All’interno dei numerosi servizi forniti dai siti web di MicroSoft spicca come grandi novita’ il recentissimo motore di ricerca di avvocati. Nato con precise esigenze di customer satisfaction, la nuova attivita’ fa sorgere alcuni dubbi in merito alla possibilita’ giuridica di offrire consulenza legale on-line.
Redmond, USA – MicroSoft – si sa – oltre a essere una potentissima software house, e’ una continua fucina di idee e di business. Non stupisce affatto, dunque, che sia scesa in un settore di recente nascita in Internet, quale quello della consulenza legale on-line.
Le opportunita’ di business, infatti, sono davvero elevate, cosi’ come sono rilevanti le esigenze dei consumatori/navigatori che chiedono servizi ormai sempre piu’ completi. Il sito web bCentral di MicroSoft ha annunciato recentemente la nascita di un motore di ricerca in cui e’ possibile scorrere liste di avvocati che operano nello Stato in cui abbiamo il nostro centro di interessi. Una volta inserito il nostro Stato di appartenenza, infatti, il motore ci da’ la possibilita’ di selezionare l’avvocato che sembra essere maggiormente affidabile e competente nelle questioni legali di difficile soluzione.
La pubblicita’ del servizio e’ decisamente in stile MicroSoft: ricca di informazioni e particolarmente aggressiva. Sono elencate addirittura sette buoni motivi per contattare un legale! L’utilita’ della consulenza di un avvocato e’ ritenuta indispensabile oltre che nei casi “classici” di assistenza nella redazione dei contratti e di risoluzione nelle dispute commerciali, anche nelle situazioni in cui e’ necessaria la consulenza per quelle societa’ che iniziano la propria attivita’ oppure che cerchino vantaggiose strategie per uscire dal mercato.
L’offerta di questo nuovo “prodotto” solleva, pero’, perplessita’ di ordine deontologico, soprattutto nel nostro ordinamento giuridico, in cui non e’ ancora del tutto chiara la liceita’ della consulenza legale on-line.
In Italia l’argomento della consulenza legale on-line ha attivato da qualche tempo un dibattito che ha contribuito a “svecchiare” le norme vigenti in materia di professione legale.
Il Codice Deontologico Forense (approvato dal Consiglio Nazionale Forense il 17/4/97), infatti, prevedeva inizialmente un articolo – il n. 17 – che vietava espressamente l’utilizzo della pubblicita’ per tutti gli avvocati. Successivamente, nel 1999, il CNF ha provveduto alla modifica del menzionato articolo, stabilendo il principio della pubblicita’ c.d. informativa, cioe’ una forma di pubblicita’ non aggressiva (poiche’ si incorrerebbe nel divieto di accaparramento della clientela, ex art. 19 del codice deontologico), ma finalizzata alla comunicazione di informazioni esatte e puntuali circa l’attivita’ svolta dallo studio legale in questione.
Vi e’ da precisare, inoltre, che cosi’ come le norme disciplinanti la professione forense sono state progressivamente aggiornate alla realta’ di questi giorni (vi sono gia’ da tempo numerosissimi siti web a tema), allo stesso modo anche la giurisprudenza dei Consigli degli Ordini forensi stanno legittimando le consulenze fornite in rete.
Si e’ passati, infatti, da pronunce nettamente contrarie al fenomeno (si veda Consiglio dell’Ordine Ancona del 1997) ad altre piu’ recenti, ma diametralmente opposte.
La prima pronuncia datata 3/2/97 proviene dal C.d.O. di Milano, il quale consenti’ a un avvocato l’inserimento di informazioni e dati relativi al proprio studio anche in nel proprio sito web, vietando, pero’, espressamente la menzione dei clienti del medesimo.
Lo spirito di cambiamento venne successivamente seguito anche dal C.d.O. di Milano (25/5-2/10/2000) e C.d. O. Busto Arsizio (20/4/01). In queste pronunce venne chiarito che la presenza in rete di un sito web di uno studio legale non costituisce pubblicita’ in senso stretto, in quanto che e’ il cliente a doversi collegare al relativo indirizzo IP. Di conseguenza, la consulenza legale on-line consiste in una dichiarazione di disponibilita’ dell’avvocato a essere contattato da nuovi clienti.
Restano, pero’, alcuni limiti difficilmente superabili: non si puo’ offrire consulenza tramite siti web amministrati da soggetti estranei allo studio legale (dunque, dei terzi), perche’ si violerebbe l’art. 19, comma 1, Codice Deontologia Forense, secondo cui “e’ vietata l’offerta di prestazioni professionali a terzi … a mezzo di agenzie o procacciatori o altri mezzi illeciti”; non si offra assistenza legale gratuita, perche’ potrebbe costituire attivita’ di accaparramento della clientela, ma siano rispettate le tariffe forensi in vigore; non vi siano statistiche sulla quantita’ delle vittorie conseguite dallo studio legale ne’ possono essere fornite garanzie di risultato, del tutto contrarie ai principi secondo cui si offrono solo obbligazioni di mezzi e secondo cui la peculiarita’ e la personalita’ dell’incarico legale non possono essere ridotte a mera materia statistica.
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