FOGGIA. A seguito dei recenti arresti di attivisti no global inquisiti dallaProcura di Cosenza per i reati di associazione sovversiva e propagandasovversiva, si sono mobilitati diversi esponenti della protesta telematicacome Isole della Rete (http://www.ecn.org) che hanno organizzato unnetstrike contro il sito del Ministero della Giustizia (www.giustizia.it),ben sapendo di andare incontro a conseguenze spiacevoli come nel caso diGianfranco Mascia (dei comitati BOBI e webmaster del sito www.igirotondi.it)e Mark Bernardini (del Gruppo di discussione telematico No Berluska)inquisiti ai sensi dell’art. 617 quater c.p. dalla Procura della Repubblicadi Bologna per aver, tra l’altro, divulgato l’iniziativa del GirotondoTelematico al sito del Ministero della Giustizia (www.giustizia.it) ilgiorno 20 febbraio 2002.E’ sicuramente una delle questioni piu’ interessanti che coinvolgono ilmondo telematico e di riflesso sicuramente quello giuridico, che non haancora fornito una chiara ed esaustiva risposta in materia. Stiamo parlandodella legittimita’ del netstrike cioe’ di quella forma di lotta virtualeintesa come una pratica di mobilitazione in Rete che consiste nell’invitareuna massa considerevole di utenti possessori di accessi Internet e browsersa “puntare” i propri modem verso uno specifico URL ad una precisa ora eripetutamente in maniera tale da “occupare” un sito web fino a renderloinutilizzabile almeno per la durata della mobilitazione.Naturalmente due sono le scuole di pensiero: c’e’ chi condanna la praticadel netstrike ritenendola illegittima in quanto palesemente in violazionedelle disposizioni di cui alla legge sulla criminalita’ informatica n.547/93 che ha previsto nuove figure di crimini informatici ed inparticolare, avuto riferimento a quanto previsto dall’art. 617-quater delc.p. e c’e’ chi, invece, sostiene la piena legittimita’ del netstrikefacendo leva sul carattere pacifico della manifestazione di dissenso che sirealizza attraverso una somma di azioni legittime consistenti nellanavigazione di uno stesso sito ad una determinata ora. Secondo questacorrente il riferimento all’art. 617 quater e’ improprio, in quanto bisognatener conto della vera ratio della norma.A questo punto non rimane che attendere le prime decisioni giurisprudenzialiin materia (che non mancheranno visto il massiccio ricorso a questa forma diprotesta negli ultimi tempi), senza pero’ lasciarci particolarmenteinfluenzare dalle prime sentenze che molto spesso rivelano l’impreparazionedei magistrati in questo delicato settore del diritto penale.
A seguito dei recenti arresti di attivisti no global inquisiti dalla Procura di Cosenza per i reati di associazione sovversiva e propaganda sovversiva, si sono mobilitati diversi esponenti della protesta telematica come Isole della Rete (http://www.ecn.org) che hanno organizzato un netstrike contro il sito del Ministero della Giustizia (www.giustizia.it), ben sapendo di andare incontro a conseguenze spiacevoli come nel caso di Gianfranco Mascia (dei comitati BOBI e webmaster del sito www.igirotondi.it) e Mark Bernardini (del Gruppo di discussione telematico No Berluska) inquisiti ai sensi dell’art. 617 quater c.p. dalla Procura della Repubblica di Bologna per aver, tra l’altro, divulgato l’iniziativa del Girotondo Telematico al sito del Ministero della Giustizia (www.giustizia.it) il giorno 20 febbraio 2002.
Napoli – E’ sicuramente una delle questioni piu’ interessanti che coinvolgono il mondo telematico e di riflesso sicuramente quello giuridico, che non ha ancora fornito una chiara ed esaustiva risposta in materia. Stiamo parlando della legittimita’ del netstrike cioe’ di quella forma di lotta virtuale intesa come una pratica di mobilitazione in Rete che consiste nell’invitare una massa considerevole di utenti possessori di accessi Internet e browsers a “puntare†i propri modem verso uno specifico URL ad una precisa ora e ripetutamente in maniera tale da “occupare†un sito web fino a renderlo inutilizzabile almeno per la durata della mobilitazione. Naturalmente due sono le scuole di pensiero: c’e’ chi condanna la pratica del netstrike ritenendola illegittima in quanto palesemente in violazione delle disposizioni di cui alla legge sulla criminalita’ informatica n. 547/93 che ha previsto nuove figure di crimini informatici. In particolare, secondo questa corrente dottrinaria la condotta del netstriker contrasta con quanto previsto dall’art. 617-quater del c.p. introdotto appunto dalla normativa del ’93, laddove prevede al primo comma che “Chiunque fraudolentemente intercetta comunicazioni relative a un sistema informatico o telematico o intercorrenti tra piu’ sistemi, ovvero le impedisce o le interrompe, e’ punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni. La condotta punita e’ da ravvedere in ogni attivita’ diretta a far cessare una comunicazione informatica o telematica gia’ iniziata (interruzione) ovvero in quella diretta a ostacolare l’inizio della comunicazione (impedimento)â€.
In entrambi i casi, la punizione e’ prevista a prescindere dell’effetto causato, sia esso definitivo o soltanto temporaneo. Inoltre, qualora la condotta non sia stata sufficiente a interrompere o impedire la comunicazione, ma abbia creato solo un «turbamento», potrebbe ravvisarsi l’ipotesi delittuosa prevista dall’articolo 660 c.p., che punisce con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a un milione di lire colui che “col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturboâ€. Per l’integrazione del reato, a dolo generico, e’ sufficiente la coscienza e volonta’ dell’interruzione o impedimento delle suddette comunicazioni e la consapevolezza di agire fraudolentemente a prescindere, quindi, dalle finalita’ nobili o meno della protesta.
Diversa e’ la posizione di chi sostiene la piena legittimita’ del netstrike facendo leva sul carattere pacifico della manifestazione di dissenso che si realizza attraverso una somma di azioni legittime consistenti nella navigazione di uno stesso sito ad una determinata ora. Secondo questa corrente il riferimento all’art. 617 quater ai fini della punibilita’ del netstrike non e’ sostenibile in quanto la ratio della norma e’ ben diversa, basta vedere che l’oggetto giuridico che la legge mira a tutelare e’ infatti costituito dalla segretezza delle comunicazioni relative ad un sistema informatico e telematico. La norma non proibisce, invece, forme di protesta del tutto legittime e pacifiche che hanno per di piu’ un effetto limitato nello spazio e nel tempo. Come sempre, ritengo che tra i due estremismi sia necessario trovare un giusto punto di equilibrio tenuto conto che indubbiamente la condotta del netstriker non e’ esente da colpe, ma che non sarebbe giusto criminalizzare in misura eccessiva un temporaneo attacco ad un sito internet che per quanto massiccio non porta ad alcun danneggiamento del sistema informatico ed e’ un fatto di una gravita’ irrisoria rispetto ad azioni ben piu’ decise e devastanti di pirati informatici specializzati. D’altro canto e questo non e’ un mistero, il riferimento a condotte di danneggiamento che abbiano ad oggetto altrui sistemi informatici o telematici, ovvero programmi, informazioni o dati di cui alle figure di reato previste dalla legge 547/93, trova il suo punto debole nel momento in cui e’ necessario dimostrare il dolo o la malafede dei presunti responsabili, che per le note caratteristiche della rete risultano tra l’altro difficilmente individuabili.
A questo punto non rimane che attendere le prime decisioni giurisprudenziali in materia (che non mancheranno visto il massiccio ricorso a questa forma di protesta negli ultimi tempi), senza pero’ lasciarci particolarmente influenzare dalle prime sentenze che molto spesso rivelano l’impreparazione dei magistrati in questo delicato settore del diritto penale.
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