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COMPUTER CRIMES: Di nuovo giu’ il sito della RIAA

10 Settembre 2002 Commenta

Prosegue la serie di attacchi perpetrati dai crackers contro il sito della RIAA (www. riaa. org). A distanza di poche settimane da un’altra incursione, quest’ultima ha messo giu’ la home page del sito e la ha sostituita con un’altra costruita per l’occasione dai pirati informatici.


USA – Sul finire dell’estate si registra un nuovo attacco al sito ufficiale della Recording Industry Association of America. Coloro che alla fine di agosto si sono collegati all’indirizzo www.riaa.org, infatti, hanno trovato una home page totalmente cambiata nella grafica e nei contenuti, soprattutto.
All’interno della pagina iniziale sono state collocate alcune frasi dal contenuto ironico quali, per esempio: “Inside the RIAA with Eric Cartman” (un famoso personaggio della irriverente serie televisiva di cartoni animati “South Park”) e “Piracy can be beneficial to the music industry”. Frasi, dunque, che non nascondono affatto la tensione che si registra all’interno del mondo della musica su Internet.
In classico stile hacker, poi, gli autori dell’attacco hanno persino introdotto un link “Where I can find information on giant monkeys?”, dal quale si giunge a una pagina web con la biografia del capo esecutivo della RIAA, Hilary Rosen.
I crackers (che se fossero giudicati da un giudice italiano potrebbero essere puniti con la reclusione fino a tre anni, per accesso abusivo a un sistema informatico o telematico, ex art. 615-ter) hanno espresso con tale gesto la insoddisfazione nei confronti della politica dell’associazione maggiormente rappresentativa delle case discografiche americane.
Con questo gesto (che e’ l’ultimo di una serie di comportamenti dei piu’ attivi navigatori del web) si critica, infatti, tutto l’operato della RIAA, riguardo sia alla lotta ingaggiata dall’associazione contro Napster sia a quella contro le web radio.
Un portavoce della RIAA, pero’, minimizza l’episodio, affermando solamente che si e’ verificato un problema col sito, il quale e’ in fase di sistemazione.


Il recente attacco al sito della RIAA porta ad analizzare in particolare il fenomeno di Napster, alla luce dei due anni trascorsi dall’inizio della vicenda legale che ha messo in fin di vita il famoso sistema di condivisione di musica.
A tal proposito puo’ essere utile rileggere alcune affermazioni provenienti da un articolo (“Has the RIAA made the Internet illegal?”) di Patricia Fusco su internetnews.com dell’anno 2000.

La condanna imposta aNapster di chiudere il servizio di file-sharing certamente e’ stata esemplare e avrebbe dovuto mettere in guardia tutti gli altri siti che, invece, adesso offrono servizi analoghi.
L’articolo citato invitava gli utenti della rete (in modo sarcastico) a rivedere l’utilizzo del proprio computer e dei propri siti web, in modo tale da non violare alcuna norma sul copyright. Lo scenario di due anni oro sono, pero’, non sembra affatto cambiato!
Con un istinto quasi preveggente, inoltre, la giornalista ha anticipato quello che oggi e’ accaduto e sta effettivamente accadendo all’interno della vicenda di Napster. “Piuttosto che far causa a Napster, le case discografiche dovrebbero acquistarlo!”, si legge nell’articolo.
Oggi, infatti, le maggiori etichette discografiche (dopo aver iniziato la strada legale) hanno capito che non avrebbero potuto combattere definitivamente il “nemico”, se non incorporandolo, acquistandolo.
E cosi’ e’ stato! Alcune grandi case discografiche (come la Bertelsmann) hanno acquistato Napster pur spendendo cifre elevatissime.
L’intento (nemmeno tanto) recondito e’ quello di strappare a un’evoluzione tecnologica autonoma quella che – come Napster – minacciava di diventare una tecnologia distruttiva dell’intero mercato musicale mondiale.

In questo modo, le case discografiche non avranno null’altro di cui aver paura, a patto, pero’, che riescano a impedire la nascita e lo sviluppo esponenziale di tutti gli altri “successori” della creatura di Sean Fanning.

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