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La tutela al proprio nome ed alla propria immagine secondo Jean Paul Belmondo

10 Settembre 2002 Commenta

E’ recente la sentenza del Tribunale di Milano 1^ sez. che ha condannato la societa’ Interno 8 Franchising S.r.l. (previo precedente provvedimento di inibitoria) al risarcimento di danni per un ammontare di 40.000 euro a favore dell’attore cinematografico Jean Paul Belmondo per aver prodotto e commercializzato sul territorio nazionale, mediante una catena di negozi affiliati, camicie con il marchio “Belmondo” esponendo tra l’altro a scanso di equivoci l’immagine dell’attore, il tutto naturalmente senza alcun consenso dell’interessato. Tale sentenza fa seguito ad un’altra nota questione giudiziaria che ha visto come protagonista sempre l’attore francese, che, per le stesse motivazioni, ha agito giudizialmente contro la EMA (del gruppo Della Valle) produttore delle scarpe Tod’s rea di aver condotto una campagna pubblicitaria sfruttando abusivamente su quotidiani, periodici milanesi e presso le stesse vetrine dei punti vendita il nome e l’immagine del noto attore. Anche in questo caso il Belmondo e’ riuscito prima ad ottenere un’ordinanza di inibitoria nei confronti dell’EMA tendente alla cessazione di ogni ulteriore utilizzo non autorizzato della propria immagine per la pubblicizzazione dei prodotti e successivamente una transazione estremamente vantaggiosa.

Milano – Come appare evidente dai casi prospettati ed in considerazione anche di tante altre vicende giudiziali internazionali che vedono come protagonista lo stesso personaggio per ragioni similari, l’attore Jean Paul Belmondo e’ sempre stato contrario a prestare il proprio nome e/o immagine per pubblicizzare prodotti commerciali e quindi si e’ sempre energicamente opposto a qualsiasi abuso. In Italia entrambe le controversie sono state curate dallo Studio Legale Sutti che e’ riuscito a tutelare in modo efficace le posizioni del noto attore.
Come e’ noto nel nostro ordinamento il diritto al nome ed il diritto all’immagine rientrano nell’ambito dei c.d. diritti della personalita’. In particolare, anzi, la mancanza di una norma descrittiva, a valenza generale, della categoria dei diritti della personalita’ ha fatto nascere un contrasto tra due concezioni: una pluralistica secondo la quale esistono tanti diritti personalissimi quanti sono gli aspetti della personalita’ e ciascuno deve essere espressamente previsto da una norma ed una monistica secondo la quale esiste un unico diritto della personalita’ previsto dall’art. 2 della Cost. in quanto, data la previsione unitaria della norma, non avrebbe …

senso suddividere la personalita’ in tanti aspetti (Isabella Iaselli, “Lezioni di diritto civile”, Napoli, 1998).

Allo stato attuale, comunque, l’art. 2 della Costituzione viene considerato come base normativa di garanzia per tutti quei diritti della personalita’ che sono desumibili dalle altre specifiche previsioni contenute nella Carta fondamentale. Successivamente dottrina e giurisprudenza hanno, attraverso una lettura congiunta dell’art. 2 e delle altre norme concernenti le liberta’ riconosciute all’individuo nell’ambito della stessa Costituzione, individuato specifiche figure dei diritti della personalita’. Il diritto all’identita’ personale, ad esempio, e’ sorto come diritto giurisprudenziale ed in passato veniva tutelato facendo riferimento alle norme dettate dal codice civile relative ai segni distintivi della persona (art. 7, 10 sul diritto al nome ed all’immagine). Secondo un nuovo indirizzo, invece, la tutela dell’identita’ va intesa non piu’ soltanto come tutela dell’identita’ fisica, ma anche dell’identita’ psichica o spirituale, vale a dire del complesso delle opinioni e delle professioni di fede religiosa, politica, morale, sindacale (Isabella Iaselli, “Lezioni di diritto civile”, Napoli, 1998).

Piu’ nello specifico il diritto al nome e’ tutelato dall’art. 7 del c.c. il quale prevede che la persona che possa risentire pregiudizio dall’uso che altri indebitamente facciano del proprio nome, puo’ chiedere giudizialmente la cessazione del fatto lesivo, salvo il risarcimento dei danni. Il diritto all’immagine, che ormai ha assunto una propria autonomia e’ tutelato, invece, dall’art. 10 del c.c. (il quale prevede sempre la possibilita’ dell’inibitoria, salvo il risarcimento dei danni) ed e’ stato oggetto di una significativa evoluzione, in seguito all’esplosione del fenomeno pubblicitario, per cui l’immagine si e’ venuta emancipando dalla tutela riflessa del decoro e dalla tutela della libera utilizzazione a fini commerciali. Allo stato attuale, quindi, in considerazione anche degli inequivocabili riflessi rispetto alla riservatezza, e’ stata evidenziata (in recenti sentenze della Suprema Corte) l’insufficienza della notorieta’ a giustificare la divulgazione dell’immagine (e quindi la necessita’ di una specifica autorizzazione), isolando, un’autonoma categoria della tutela patrimoniale del diritto all’immagine ed escludendo ogni prospettiva di finalita’ promozionale dalle utilizzazioni libere. In altre parole, quindi, il pregiudizio sofferto va commisurato alla mancata possibilita’ …

di utilizzo commerciale da parte del soggetto ritratto e la quantificazione del danno, che esiste a prescindere dalla lesione all’onore, decoro o riservatezza, deve tener conto delle cause della notorieta’, poiche’ se questa consegue all’esercizio di un’attivita’ cui si ricollega la consuetudine dello sfruttamento remunerato dell’immagine, l’abusiva pubblicazione puo’ creare delle difficolta’ ai fini della commercializzazione dell’immagine stessa.

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