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EDITORIAL: Il Trust – Segue: La giurisprudenza favorevole ai trusts interni; Le implicazioni del riconoscimento del trust

30 Settembre 2002 Commenta

La giurisprudenza favorevole ai trusts interni


Sembra emergere un orientamento della giurisprudenza favorevole alla legittimita’ dei trusts in cui l’unico sostanziale elemento di estraneita’ o di internazionalita’ e’ rappresentato dalla legge applicabile, mentre gli elementi soggettivi e oggettivi sono collocati prevalentemente nel nostro ordinamento.
E’ discusso se sia pronunciato in tema di trusts interni il Tribunale di Lucca nel 1997[1]. La controversia riguardava un cittadino italiano, residente negli Stati Uniti, che aveva redatto un testamento con il quale aveva attribuito il suo patrimonio ad un trustee, affinche’ questo lo gestisse attribuendo una rendita vitalizia alla figlia e ai di lei figli a titolo di sostegno e di mantenimento, fino a che l’ultimo dei figli non avesse raggiunto il venticinquesimo anno di eta’, per poi dividere il patrimonio in parti uguali tra i nipoti ancora viventi. La figlia del testatore, che riteneva di aver subito una lesione delle proprie aspettative di erede legittimo, aveva impugnato il testamento per violazione del divieto di sostituzione fidecommissaria (art.692, ultimo comma c.c.), nonche’ delle norme a tutela dei legittimari. I giudici ritennero che non ricorresse nella fattispecie un caso di sostituzione fidecommissaria, bensi’ che si trattasse di un trust pienamente legittimo e riconoscibile in Italia ai sensi della Convenzione dell’Aja. La domanda di nullita’ non fu pertanto accolta. Il dubbio se la pronuncia possa riferirsi ad un trust interno sorge sia dalla doppia cittadinanza del settlor (italiana e statunitense) che, soprattutto, dalla localizzazione del trust fund[2].
Nel caso del decreto[3] di omologazione emanato dal Tribunale di Milano nel dicembre del 1996, una societa’ per azioni intendeva emettere un prestito obbligazionario. Al fine di agevolare il collocamento dei titoli tra i risparmiatori si rendeva opportuno rafforzare la posizione creditoria dei sottoscrittori, costituendo una garanzia reale su un immobile di proprieta’ della societa’ medesima, composto da appartamenti locati. La categoria delle obbligazioni assistite da garanzie personali o reali su beni della societa’ o di terzi e’ ben nota alla nostra esperienza giuridica; tale tipologia di obbligazioni risponde all’esigenza di rafforzare l’aspettativa di adempimento degli obblighi assunti dall’emittente. L’operazione posta in essere dalla societa’ emittente puo’ riassumersi nei seguenti passaggi: conferimento dell’immobile ad una societa’ controllata avente sede all’estero; emissione di nuove azioni da parte della societa’ conferitaria; istituzione di un trust regolato dalla legge di Jersey, Channel Islands, e nomina quale trustee di una societa’ fiduciaria italiana; trasferimento al trustee delle azioni della societa’ conferitaria. Il trust oggetto della decisione deve ritenersi interno: il trust fund constava di azioni di una societa’ inglese, ma ubicate in Italia presso il trustee italiano ivi operante; inoltre l’oggetto sostanziale del trust (l’immobile) era sito in Italia. L’aspetto piu’ interessante dell’intera operazione e’ senz’altro contenuto nell’art. 4.6 del regolamento del prestito obbligazionario, che, richiamando l’atto istitutivo del trust, dispone che: “a) sopraggiunto il termine finale del trust, il trustee si accerta che il rimborso del prestito obbligazionario di cui all’art. 4 abbia avuto luogo e, in caso positivo, trasferisce i beni del trust al disponente; b) Qualora, invece, tale rimborso non abbia avuto luogo: 1) il trustee adotta, d’intesa con il tutore, le misure piu’ opportune per rimborsare gli obbligazionisti, come per esempio l’alienazione dei beni del trust o del patrimonio della societa’ controllata tramite di essi e comunque impiegando per questo fine ogni reddito e altro provento accumulato durante la vita del trust; 2) il trustee trasferisce al disponente quanto sia residuato dopo avere soddisfatto gli obbligazionisti”[4]. Il principale problema che si pone nel caso di costituzione di una garanzia in occasione dell’emissione di un prestito obbligazionario concerne non tanto la fase della costituzione, quanto quella della realizzazione della garanzia in caso di mancato rimborso del capitale e degli interessi. Ed infatti, nella fattispecie sottoposta al Tribunale di Milano, in caso di mancato rimborso del prestito, il trustee poteva adottare “le misure piu’ opportune” nell’interesse degli obbligazionisti e sotto la vigilanza dell’enforcer: era lasciata aperta tanto la possibilita’ di vendita dell’immobile o di alcuni appartamenti, quanto la possibilita’ di alienare la partecipazione azionaria o, ancora, di impiegare i canoni di locazione.

Il Tribunale di Genova[5] nel 1997 ha omologato un atto costitutivo di una s.r.l. unipersonale, costituita dal trustee di un trust maltese. Oggetto del trust erano le quote della s.r.l. italiana ed il disponente cosi’ come i beneficiari del trust erano italiani, cosicche’ gli unici elementi estranei erano rappresentati dal trustee e dalla legge regolatrice, entrambi maltesi: “anche in questo caso sembra emergere il riconoscimento di un trust interno”[6].

Si rileva un’altra ipotesi in cui e’ configurabile un trust interno, dato che i beni del trust si trovavano in Italia e tanto il disponente quanto i beneficiari erano di nazionalita’ italiana proprio come il trustee: il riferimento e’ all’ordinanza della Pretura di Roma del 1999[7]. Con la presentazione del ricorso il trustee chiedeva di essere reintegrato nel possesso di certificati azionari trasferitigli in trust, di cui il depositario (il presidente del consiglio di amministrazione della societa’) rifiutava la restituzione per essere stato il trustee stesso revocato successivamente al deposito. Il trustee aveva depositato i certificati azionari oggetto del trust per prendere parte alle assemblee di due diverse societa’, in conformita’ a quanto prevede l’art.2370 c.c. . Il Pretore ritenne che il rifiuto da parte del depositario integrasse un’ipotesi di spoglio violento e clandestino del possesso ed ordino’ la reintegrazione in capo al trustee, anche se questi era stato revocato. Il riconoscimento del trust, il cui unico elemento di estraneita’ era rappresentato dalla legge del Jersey, era stato implicito nella pronuncia: l’ordinanza aveva trattato la questione possessoria senza nulla obiettare sulla struttura giuridica esistente a monte della stessa. Successivamente il Tribunale[8] si e’ pronunciato sul ricorso della parte soccombente, riformando il provvedimento sulla base del fatto che il trustee era stato revocato e di conseguenza non era piu’ legittimato a pretendere, in sede possessoria, la restituzione dei titoli azionari che prima della revoca aveva depositato presso terzi.
Due pronunce[9] del 2000 in tema di trascrizione, che saranno oggetto di approfondimento successivo, si sono espresse confermando l’atteggiamento giurisprudenziale favorevole rispetto al trust domestico: l’oggetto del trust sito in Italia e la cittadinanza italiana del disponente, del trustee e dei beneficiari hanno escluso qualsiasi dubbio che si trattasse di trust interno. In particolare il decreto del Tribunale di Bologna ha osservato che il trust e’ stato recepito nel nostro ordinamento mediante l’adesione alla Convenzione dell’Aja: “In forza di tale Convenzione lo Stato italiano si e’ obbligato al riconoscimento di un istituto sicuramente estraneo al proprio ordinamento, soggetto alla legge regolatrice scelta dal disponente, non definito concettualmente, ma descritto nelle sue caratteristiche strutturali minime (art.2 Convenzione)”.
Certamente non e’ relativa ad un trust interno la pronuncia della Corte d’Appello di Milano[10]: una ditta italiana aveva conferito i propri crediti, insieme agli altri creditori d’imprese nigeriane, in un trust regolato dalla legge inglese. Il trustee, in qualita’ di unico titolare del complesso delle posizioni creditorie, era diventato la sola controparte del governo nigeriano, il quale aveva garantito i pagamenti delle varie imprese nigeriane debitrici verso l’estero. Sollevata l’eccezione di illiceita’ del trust, e’ interessante riportare la pronuncia della Corte su questo specifico punto: “Definire illecito l’istituto del trust e’, in diritto, carente di significato ove solamente si consideri essere il nostro paese parte della Convenzione dell’Aja (…)”.

E’ opportuno in questa sede semplicemente accennare che, oltre all’atteggiamento favorevole della giurisprudenza rispetto ai trusts interni, e’ chiaramente prevalente l’orientamento che consente la trascrizione in Conservatoria e l’iscrizione presso il Registro delle Imprese di detti trusts. Si assiste anche al crescente fenomeno della costituzione di trusts companies italiane[11], oltre che all’ampliamento dell’oggetto sociale di societa’ italiane preesistenti[12], in modo da ricomprendervi l’attivita’ di trustee[13].

Le implicazioni del riconoscimento del trust


“La logica del trust (…) e’ essenzialmente volta a specificarsi, oltre che in un limite per l’utilizzabilita’ del bene da parte di chi vi figura titolare (fiduciario), anche e soprattutto in un limite per l’aggredibilita’ da parte dei creditori personali del titolare medesimo, quindi a conti fatti, nei termini propri (…) al congegno del patrimonio separato”[14]. Autorevole dottrina qualifica il trust fund in termini di “patrimonio segregato”, non utilizzando l’espressione “patrimonio separato” propria della nostra cultura giuridica. Per Lupoi “la distinzione risiede nella incomunicabilita’ bidirezionale (propria del trust) fra il patrimonio separato e il soggetto che ne e’ titolare. La peculiarita’ del trust (…) sta nella chiusura di quello che altrimenti sarebbe il punto di passaggio fra patrimonio generale e oggetto del trust, pur esistente perche’ entrambi appartengono al medesimo soggetto. Ed invece manca (…) la (…) potenziale comunicazione diretta degli arricchimenti del patrimonio generale a quello separato; un distacco totale e definitivo fra le due sfere”[15]. Per lo stesso Autore la situazione del trust fund e’ piu’ vicina alla figura del patrimonio autonomo “caratterizzata dalla mancanza di questo punto di passaggio”[16].
La separatezza del patrimonio porta alle conseguenze descritte nelle lettere a – b – c dell’art.11 della Convenzione.
Il trustee potra’ far valere l’impignorabilita’ del trust fund da parte dei creditori personali, avviando un procedimento di opposizione. Abbiamo nel caso una ipotesi di impignorabilita’ non delineata nel codice di rito, come per gli artt. 514, 515 e 516, ma che si deduce dalle norme sostanziali. Secondo alcuni l’opposizione e’ all’esecuzione ex art.615 2°co. c.p.c.[17], mentre per altri Autori l’opposizione e’ di terzo ex art.619 c.p.c., ritenendo che il trustee si opponga non in proprio, ma quale titolare dell’ufficio e portatore degli interessi dei terzi-beneficiari[18].
La posizione del beneficiario va analizzata nell’ipotesi di trustee infedele, laddove il suo mancato ricorso alle tutele della opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. dovrebbe interpretarsi quale fattispecie riconducibile all’art. 11, comma terzo, della convenzione dell’Aja e, pertanto, (in quanto questo corrisponda alle norme della legge regolatrice del trust) dovrebbe essere consentita la rivendicazione (in senso atecnico) dei beni del trust, come in ogni altra ipotesi in cui il trustee, in violazione delle condizioni dell’atto costitutivo, abbia confuso i beni del trust stesso con i propri o ne abbia (illegittimamente) disposto. Nel caso di trust interno, l’individuazione del rimedio compete alla legge italiana. Ora il problema assume coloriture assai particolari in quanto il comportamento del trustee e’ pur sempre un comportamento a contenuto processuale, conseguente alla mancata attivazione delle difese di cui all’art. 615 c.p.c. La questione e’ comunque quella dell’individuazione degli strumenti ce attengono alla difesa dei beni del trust a fronte di ingiustificate aggressioni dei creditori del trustee. La disciplina con cui confrontarsi dovrebbe essere quella data dalla opposizione di terzo ai sensi dell’art. 619 c.p.c.[19]. La legittimazione all’opposizione del beneficiario deriva non dal fatto della titolarita’ di un diritto reale, ma dalla condizione di destinatario della tutela, quale portatore dell’interesse per il quale il vincolo e’ stato posto. Ma il problema operativo e’ un altro. Con molte difficolta’ questo soggetto potra’ venire a conoscenza dell’iniziata esecuzione e quindi agire in opposizione entro un momento ancora idoneo per bloccare la vendita e l’acquisto del terzo acquirente. Residua allora la possibilita’ di rifarsi sul ricavato o, al piu’, una mera tutela risarcitoria.

Il terzo (nella opposizione ex art.619 c.p.c.) dovra’ dimostrare non solo la titolarita’ del suo diritto sul bene, ma anche fornire la prova dell’affidamento, ossia il titolo in ragione del quale i beni si trovavano presso l’esecutato. Se si adatta questa situazione alle specificita’ del trust, se ne deve dedurre che “il soggetto interessato all’opposizione non solo dovra’ provare la proprieta’ in capo al disponente, ma anche il perche’ dell’affidamento stesso ossia il fondamento costitutivo del trust e il riferimento al bene oggetto di esecuzione”[20].

Le implicazioni per i creditori del disponente si risolvono nella impignorabilita’ del trust fund nelle forme del pignoramento presso il terzo-trustee. L’impignorabilita’ dovrebbe[21] essere fatta valere dal trustee prima in sede di dichiarazione ex art.547 c.p.c. e poi nell’eventuale giudizio di cognizione ex artt. 548 e 549. Nel caso di trust statico (disponente e trustee coincidono) il trustee dovrebbe poter opporsi o ex art.615 2°co. c.p.c. o ex art.619 c.p.c. .
I creditori del beneficiario possono pignorare presso il terzo-trustee il diritto di credito eventualmente ed attualmente vantato dal loro debitore in dipendenza del trust (il diritto del beneficiario a vedersi attribuite rendite e/o beni capitali). La situazione soggettiva del beneficiario deve, quindi, essere certa ed attuale: “una posizione soggettiva, che puo’ definirsi di aspettativa reale (appare pero’ piu’ corretto qualificare detta posizione come diritto di credito opponibile ai terzi)”[22]. E’ precluso il pignoramento ai creditori del beneficiario nel caso di trusts discrezionali o protettivi, laddove i beneficiari hanno solo la spes e non sono destinatari di attribuzioni certe.


[1] Tribunale di Lucca, 23 settembre 1997, in Foro it, 1998, I, c. 2007 e c. 3391 (con note di Brunetti e Lupoi).
[2] Braun Trusts interni, in Rivista di Diritto Civile, 2000, 587 sostiene: “Questa sentenza ha suscitato particolare interesse e assunto grande importanza non solo perché ha affermato la riconoscibilità di un trust interno (il trust regolato dalla legge americana, aveva per oggetto beni siti in prevalenza nel nostro paese, i beneficiari erano tutti di nazionalità italiana e residenti in Italia, anche il trustee aveva cittadinanza italiane e il disponente, pur avendo la residenza negli USA, era cittadino italiano morto in Italia), ma anche perché chiarisce che il trust ed il fedecommesso sono due istituti diversi”; fra i tanti Autori anche Lupoi Trusts, Milano, 2001, 548 ha qualificato il trust della fattispecie come interno; invece Luzzatto Legge applicabile e “riconoscimento” di trusts secondo la Convenzione dell’Aja, in Trusts e attività fiduciarie, 2000, nota 33 pag.14 afferma: “Non si trattava però nel caso di trust puramente interno, in quanto la maggior parte del patrimonio del de cuius era situata all’estero, ed il testatore aveva anche la cittadinanza di uno Stato straniero”.
[3] Tribunale di Milano, 27 dicembre 1996, in Società, 1997, 858ss., con commento di Lener e Bisogni.
[4] Lener Trust a garanzia di prestito obbligazionario, in Web, 1999: “Ciò che maggiormente colpisce lo studioso civilian è senz’altro la circostanza che l’impiego del trust ha consentito alla società di costituire una garanzia sicura ed efficiente, poiché la realizzazione della stessa avviene attraverso una normale attività di diritto privato, senza che occorra l’intervento dell’autorità giudiziaria. La diffusione del trust a scopo di garanzia, pertanto, potrà avere l’effetto di accrescere il ruolo dell’autonomia privata nel settore delle garanzie reali; il che si rivela di estremo interesse nella nostra esperienza giuridica, tradizionalmente ostile verso la creazione, ad opera dei privati, di garanzie diverse dalle cause di prelazione tipizzate dal legislatore. L’istituto “funzionalmente equivalente” che il nostro ordinamento offre agli operatori economici è rappresentato dall’ipoteca sugli immobili della società. Il principale problema che si pone nel caso di costituzione di una garanzia in occasione dell’emissione di un prestito obbligazionario concerne, peraltro, non tanto la fase della costituzione, quanto quella della realizzazione della garanzia, in caso di mancato rimborso del capitale e degli interessi. In tale fase, il creditore ha interesse a disporre di un meccanismo per procedere ad una rapida ed agevole realizzazione del credito garantito. L’ipoteca non soddisfa tale interesse, poiché il creditore può realizzare il credito solo attraverso l’espropriazione del bene, nei modi previsti dal codice di procedura civile, e quindi attraverso la vendita e l’attribuzione del ricavato in via di prelazione rispetto agli altri creditori ovvero mediante l’assegnazione giudiziale. Non è ammessa, per contro, la vendita del bene ad opera dello stesso creditore, come previsto dall’art. 2797, cod. civ., in materia di pegno”.
[5] Tribunale di Genova, 24 marzo 1997, in Giurisprudenza commerciale, 1998, II, 759, con nota di Moja.
[6]Braun Trusts interni, in Rivista di Diritto Civile, 2000, 587.

[7] Pretura di Roma, ordinanza 13 aprile 1999, in Rivista di Diritto Internazionale Privato e Processuale, 1999, 1025.
[8] Tribunale di Roma, ordinanza 2 luglio 1999, in Rivista di Diritto Internazionale Privato e Procedurale, 1999, 1028. Nella sentenza si ha una criticabile assimilazione della fattispecie all’uscita di carica dell’amministratore nel contesto del fenomeno della rappresentanza organica e si giunge a qualificare il trust come una sorta di soggetto di diritto.
[9] Tribunale di Chieti, ordinanza 10 marzo 2000 e Tribunale di Bologna, decreto 18 aprile 2000, in Trusts e attività fiduciarie, 2000, 372.
[10] Sentenza della Corte d’Appello di Milano 6.2.1998, in rivista di Diritto Internazionale Privato e Procedurale, 19998, 582.
[11] Il Tribunale di Firenze ha ordinato l’iscrizione nel Registro delle Imprese con decreto del 4 maggio 2000 dell’atto costitutivo della Trust & Tax Advisor s.r.l.
[12] Hanno provveduto all’ampliamento dell’oggetto sociale la Cardine Fiduciaria s.p.a., la Fidereveuropa-Società fiduciaria e di Revisione s.p.a., la Fiduciaria Internazionale s.r.l.
[13] Zanazzi Il trust operativo, Milano, 2001, 66-70; Vicari L’oggetto sociale delle trust companies, in Trust e attività fiduciarie, 2001, 319-321.
[14] Tondo in Aa.Vv. I trusts in Italia oggi, a cura di Benvenuti, Milano, 1996, 193.
[15] Lupoi Trusts, Milano, 2001, 566-569. L’Autore con riferimento al patrimonio separato afferma: “Le regole speciali che conseguono alla separazione sono quelle che individuano i creditori del patrimonio separato, i quali prevalgono rispetto agli ordinari creditori del soggetto, perché essi soli possono soddisfarsi direttamente sul patrimonio separato; mentre i creditori generali, ma anche il coniuge e il legittimario, hanno quale garanzia il diritto che il soggetto ha tuttavia mantenuto sul patrimonio stesso. (…). La separazione non fa quindi venir meno l’appartenenza, ma la pone in una situazione mediata, grazie alla quale le generali vicende del soggetto, che rimane titolare ultimo del patrimonio separato, non si riverberano direttamente su di esso (…).[Ma] esiste pur sempre un punto di passaggio unidirezionale fra il patrimonio separato ed il patrimonio ordinario (…): si può comunicare l’arricchimento del patrimonio separato (…)”.
[16] “così, per esempio, nell’eredità giacente e nel patrimonio fallimentare, ma anche nel comitato degli inquilini assegnatari di alloggi popolari ed economici prima dell’effettivo trasferimento in proprietà degli alloggi, nei fondi delle associazioni e dei comitati e nei fondi destinati a finalità pubbliche”(Lupoi pag.568).
[17] Chizzini Note preliminari in tema di esecuzione mobiliare per debiti del trustee, in Trusts e attività fiduciarie, 2001, 37-41. Relativamente all’opposizione afferma: “sembra nel caso porsi a mezza via tra l’opposizione di terzo all’esecuzione e quella del debitore di cui all’art. 615, secondo comma, c.p.c.: al pari della prima, essa sarebbe rivolta a far valere – nei confronti dell’esecutante – il diritto di proprietà esclusiva dell’opponente sui beni pignorati al fine di escludere che l’esecuzione possa svolgersi su di essi; ma a somiglianza della seconda, ossia l’opposizione all’esecuzione, è proposta da chi è da considerare parte del processo esecutivo. In realtà, se si considera che ricorre nel caso una forma di relativa impignorabilità dei beni, dobbiamo dire che si è alla presenza di una opposizione alla esecuzione a tutti gli effetti, con la importante conseguenza che l’opponente non incontrerà limiti particolari nella prova, che non siano quelli generali, e pertanto non si applica l’art. 621 c.p.c. con le restrizioni probatorie in esso previste”.
[18] Aa.Vv. I trusts nell’ordinamento italiano. Esperimento di dialettica giudiziaria in aula, Milano, 1999, 134.
[19] Chizzini Note preliminari in tema di esecuzione mobiliare per debiti del trustee, in Trusts e attività fiduciarie, 2001, 37-41 al riguardo afferma: “la dottrina ha dimostrato come l’opposizione di terzo all’esecuzione possa ben operare anche in ipotesi di conflitti sui beni nei quali viene fatto valere da persona diversa del proprietario della cosa oggetto della esecuzione l’esistenza di un vincolo di indisponibilità che impedisce l’esecuzione o la subordina a determinate condizioni”.
[20] Sempre Chizzini Note preliminari in tema di esecuzione mobiliare per debiti del trustee, in Trusts e attività fiduciarie, 2001, 37-41.
[21] Bartoli Il trust, Milano, 2001, 558-559.
[22] Arrigo–Cavanna, Convenzione dell’Aja sulla legge applicabile ai trusts ed al loro riconoscimento, in Commentario breve al Codice Civile. Leggi complementari a cura di Alpa–Zatti, Padova, 1999, 40-41. Gli Autori affermano: “Questa posizione soggettiva presente nel patrimonio del beneficiario rappresenta il ponte utilizzabile dai suoi creditori per agire contro il trustee (…)”.

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