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EDITORIALE: Vendita di beni di consumo: la tutela del consumatore

19 Novembre 2002 Commenta

Vendita di beni di consumo: la tutela del consumatore emergente da alcune possibili interpretazioni delle norme di cui agli artt. 1519 bis e seguenti del codice civile


Premessa introduttiva
La vendita dei beni di consumo, anche se mai codificata, e’ sempre stata una delle fattispecie piu’ ricorrenti per chi si occupa di tutela del consumatore.
Regolata dai nuovi articoli 1519 bis e seguenti del Codice Civile, essa riguarda fattispecie che generalmente presentano per il singolo situazioni penalizzanti, a causa della situazione d’inferiorita’ che lo contraddistingue rispetto al professionista, cioe’ il commerciante in senso lato. Le garanzie connesse a questo tipo di vendita rispondono quindi ad esigenze protettive molto sentite, ma in verita’ finora poco considerate, in quanto connesse a vertenze per lo piu’ bagatellari e quindi poco “appetibili” sia a livello dottrinale che giurisprudenziale.
Le nuove norme costituiscono un corpus molto articolato, non esente da difficolta’ sotto l’aspetto interpretativo e tuttavia ancora non giudicabile nei risvolti applicativi considerata la momentanea mancanza di pronunce giurisprudenziali.


Nozioni generali
L’art. 1519 bis c.c. inquadra le nozioni di consumatore, di venditore, di produttore, di riparazione, di garanzia convenzionale ulteriore e di beni di consumo.
Due aspetti da considerare: anzitutto la discutibile nozione di consumatore, individuata ancora una volta in una persona fisica che agisce per scopi estranei alla sua attivita’, secondo un criterio definitorio oramai radicato nel nostro ordinamento (e su cui non e’ il caso di soffermarsi in quanto gia’ dibattuto) ma troppo generico, ambiguo e limitativo nella realta’ concreta; in secondo luogo l’introduzione e tipizzazione nel nostro codice civile di alcuni concetti (in senso lato) nuovi, tra cui quello di “riparazione” e quello di “garanzia convenzionale ulteriore”, di cui si discutera’ piu’ avanti.
La norma equipara ai contratti di vendita anche quelli di permuta, somministrazione, appalto, d’opera ed in genere tutti quelli diretti a fornire beni di consumo da fabbricare o produrre cosicche’, proprio per questo, pur rincomprendendosi in quest’ambito le obbligazioni di fare, sembrano da escludersi le prestazioni del professionista o artigiano volte ad eseguire lavori di riparazione o manutenzione di un bene gia’ esistente.
Una considerazione anche per la nozione di produttore. Se per la definizione di venditore non si pongono particolari problemi, bisogna ricordare che produttore non e’ solo colui che “fabbrica” il prodotto, ma anche chi vi apponga il proprio marchio cosicche’ andra’ chiarita la posizione dell’importatore cui, pur nel silenzio della normativa, non si vede motivo per escludere l’applicabilita’. In effetti la sua esclusione dal tenore letterale dell’art. 1519 bis solleva qualche perplessita’.
Particolare attenzione merita la nozione di “garanzia convenzionale ulteriore”, che puo’ definirsi garanzia commerciale aggiuntiva rispetto alle garanzie legali offerte dall’ordinamento, come impegno a riparare, sostituire il bene o rimborsare il prezzo pagato senza alcuna spesa supplementare per il consumatore.
Si noti che, paradossalmente, quest’ultimo aspetto potrebbe in definitiva danneggiare il consumatore stesso la’ dove, stabilendosi un costo anche minimo per la prestazione (come ad es. capita spesso per i prolungamenti di garanzia nella vendita di elettrodomestici), si finisca per sottrarre (talvolta anche in modo “malizioso”) la clausola alla disciplina protettiva di cui all’art. 1519 septies c.c.


La conformita’
L’art. 1519 ter stabilisce l’obbligo di consegnare “beni conformi al contratto di vendita”, obbligo che in sostanza rende inapplicabile l’art. 1477 c.c. per il quale la cosa dovrebbe essere consegnata nello stato di fatto in cui si trovava al momento della vendita.
Per difetto di conformita’ si intende qualunque specie di difetto, cioe’ sia vizi che mancanza di qualita’ che vendita di aliud pro alio. Ci si potrebbe domandare se vi rientrino anche i “vizi giuridici” del bene: orbene pare che questi si debbano escludere, in quanto sia i rimedi a favore del consumatore (riparazione e sostituzione) sia i criteri di valutazione della conformita’ (descrizione, modello, prestazioni del bene ecc.) fanno riferimento soltanto alle caratteristiche “materiali” del bene.
Il difetto di conformita’ puo’ derivare anche da imperfetta installazione, sia che questa prestazione (di facere) sia a carico del venditore, sia che venga rimessa al compratore in base ad istruzioni fornite dal venditore stesso. Pare scontato che la norma si applichi anche all’assemblaggio del prodotto. Trattandosi inoltre di obbligazione accessoria alla vendita, di carattere generale, si potrebbe ritenere la sua applicabilita’ anche in caso di erronee istruzioni relative alle modalita’ di utilizzo, conservazione e manutenzione del bene.
L’articolo in commento elenca poi le circostanze che devono sussistere per considerare conforme il bene; di tali circostanze (pur dovendo coesistere tutte insieme) alcune potranno essere escluse o dalla tipologia del prodotto o dall’accordo delle parti, che per contro potrebbero aggiungerne ulteriori. Riassumendo brevemente, sono requisiti (o circostanze) di conformita’ l’idoneita’ del prodotto all’uso cui e’ destinato, la sua conformita’ alla descrizione o al modello del bene presentati dal venditore, la conformita’ alle ragionevoli aspettative del …

consumatore oppure l’idoneita’ ad un uso particolare conosciuto ed accettato dalle parti.

Il 3° comma dell’articolo 1519 ter stabilisce che la disciplina protettiva non e’ invocabile ove il consumatore fosse a conoscenza del difetto o non potesse ignorarlo secondo l’ordinaria diligenza o il difetto stesso derivasse da istruzioni o materiali forniti dal consumatore medesimo.
Occorrera’ pero’ tener conto (aspetto purtroppo taciuto dalla norma in discorso) delle conoscenze e qualita’ personali del consumatore, secondo un’indagine da rimettere all’Organo giudicante.
Il momento in cui valutare l’effettiva conoscenza del difetto sara’ differente secondo le tipologie di vendita: quello dell’individuazione per la vendita di cosa generica; la consegna per beni che non si e’ potuto visionare al momento di concludere l’accordo contrattuale (e quindi il ritiro della merce non preclude al consumatore la possibilita’ di eccepirne i difetti, anche senza esprimere alcuna riserva sulle loro condizioni); il termine di scadenza del recesso per i contratti a distanza o fuori dei locali commerciali (in quanto solo in questo momento questi contratti acquistano un carattere di stabilita’ e definitivita’).


I rimedi ai difetti di conformita’
L’art. 1519 quater disciplina i rimedi adottabili in caso di difetti di conformita’ nel bene venduto. Il consumatore in tal caso puo’ richiedere la riparazione o sostituzione del bene, oppure la diminuzione del prezzo o la risoluzione del contratto, scegliendo una tra queste opzioni purche’ essa non sia oggettivamente impossibile od eccessivamente onerosa per la controparte, secondo i criteri indicati nell’articolo stesso, informati ad una sorta di bilanciamento delle opposte esigenze delle parti.
Ovviamente gravera’ sul consumatore l’onere di dimostrare che il difetto esisteva gia’ al momento della consegna del bene, che la denunzia e’ stata tempestiva e che il prodotto non e’ conforme; al contrario il venditore dovra’ dimostrare che il bene e’ conforme oppure che il difetto non e’ in qualche modo a lui riconducibile.
Si noti che la responsabilita’ del venditore e’ riconosciuta a prescindere da sue azioni od omissioni, solo per il fatto che e’ stata riscontrata un’anomalia della merce.
Esaminando le possibilita’ di rimedio, si noti che la riparazione (obbligazione di facere) e la sostituzione (obbligazione di dare) sono poste in primo piano: ratio della norma e’ di consentire al consumatore di ottenere anzitutto un risultato quanto piu’ possibile simile a quello ricercato con l’operazione contrattuale.
Se questo non e’ fattibile, con un criterio residuale, sono allora previsti gli altri rimedi della riduzione del prezzo o della risoluzione contrattuale, esperibili solo quando in sostanza non siano realizzabili i primi (entrambe e non solo uno di questi).
Questi ultimi rimedi configurano a favore del consumatore dei diritti potestativi, conferendogli la facolta’ di estinguere o modificare nel contenuto il rapporto contrattuale attraverso un atto unilaterale che potra’ essere una domanda giudiziale o una dichiarazione stragiudiziale.
Tale ripartizione rischia di accendere il contenzioso perche’ da un lato il consumatore, avendo perso per qualunque motivo fiducia nella controparte, potrebbe non gradire soluzioni che prevedano il mantenimento in qualche modo del rapporto contrattuale; d’altro canto non va trascurato il rischio di un ricorso eccessivo ed arbitrario a tali rimedi secondari fondati su motivazioni di scarso pregio e sulla scontata litigiosita’ che quasi sempre accompagna vertenze di tal genere.
Il problema pero’ si potrebbe superare se si considera che il consumatore potra’ chiedere immediatamente la risoluzione o riduzione di prezzo qualora da subito risulti per qualsivoglia motivo evidente l’impossibilita’ di utilizzare le altre soluzioni.
La scelta tra riparazione e sostituzione e’ rimessa alla decisione del compratore in ragione di limiti oggettivi (e quindi non lasciati alla eventuale “capricciosa” valutazione del singolo) di impossibilita’ od eccessiva onerosita’ dell’uno rispetto all’altro.
I rimedi principali dovranno essere esperiti entro un “congruo termine dalla richiesta” (senz’altro stragiudiziale): formulazione simile a quella dell’art. 1454 c.c. relativo alla richiesta di esatto adempimento di un’obbligazione in vista di una possibile risoluzione contrattuale. Lo stesso articolo fissa il termine in quindici giorni, ma non riteniamo che questo debba essere tassativo, bensi’ lasciato alla valutazione delle circostanze, se del caso anche ad opera del giudice.
In caso di sostituzione, dalla consegna del nuovo bene riprendera’ a decorrere la garanzia e nel caso in cui il prodotto non sia soddisfacente il compratore potra’ pretendere di nuovo l’applicazione dei rimedi di cui sopra; in particolare non solo una nuova riparazione o sostituzione, ma anche la riduzione di prezzo o la risoluzione e stavolta (vedasi la lettera c del comma 7°) in via diretta e non sussidiaria, e senza attendere l’esperimento di altri rimedi come si puo’ evincere dall’inciso “o” nel tenore letterale del testo. In altre parole in questa situazione i rimedi paiono concorrenti.
Anche in caso di riparazione, quando questa non comporti l’esito sperato il consumatore potra’ chiedere in concorso tutti i rimedi previsti, mentre si potra’ discutere se sorga una nuova garanzia in caso di sostituzione di un componente, solo con riguardo al componente stesso.
Il venditore ha l’obbligo di rimediare ai difetti del bene entro un congruo termine, da cui senz’altro decadra’ qualora rifiuti di intervenire in tal senso, secondo i principi generali in tema di obbligazioni.
Per quanto riguarda i rimedi sussidiari, in caso di riduzione del prezzo si determinera’ una parziale …

estinzione dell’obbligo di corrisponderlo oppure una parziale restituzione ove sia gia’ stato versato. Qualora il corrispettivo non consista in denaro ma in altri bene, se questi sono fungibili si concretizzera’ in una loro diminuzione; se infungibili in una somma corrispondente al minor valore del bene difettoso. Ovviamente si terra’ conto anche dell’eventuale uso del bene fatto dal consumatore prima di esperire il rimedio scelto.

In caso di risoluzione del contratto, tale rimedio operera’ (in considerazione della sua recettizieta’) nel momento in cui giungera’ a conoscenza del venditore, con scioglimento del rapporto ed eventuali obblighi di restituzione. La risoluzione non sara’ possibile in caso di difetto di lieve entita’, inteso in senso oggettivo.
Il venditore potra’ del resto offrire al compratore un rimedio alternativo rispetto quelli previsti, essendo comunque facolta’ del consumatore accettarlo o meno scegliendone un altro, entro un certo termine che tuttavia non viene specificato. Trattasi di fatto di una proposta di transazione, che sara’ destinata ad incidere sulla precedente situazione.


Il diritto di regresso
L’art. 1519 quinquies disciplina il diritto di regresso a favore del venditore. Questa fattispecie si potrebbe configurare come una responsabilita’ per inadempimento di un’obbligazione che grava su tutti i soggetti facenti parte della catena distributiva, di consegnare al venditore finale un prodotto privo di difetti.
Peraltro il tenore letterale della norma lascia spazio a dubbi interpretativi, quando stabilisce il diritto ad ottenere “la reintegrazione di quanto prestato”, ove per reintegra si dovrebbe intendere solo il risarcimento in forma specifica; in realta’ la norma va letta nel senso di consentire anche un regresso per equivalente a discrezione del venditore finale.
Il diritto al regresso e’ derogabile, potendo il venditore rinunciarvi, con una dichiarazione che si sostanziera’ in una remissione di debito eventuale e futuro. La relativa clausola, inserita in un contratto tra professionisti, necessitera’ di approvazione specifica per iscritto ex art. 1341 c.c.


Termini della garanzia
Secondo l’art. 1519 sexies il venditore e’ responsabile se il difetto si manifesta entro due anni (termine riducibile ad un anno in caso di vendita di bene usato) dalla consegna del bene, mentre il consumatore ha due mesi di tempo per denunciare la difformita’ a decorrere dalla scoperta del difetto stesso.
Il consumatore ha l’onere di denunciare tale vizio, salvo che esso non sia stato riconosciuto od occultato dal venditore, parallelamente a quanto previsto dall’art. 1495; e’ da ritenersi che la denuncia non sia necessaria anche in caso di mero silenzio del professionista. Il termine (di decadenza) entro il quale effettuare la denuncia non e’ modificabile a favore del venditore, considerata la nullita’ (ex art. 1519 octies) di ogni patto che limiti i diritti del compratore.
Per quanto riguarda la forma, la denuncia non e’ soggetta a particolari requisiti, potendosi concretare in qualunque dichiarazione idonea a portare la situazione a conoscenza della controparte e descrivere anche in modo sommario le anomalie lamentate nel prodotto.
Il 4° comma prevede un periodo di prescrizione di ventisei mesi (forse cosi’ calcolato per ricondurlo alla somma del termine per la denuncia con quello sino al quale e’ responsabile il venditore), decorrente dalla consegna del bene e non dalla scoperta del difetto, probabilmente per evitare di ancorare la prescrizione a variabili e circostanze incompatibili con quei criteri di certezza che devono caratterizzarla.


La garanzia convenzionale
L’art. 1519 septies disciplina la garanzia convenzionale, specificandone il contenuto e la forma.
Anzitutto occorre porre l’accento sul riferimento alla pubblicita’ commerciale del prodotto ed al suo tenore, anche rispetto alla dichiarazione di garanzia; in caso di difformita’ tra di esse, e’ da ritenersi prevalere la pubblicita’, in considerazione del valore ad essa attribuito dal consumatore al momento di concludere il contratto.
Secondo l’articolo in commento la garanzia deve anzitutto ribadire la sussistenza della tutela accordata ex lege al compratore del bene nonostante la sussistenza della garanzia medesima e poi deve rispondere a criteri di chiarezza e semplicita’ secondo un principio di favore per il consumatore oramai acquisito nel nostro ordinamento anche per altre materie. In caso di inosservanza di queste caratteristiche la garanzia non sara’ in qualche modo invalida, bensi’ comportera’ per il venditore l’obbligo di risarcire il danno eventualmente causato.
L’art. 1519 octies prevede la nullita’ di ogni accordo volto ad eliminare o limitare la tutela accordata al consumatore, se precedente alla comunicazione del difetto, al fine di impedire che preventivamente sia preclusa allo stesso la disciplina a lui favorevole, essendo valido e possibile qualunque accordo successivo, lasciato alla disponibilita’ delle parti nella misura in cui, dopo la denunzia di cui sopra, compratore e venditore decidano di trovare una soluzione transattiva. La nullita’ puo’ essere fatta valere solo a favore del consumatore ed e’ rilevata solo d’ufficio dal giudice, secondo una formulazione gia’ adottata dall’art. 1469 quinquies  c.c.
Ovviamente, anche secondo quanto stabilito dall’art. 1519 nonies, l’applicabilita’ della disciplina in oggetto non impedira’ al consumatore di servirsi di altre norme previste a suo favore. Ad esempio egli potra’ chiedere il risarcimento del danno ex art. 1494 c.c., oppure in caso di appalto o contratto d’opera il risarcimento secondo quanto previsto dalle rispettive discipline.

In caso di riparazione o sostituzione sorgera’ altra obbligazione di facere o dare che, se non adempiuta, sara’ nuovamente fonte di obbligo di risarcimento.

Si noti che il compratore potra’ esercitare tutti i rimedi solo per il fatto della mera esistenza del diritto, mentre in caso di applicazione dell’art. 1494 il venditore potra’ sottrarsi alla relativa obbligazione se dimostrera’ di aver ignorato senza colpa i vizi della cosa.
La riduzione del prezzo puo’ essere domandata anche sulla base delle norme relative alla garanzia dei vizi ex art. 1490 c.c., soprattutto in caso di vizio “facilmente” riconoscibile, laddove la possibilita’ di invocare anche solo “l’ordinaria diligenza” puo’ inibire l’applicazione dei rimedi previsti dalla presente disciplina.
Al consumatore potra’ essere anche attribuito il diritto di opporre l’inadempimento o di sospendere il proprio adempimento ex art. 1460 e seguenti del codice civile.

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