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EDITORIAL: La responsabilità civile del medico; Segue – Il nesso di causalità

2 Settembre 2002 Commenta

L’individuazione in capo al sanitario di una responsabilità in ordine all’evento dannoso verificatosi è strettamente legata alla riconducibilità causale dell’evento all’azione od omissione del sanitario.

Il tema fondamentale del nesso di causalità assume, anche e soprattutto in questa disamina, un ruolo del tutto peculiare, stante l’implicazione con altri temi qui appena accennati, quale il problematico rapporto tra medici legali o comunque specialisti che operano anche come consulenti di parte o d’ufficio da un lato e gli altri operatori sanitari dall’altro.
Ai fini della corretta determinazione del rapporto di causalità, trovano applicazione, anche in sede civilistica, i principi espressi nelle norme penali di cui agli artt. 40 e 41 cod. pen., in conformità con quanto affermato dalla giurisprudenza della Cassazione.
Il nodo che il disposto normativo lascia irrisolto, e sul quale dottrina e giurisprudenza hanno prodotto gli sforzi interpretativi più consistenti, è quello dell’esatta configurazione del rapporto tra evento dannoso e l’azione od omissione. Secondo la formulazione tradizionale della teoria della condicio sine qua non sono <<causa>> dell’evento gli antecedenti senza il verificarsi dei quali l’evento non si sarebbe prodotto, individuati sulla scorta del processo della c.d. eliminazione mentale secondo il quale la condotta è condicio sine qua non dell’evento <<se non può essere mentalmente eliminata senza che l’evento stesso venga meno>>.
Pertanto sarà da analizzare, sotto il profilo etiologico, l’iter etiopatogenetico, riferendosi al modello della c.d. sussunzione sotto leggi scientifiche, secondo il quale l’antecedente storico assume rilievo, dal punto di vista della ricerca etiologica, quando può affermarsi, sulla scorta delle risultanza scientifiche, che entra a far parte del novero di quegli antecedenti che, secondo una <<successione regolare, omogenea e conforme ad una legge dotata di validità scientifica>>, determinano eventi del tipo di quello in concreto verificatosi.
Il rilevo che l’art. 1223 cod. civ., relativo al risarcimento del danno da inadempimento -richiamato dall’art. 2056 cod. civ. e pertanto applicabile anche al risarcimento in materia di responsabilità aquiliana- limiti il risarcimento medesimo alla <<conseguenza immediata e diretta>>, non attiene, come osservato dal Barni, alla necessità di intravedere un criterio cronologico e di congruità, ma indica piuttosto i contorni del contenuto della responsabilità stessa. E di tale impostazione sembra essersi appropriata anche la Corte di Cassazione quando ha affermato che <<ai  fini del  sorgere  dell’obbligazione di risarcimento, il nesso di causalità  tra fatto  illecito  ed  evento dannoso può essere anche indiretto e  mediato, essendo all’uopo sufficiente che il primo abbia posto  in  essere uno  stato di cose senza il quale il secondo non si sarebbe  prodotto  e che  il  danno  si trovi  con  tale  antecedente necessario in   un  rapporto   eziologico  normale   e  non   fuori dell’ordinario>>.
In conclusione il criterio della regolarità casuale fungerebbe da correttivo del criterio espresso dall’art. 1223 cod. civ., nel senso di ricomprendere  nell’area dei danni risarcibili anche quelli che, pur essendo mediati e indiretti, <<rientrano tuttavia nella serie delle conseguenze normali ed ordinarie del fatto […]>>.

Le connessioni con la configurazione del regime eventualmente diversificato dell’onere della prova saranno trattate nel paragrafo successivo.

Sotto il profilo medico-legale il nodo della questione, al quale ritengo opportuno accennare, è per dirla con un’espressione del Fiori, <<il problema della discendenza da un fattore causale di rilevanza giuridica>>. Se infatti l’iter patogenetico del danno, che è il percorso tra l’evento dannoso e la sua etiologia, in talune circostanze risulta palese e scientificamente certo, in altri casi si consegue solo agli esiti di uno studio, quello per l’appunto patogenetico, sui ritmi, tempi e modi di sviluppo.
Quindi il compito del medico legale, nella sua funzione di ausilio alla decisione del giudice, è quello di verificare la causalità materiale dal punto di vista etiopatogenetico, nonché la causalità giuridica sotto il profilo della responsabilità giuridicamente rilevante. Ma non potendosi conseguire di norma giudizi improntati alla certezza sull’iter patogenetico del danno, soccorreranno il medico legale e la successiva valutazione del giudice i criteri che discendono dall’applicazione del principio della probabilità statistica, al quale ha attinto copiosamente la stessa giurisprudenza.
Nell’ottica dell’adeguamento di tali metodologie alle nuove tecniche di elaborazione dei dati e di consultazione delle basi di dati, può risultare d’ausilio, alla formulazione di valutazioni probabilistiche, anche l’elaborazione che il calcolatore è in grado di offrire all’operatore che lo consulti, soprattutto, come in questo caso, quando ci si trovi a porre in essere giudizi che tanto più sono consapevoli quanto più possono, sotto questo profilo, essere il risultato della valutazione di una quantità di dati più consistente possibile. Il vero ostacolo, o meglio la vera professionalità dell’interprete di questi dati, così come elaborati dalla macchina, sta nella capacità di farne un uso che funga da ausilio all’applicazione di consapevoli criteri di valutazione, senza dimenticare che comunque l’elaborazione elettronica dei dati può tenere in considerazione solo le varianti che sono state inserite preventivamente, e che pertanto fornisce risultati di operazioni matematiche da valutarsi congruamente.
Il rischio che secondo alcuni autori si cela dietro l’introduzione del criterio probabilistico nella valutazione del nesso di causalità, è quello di  estremizzare la valutazione, confondendo la ricorrenza del dovere del medico d’intervenire per tentare di salvare il malato, con l’individuazione del nesso di causalità.

Si intende con ciò affermare che se da un lato il dovere del medico d’intervenire per salvare il malato sussiste anche quando le probabilità di guarigione sono minime, altra dovrebbe essere la valutazione in termini probabilistici ove si volgesse l’attenzione alla ricorribilità del nesso di causalità tra la condotta del medico e l’evento dannoso. La necessità di configurare e adeguare la teoria della condicio sine qua non, pur integrata dalle valutazioni in termini di probabilità, si pone sul piano anche dell’individuazione e valutazione -in senso negativo- di fattori eccezionali che turbino il processo di causalità che si dice adeguata, volendo in tal modo significare l’esigenza che non siano imputati all’azione od omissione del sanitario quegli eventi dannosi che non rientrano nel normale sviluppo etiopatogenetico, in quanto <<anormali e atipici>> ovvero eccezionali, giacché posti al di fuori del processo causale anzidetto.

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