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SPAMMING: Messaggi Anonimi: Deplorevole gesto degli spammers

3 Dicembre 2002 Commenta

Lo spamming, si sa, cresce grazie alla continua raccolta su Internet di indirizzi di posta elettronica. Questa “materia prima” e’ talmente fondamentale (e redditizia) per gli spammers da incoraggiare altri siti non solo alla relativa pratica, ma anche all’utilizzo di strumenti volti a ingannare i normali navigatori.


Bologna – Secondo una notizia battuta dalla societa’ di ricerca Jupiter research, un navigatore americano medio ricevera’ nel nuovo anno piu’ di 2.200 messaggi non sollecitati (cioe’ spam) e circa 3.600 nel 2007. Gli incrementi di crescita indicati da questa azienda rispecchiano fedelmente la situazione attuale di violazione dei diritti alla riservatezza dei navigatori della rete.
Gli spammers (categoria di soggetti che dedica la propria attivita’ al continuo ingolfamento della rete con messaggi pubblicitari) persistono nella propria occupazione e cercano ogni giorno sempre nuovi strumenti per ingannare i (poco utilizzati, purtroppo) sistemi di filtraggio delle e-mail in arrivo. E’ ormai anche il caso di dire che e’ molto facile svolgere una simile attivita’, poiche’ in rete si trovano moltissimi soggetti che vendono milioni di indirizzi e-mail a prezzi accessibili. Sono proprio le coordinate di posta elettronica la “materia prima” per gli spammers. Senza di questa non potrebbero mai generare centinaia di migliaia di messaggi pubblicitari e, di conseguenza, non potrebbero mai guadagnarci sopra.
Ecco allora che si sta delineando in rete (il sito www.messaggianonimi.it ne e’ un esempio) un nuovo (e curioso) sistema per recuperare queste preziosissime informazioni: l’utilizzo del navigatore stesso. Per capire meglio di cosa si tratta, si puo’ schematicamente riassumere il procedimento in questi termini. Il sito “A” offre a un altro (sito “B”) la possibilita’ di inserire nella home page di quest’ultimo un piccolo form html, nel quale l’utente potra’ usufruire di un servizio di messaggistica anonima, fornito dal sito A. Come si evince dalla terminologia utilizzata, il surfer fara’ pervenire a un altro navigatore un messaggio anonimo. Fin qui tutto semplice. Il problema giuridico (ma anche etico da certi punti di vista) si realizza successivamente. Il destinatario del messaggio ricevera’, attraverso i server del sito A, una notifica di ricezione e, all’interno di questa, potrebbero essere contenute varie informazioni pubblicitarie, oltre alla lettura – ovviamente – del messaggio anonimo inviatogli.

Questa procedura consente a un qualsiasi navigatore di inviare messaggi anonimi (pratica lecita, perche’ rientrante nel piu’ generale diritto all’anonimato dell’individuo), ma attraverso un sistema che lo inganna, poiche’ e’ finalizzato molto probabilmente alla raccolta del suo indirizzo di posta e di quello dei destinatari, per finalita’ che e’ difficile non scorgere nella generazione di spam.


Analizzando l’attivita’ dei siti di messaggi anonimi (come si e’ visto poc’anzi), si potrebbe ritenere che essa implichi due distinte tipologie di spamming. La prima, originata dall’utente, e’ solamente marginale e meramente collegata al messaggio che il mittente vuol far pervenire al destinatario (la pubblicita’, come “prezzo” per l’utilizzo del servizio di anonimato). La seconda, invece, e’ la vera attivita’ di spamming, poiche’, qualora il sito A memorizzasse tutti gli indirizzi di posta elettronica dei destinatari e li utilizzasse per inviare materiale a scopo promozionale, vi sarebbe sicuramente un’attivita’ di spamming in senso stretto.
Per quanto concerne la prima tipologia, pero’, si puo’ notare che anch’essa e’ propriamente una attivita’ di spamming, (anche se realizzata in maniera originale – potrebbe dire qualcuno -, e cioe’ non mediante la spedizione diretta di materiale promozionale via e-mail). Se lo spamming consiste nel far pervenire a un ignaro utente pubblicita’ di beni e/o servizi, senza che questi ne abbia chiesto l’invio, dovrebbe essere indifferente il mezzo con il quale essa perviene. Dunque, ogni volta che ciascuno di noi e’ “costretto” a vedere un determinato tipo di pubblicita’, e’ leso il nostro diritto alla riservatezza.
Un commento, infine, sui c.d. anonimizzatori. Questi sono strumenti volti a rendere anonima o la navigazione su Internet o la spedizione di messaggi di posta elettronica. In particolare, quando questi software vengono utilizzati per rendere anonima la nostra corrispondenza, si crea – dal punto di vista giuridico – un “conflitto” fra il diritto all’anonimato e quello a non essere interferiti nella propria sfera di riservatezza. Questi due diritti rientrano nell’ambito della c.d. privacy e sono le due facce della stessa medaglia. Per dirla con le parole degli autori Miller e Weckert (“Privacy, the Workplace, and the Internet”, in Journal of Business Ethics, 2000, n. 28, pp. 255-263), la privacy e’ “il diritto a non essere interferiti e anche la facolta’ di escludere”. Ebbene, secondo la piu’ attenta dottrina, e’ dubbia la legittimita’ degli anonimizzatori, perche’ e’ necessario tutelare anche i dati personali di tutti i soggetti destinatari delle lettere anonime, che ben potrebbero opporsi a un simile trattamento (Cassano, “Internet e riservatezza”, in Internet, 2001, Padova, p. 26).

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