Si e’ svolta a Bologna – fra il 25 e il 27 settembre – una conferenza internazionale sul Data Mining, recente scienza matematico-statistica, che si prefigge lo scopo di trasformare i semplici dati in preziose informazioni per chi fa business. Lo sviluppo delle tecniche di Data Mining trovano fecondo terreno soprattutto nel mondo web, dove l’accaparramento di clientela assume connotazioni decisamente aggressive. Sorgono, pero’, alcune perplessita’ in merito alla liceita’ dell’uso di queste informazioni (reperite magari in rete) e, dunque, anche in merito alla tutela della sicurezza del navigatore.
Bologna – Si e’ tenuto recentemente a Bologna un forum di livello internazionale sull’argomento Data Mining. La conferenza – che ha visto fra i relatori numerose personalita’ scientifiche mondiali – dopo la tappa di Cambridge ha fatto scalo a Bologna per illustrare quale sia lo stato dell’arte e quali siano le prospettive future di questa recente scienza.
Il Data Mining (a volte chiamato “Data” o “Knowledge Discovery”) consiste nel procedimento di analisi dei dati da differenti prospettive, per giungere a elaborare informazioni complesse e utili per chi ne abbia maggiormente bisogno (soprattutto societa’ commerciali). In poche parole, questa tecnica rappresenta l’evoluzione delle gia’ esistenti norme statistiche e permette (grazie anche a potenti hardware e software) di creare correlazioni fra i dati che (di primo acchito) non avrebbero nulla anche fare fra loro.
Per esempio, una catena di negozi del MidWest americano ha sfruttato le capacita’ di un software di Data Mining della Oracle per analizzare le abitudini dei propri clienti. Si e’ notato che, in precisi giorni della settimana (giovedi’ e sabato), quando i clienti comprano delle tovagliette, essi sarebbero piu’ propensi ad acquistare della birra. La correlazione fra dati cosi’ diversi e’ stata possibile grazie all’utilizzo dei citati software. Il risultato – di evidente praticita’ – e’ che questi negozi potrebbero valutare l’opportunita’ di inserire pubblicita’ di birra negli spazi adibiti alla vendita di tovagliette, in modo da incrementare il proprio business.
Questi metodi statistici sono facilmente adattabili anche al mondo della rete e le modalita’ con cui un surfer (per esempio) visualizza determinate pagine web potrebbe essere l’oggetto di elaborati calcoli di Data Mining. Sarebbe un po’ come spiare le abitudini e le preferenze di ogni singolo navigatore, ma del tutto a sua insaputa. E’ proprio per questo motivo che ci si domanda quali tutele sono rivolte alla sicurezza e alla riservatezza delle informazioni dei navigatori (si potrebbe, pertanto, far riferimento alla legge c.d. sulla privacy).
Le recenti tecniche di Data Mining rappresentano indubbiamente una vantaggiosa evoluzione delle metodologie matematico-statistiche gia’ esistenti. Vi e’ da notare, pero’, che le modalita’ di trattamento dei dati trovati in un determinato contesto (per es., il mondo virtuale di Internet) possono dar luogo a non facili problematiche di ordine legale.
Sono lecite o meno, dunque, la raccolta di informazioni provenienti dalle piu’ svariate fonti e la loro elaborazione sotto forma di studi statistici? La componente scientifica di queste analisi e’ piu’ rilevante degli studi di marketing offerti alle aziende per capire i profili e le esigenze dei propri clienti?
Dal punto di vista giuridico, le attivita’ di Data Mining rientrano molto probabilmente nelle operazioni di trattamento dei dati di cui alla legge 675/96, che tutela la c.d. privacy, poiche’ esse concernono la raccolta, la registrazione, l’elaborazione … dei dati (secondo quanto precisa l’art. 1, lett. b) della citata legge).
A ben guardare, pero’, i dati che solitamente sono acquisiti dai software di Data Mining consistono in informazioni (numeriche, testuali o fattuali) del tutto anonime, per cui non andrebbero disciplinati dalla legge 675/96, la quale assume che i dati da essa tutelati siano esclusivamente “personali”, ovvero riferibili a persona fisica o giuridica “identificati o identificabili anche indirettamente”.
Il fulcro del problema, dunque, e’ quello di verificare caso per caso se i dati reperiti siano riconducibili o meno a un determinato soggetto.
In questa caratteristica il Data Mining differisce dalle attivita’ di cooking. Mentre i “biscottini” reperiscono informazioni relative a uno specifico navigatore, le metodologie di Data Mining non richiedono questa necessaria correlazione.
Se sono veri questi assunti, dunque, discende che il consumatore non puo’ vantare alcuno dei diritti di cui all’art. 13 l. 675/96 e puo’ anche non essere a conoscenza che qualcuno (o qualcosa) stia controllando le sue mosse e le sue valutazioni, per es., di acquisto.
Tutto cio’ rappresenta una rilevante mancanza di tutela per il consumatore, che pero’ – come visto sopra -, e’ mitigata in gran parte dalle caratteristiche di anonimato che sono molto spesso alla base delle attivita’ di Data Mining.
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