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INTERNET: Bin Laden e siti pedopornografici; Conseguenze dell’attentato alle due torri

11 Settembre 2002 Commenta

Dal famoso ed infausto giorno dell’11/09/2001 il simbolo del terrore Osama Bin Laden e’ divenuto un segnale di pericolo anche su Internet. Il campanello d’allarme proviene dal Presidente dell’Osservatorio sui diritti dei minori Marziale che a seguito di specifiche ricerche condotte presso i portali e motori di ricerca piu’ diffusi del web ha accertato insieme ai membri dell’associazione che la specifica voce Bin Laden conduce a numerosi siti pedopornografici, per cui in pochissimo tempo e’ divenuta una parola-chiave che consente l’accesso alle pagine piu’ disgustose ed insopportabili della Rete. E’ inevitabile l’invito rivolto a tutti i genitori di effettuare un assiduo controllo qualora i propri figli conducano specifiche ricerche su Internet in merito all’attentato.

Come si puo’ chiaramente evincere dai risultati della ricerca condotta dall’Osservatorio sui diritti dei minori il terribile terrorista Osama Bin Laden colpisce anche su Internet anche se questa volta, probabilmente, in maniera non voluta.
Da un punto di vista strettamente tecnico risulta piuttosto facile collegare un sito dai contenuti pedopornografici al nome del terrorista, anche se apparentemente nulla risulta dal sito stesso. Difatti tale scopo puo’ ottenersi attraverso un utilizzo improprio dei c.d. “meta-tag” intesi come quelle parole chiave, codificate in apposite stringhe dell’HTML e non visibili sulla pagina web, che numerosi motori di ricerca utilizzano per individuare ed indicizzare i vari siti presenti sulla rete. Considerato che il motore di ricerca nell’elencare i siti individuati attraverso un determinato dato testuale (parola chiave) forma una graduatoria definita in base al numero di volte in cui la parola chiave e’ stata inserita nei meta-tag e’ ovvio dedurre un uso in malafede della parola chiave Bin Laden.
Come ho piu’ volte sottolineato in precedenti articoli, nel nostro ordinamento i rapporti tra pedofilia ed Internet sono stati disciplinati dalla legge n. 269 del 3 agosto 1998 che ha introdotto alcune norme nel codice penale tra cui l’art. 600-ter che al terzo comma prevede che “………..chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al primo e al secondo comma, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga o pubblicizza il materiale pornografico di cui al primo comma, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all’adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto, e’ punito con la …

reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 2582,28 ad euro 51645,70”.

Come e’ stato giustamente osservato in dottrina (Seminara, “Responsabilita’ penale degli operatori Internet” in “Il diritto dell’informazione e dell’informatica”, n. 4/5, Milano, 1998) la norma (tanto contestata in quanto demonizzatrice di Internet) nel momento in cui fa riferimento al mezzo telematico non chiarisce se come responsabili della divulgazione, pubblicizzazione o cessione a terzi debbano intendersi esclusivamente i content providers (cioe’ gli autori materiali della immissione in Rete) o anche i network providers (cioe’ i proprietari delle infrastrutture TLC), gli access providers (cioe’ coloro che offrono l’accesso in rete) ed infine i service providers (che forniscono anche ulteriori servizi).
Inoltre e’ da chiarire ulteriormente a che titolo possa considerarsi responsabile un provider. Difatti:
1. parte della dottrina, ritiene che il provider sia da considerarsi autore del reato di diffusione in rete di contenuti illeciti, specie quando lo stesso agisce come moderatore di un newsgroup o di una mailing-list e provvede al controllo dei messaggi.
2. Per altri il provider e’ responsabile a livello di concorso qualora abbia consapevolmente fornito l’accesso a dati illeciti immessi da altri in rete. Tale costruzione, pero’, trova un grosso ostacolo nell’enorme difficolta’ di provare il dolo del provider (Seminara, “La responsabilita’ penale degli operatori su Internet” in “Il diritto dell’informazione e dell’informatica”, 4/5, Milano, 1998).
3. Altri ancora ritengono che possa configurarsi una responsabilita’ a titolo di colpa del provider per non aver controllato i contenuti del sito immesso in rete e quindi impedito l’evento illecito (similmente a quello che accade ai direttori e vicedirettori in tema di responsabilita’ per reati commessi mediante la stampa periodica). Tale teoria sta prendendo piede a seguito della nota equiparazione delle testate on-line a quelle telematiche operata dalla nuova legge sull’editoria, nonostante l’intervento mitigatrice della legge comunitaria 2001.
Ma, in questo caso, e’ bene chiarire che l’art. 1 della legge n. 62/2001 equipara Internet alla stampa solo ai fini dell’applicazione delle specifiche norme richiamate dalla medesima legge (ai fini della presente legge, cosi’ espressamente l’art. 1 cit.). Ne consegue che non puo’ ritenersi applicabile la normativa specifica dettata per i reati commessi a mezzo stampa dal …

codice penale che prevede espressamente piu’ rigidi criteri di attribuzione di responsabilita’.

Invero, non essendo richiamate espressamente tali norme dalla legge n. 62/2001 e non essendo applicabili per analogia le norme penali (stante il divieto di cui all’art. 14 disp prel.), certamente ai reati commessi a mezzo Internet devono applicarsi le regole generali in tema di dolo e colpa.
Nonostante cio’, bisogna osservare che anche se il provider non e’ tenuto, di regola, in considerazione della natura del servizio che offre agli utenti a compiere degli accertamenti circa la liceita’ o meno delle informazioni immesse in rete, vi sono casi eclatanti, come quelli in esame, che impongono allo stesso provider di intervenire al fine di evitare ulteriori effetti pregiudizievoli.

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