rientra nei casi in cui e’ vietato l’impiego della posta elettronica da parte di un fornitore senza il consenso preventivo del consumatore (legge n.675/96 e decreto legislativo n.185/99).

Anche nel caso in esame, ci si trova di fronte ad un illegittimo trattamento di dati personali, in quanto come sottolineato in precedenza per poter procedere all’invio dell’e-mail all’indirizzo di posta elettronica del docente, la societa’ avrebbe dovuto, dunque, ottenere prima il suo consenso. Non avendo ne’ richiesto ne’ ottenuto tale consenso e’ indubbia la violazione delle norme sulla privacy.
La societa’, quindi, non poteva limitarsi ad inserire il nominativo del ricorrente in una lista di soggetti non interessati all’invio di messaggi pubblicitari, ma aveva l’obbligo di cancellare i dati del ricorrente ed astenersi in futuro dall’utilizzare gli stessi per scopi commerciali.

Nonostante, pero’, queste decise prese di posizione del Garante nei confronti dello spamming o comunque dell’invio indesiderato di e-mail, la prassi quotidiana registra continui episodi simili che si pongono ai limiti della legittimita’, se non proprio illegittimi e cio’ lascia intuire che evidentemente questa forma di tutela non funziona almeno a livello preventivo.

Basti pensare ai messaggi pubblicitari che normalmente vengono inviati e che contengono, in calce, le seguenti parole “Gentile azienda, il Suo indirizzo e-mail e’ stato reperito su Internet tra i siti aziendali ed utilizzato direttamente senza essere stato registrato in nessuna mailing-list. Pertanto non sara’ piu’ disturbato a meno che non trovi interessante il servizio da noi proposto e ci ricontatti Lei stesso”.  Oppure altri messaggi di tenore simile, che in genere accompagnano le famose catene di Sant’Antonio “Questa e-mail non e’ spam Legge 675/96: tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali. Se questa e-mail non e’ di tuo gradimento cancellala; comunque merita di essere almeno letta!”.

Queste e-mail sono continue e per molti estremamente fastidiose. Nonostante i disclaimer, peraltro molto banali (a prescindere dall’esistenza del data-base, l’atto illegittimo si consuma gia’ al momento dell’invio del messaggio), esse sono ampiamente illegittime alla luce delle ultime pronunce del Garante.
Evidentemente l’Autorita’ ha ancora molto da lavorare e non credo che i famosi codici di autoregolamentazione possano risolvere il problema.

Addirittura e questa e’ bella, esistono societa’ che svolgono su Internet servizi di indirizzi e-mail a pagamento, nel senso che forniscono indirizzi e-mail per le piu’ svariate categorie e settori merceologici. Resta da vedere se queste banche-dati siano gestite correttamente e se esista il consenso delle aziende coinvolte.

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