Prezzi Pazzi Per I Nomi Di Dominio
PARIGI. Recentemente il sito francese di Le Journal du Net(http://www.journaldunet.com/cc/03_internetmonde/intermonde_domaines.shtml)ha pubblicato dei dati statistici davvero interessanti relativi allefrequenti transazioni commerciali che hanno per oggetto i nomi di dominio.Da tali dati si evince ad esempio che per arrivare ad accaparrarsi un sitodel calibro di business.com, dal novembre 1999 sono stati spesi 7,50 milionidi dollari dovuti ai vari passaggi di proprieta’. Seguono, a ruota, dominicome AltaVista.com, per un totale di 3,25 milioni, e nel decalogo dei piu’contrattati arrivano subito dopo loans, wines, autos, express, wallstreet,eflowers, forsalebyowner, drugs, tutti tassativamente .com.Oltre alle transazioni, il sito mostra interessanti dati relativi allecontroversie che coinvolgono i nomi di dominio. Secondo tali statistiche laclassifica internazionale sarebbe guidata dagli oltre 300 casi aperti negliStati Uniti, mentre in Italia sono 24 dall’inizio del 2002. I nomi didominio registrati, a luglio di quest’anno avevano raggiunto quota 30milioni circa e, tra questi, i suffissi .com erano oltre 21 mila. La quotadi siti registrati da residenti in Italia, privati, aziende e pubblici, e’pari a 530 mila (dati del marzo 2002 di NetNames).Con l’avvento del commercio elettronico, la materia dei nomi di dominio haassunto una rilevanza predominante in tutti i suoi aspetti siaamministrativi che giudiziari. La corsa ai nomi piu’ noti gia’ avviata intempi non sospetti, oggi come oggi ha assunto aspetti preoccupanti e cio’perche’ continua ad aver valore quel criterio base per la registrazione deinomi di dominio che e’ meramente cronologico cioe’ il first come, firstserved vale a dire che il nome di dominio e’ assegnato, indipendentementedal marchio, a chiunque lo richieda per primo, senza quindi fare alcunaindagine sulla legittimita’ o meno della richiesta. In tal modo puo’verificarsi la paradossale situazione che un’ azienda leader in undeterminato settore non possa utilizzare il proprio marchio su Internet, inquanto l’equivalente nome di dominio risulta gia’ registrato da terzi.Situazioni del genere si sono verificate diverse volte negli Stati Uniti edormai anche in Italia costringendo i titolari del marchio a notevoli esborsidi denaro.Indubbiamente il criterio poteva trovare il suo fondamento nel fatto che ilnome a dominio per quanto sia configurabile come un segno distintivo(nonostante un parte minoritaria della giurisprudenza sia contraria v. Trib.Firenze 29 giugno 2000) non puo’ e non deve essere confuso con il marchio.Difatti l’equiparazione al marchio, non e’ sostenibile in quanto diversisono i presupposti per la registrazione e diversa e’ anche la natura deidiritti che su di essi incidono (i domain names sono solo assegnati in uso).Ma ormai con lo sviluppo dell’e-commerce e quindi con la particolarerilevanza anche economica che puo’ assumere un nome di dominio, l’identificazione con il marchio ormai e’ una realta’ (deprecabile, ma lo e’),e gia’ la giurisprudenza ha piu’ volte confermato quest’orientamento (v.Trib. Genova 13 ottobre 1999; Trib. Napoli 26 febbraio 2002).
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