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Banche dati, Privacy: Le regole del registro informatico dei protesti non valgono per gli assegni.

19 Marzo 2003 Commenta

Roma – Note a Corte Costituzionale, sent. 70 del 12/03/2003: la Corte ha ribadito che e’ costituzionalmente legittimo l’art. 4, comma 1, della legge 12 febbraio 1955, n. 77, come sostituito dall’art. 2, comma 1, della legge 18 agosto 2000, n. 235, nella parte in cui esclude dalla disciplina della cancellazione del protesto (nel registro informatico di cui all’art. 3-bis del decreto legge 18 settembre 1995, n. 381, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 15 novembre 1995, n. 480) il traente di assegno bancario che, nel termine di sessanta giorni dalla levata del protesto, abbia pagato quanto portato dal titolo (e relativi oneri accessori e penale), in quanto nonostante i recenti interventi legislativi l’assegno bancario continua a rimanere un mezzo di pagamento mentre la cambiale e’ uno strumento di credito.
Di conseguenza in ossequio a quanto prescritto dall’art. 3 della Cost. nessuna censura puo’ essere mossa al legislatore che ha disciplinato diversamente due situazioni diverse.


Nel giudizio in esame la Corte Costituzionale e’ chiamata a giudicare sulla legittimita’ costituzionale dell’art. 4, comma 1, della legge 12 febbraio 1955, n. 77, come sostituito dall’art. 2, comma 1, della legge 18 agosto 2000, n. 235, nella parte in cui esclude dalla disciplina della cancellazione del protesto (nel registro informatico di cui all’art. 3-bis del decreto legge 18 settembre 1995, n. 381, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 15 novembre 1995, n. 480) il traente di assegno bancario che, nel termine di sessanta giorni dalla levata del protesto, abbia pagato quanto portato dal titolo (e relativi oneri accessori e penale), irrazionalmente discriminandolo rispetto al debitore cambiario che abbia provveduto al pagamento del proprio debito (e dei relativi oneri accessori) nel termine di dodici mesi dalla levata del protesto.
La questione e’ stata sollevata dal Giudice di Pace di Sansepolcro che ha ritenuto la stessa non manifestamente infondata con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.
Il registro informatico dei protesti rientra tra quei registri che dovranno permettere un sicuro ed efficiente interscambio di dati tra Pubbliche Amministrazioni, imprese e cittadini. Con il Decreto del Ministero dell’Industria, n. 316 del 9 agosto 2000, e’ stato emanato il Regolamento per l’attuazione del registro informatico dei protesti cosi’ come stabilito nella legge 15 novembre 1995, n. 480.

La realizzazione del Registro e la pubblicazione ufficiale dell’elenco dei protesti e’ affidata alle Camere di Commercio.
Determinati pubblici ufficiali “abilitati” dalle Camere di Commercio hanno il compito di redigere l’elenco dei protesti da loro levati e i rifiuti di pagamento e di trasmetterlo alle Camere di Commercio ed ai Tribunali di competenza.
L’innovazione rispetto al sistema precedente risiede nel fatto che questi elenchi possono essere redatti su supporto cartaceo, ma anche su supporto informatico e siglati attraverso l’apposizione della firma digitale, con evidenti risparmi in termini di tempi, garantendo un aumento della sicurezza, uno snellimento delle procedure (e quindi dei tempi e dei costi di registrazione), elementi che nel loro insieme consentono un complessivo incremento dell’efficienza dell’intero processo di trasmissione e di successiva archiviazione e consultazione dei protesti.
La consultazione del Registro Informatico e’ regolamentata dall’ art. 12 del Decreto 9 agosto 2000, n. 316; che, in sintesi, prevede:
– l’accesso pubblico (su scala nazionale) alle informazioni contenute nel Registro Informatico;
–  la possibilita’ di consultazione attraverso i terminali delle Camere di Commercio o di altri terminali collegati al sistema informativo camerale;
– la possibilita’ di effettuare ricerche e di ottenere certificazione dei risultati;
– l’estrazione di elenchi di protesti e rifiuti di pagamento in base a diversi criteri di ricerca.
Come per il Registro delle Imprese, la gestione e la regolamentazione delle possibilita’ di accesso al Registro dei Protesti e’ stato affidato dalle Camere di Commercio alla loro societa’ consortile Infocamere che ha predisposto specifici applicativi informatici per la gestione dell’interscambio dei dati fra il registro e tutti i soggetti che devono (quali i pubblici ufficiali e le autorita’ giudiziarie competenti) o vogliono (pubbliche amministrazioni, imprese, cittadini) accedere alle risorse informative del Registro dei Protesti.

Sono evidenti i riflessi di questo servizio camerale sul credito, sul buon nome commerciale, sulla fede pubblica. Non vi e’ istituto di credito che prima di accordare un fido o un mutuo non assuma informazioni sull’eventuale esistenza di protesti a carico del richiedente.

Allo scopo di accrescere il livello di certezza e di trasparenza dei rapporti commerciali, la pubblicazione e’ effettuata da parte della Camera di Commercio con l’inserimento dei protesti nel registro informatico, da effettuarsi nei dieci giorni successivi alla ricezione dell’elenco. La registrazione informatica, infatti, assicura completezza, omogeneita’ e tempestivita’ delle informazioni su tutto il territorio nazionale.
Ciascun protesto e’ conservato nel registro informatico per cinque anni dalla data di registrazione.
Ovviamente le notizie sui protesti cambiari sono messe a disposizione del pubblico mediante accesso al registro informatico per il tramite dei terminali delle Camere di Commercio e dei terminali (remoti) collegati ad InfoCamere.
Particolarmente interessanti per il caso di specie sono alcune norme che disciplinano il registro dei protesti. In particolare i pubblici ufficiali abilitati o le aziende di credito, quando si e’ proceduto illegittimamente ed erroneamente alla levata del protesto, devono avanzare richiesta di cancellazione.
Uguale istanza puo’ essere presentata da chiunque dimostri di aver subito la levata del protesto, al proprio nome, illegittimamente ed erroneamente.
Il Presidente della Camera di Commercio, accertata l’esistenza della illegittimita’ o dell’errore, provvede di conseguenza.


Il debitore che esegue il pagamento di una cambiale o di un vaglia cambiario, entro 12 mesi dalla levata del protesto, puo’ chiedere la cancellazione del protesto dal registro informatico, inoltrando formale istanza al Presidente della Camera di Commercio corredata dal titolo quietanzato e dall’atto di protesto o dalla dichiarazione di rifiuto di pagamento.

Il debitore che non e’ in grado di reperire il portatore del titolo puo’ produrre, al fine di ottenere la cancellazione del protesto, al posto del titolo quietanzato, un certificato di un’azienda di credito attestante il deposito dell’importo del titolo vincolato al portatore. Il Presidente provvede sull’istanza di cancellazione entro il termine di venti giorni dalla data di presentazione della stessa.

Su tale disposizione e’ intervenuta di recente anche una decisione del Garante per la tutela dei dati personali datata 8 aprile 2002 il quale ha chiarito che nel caso di riabilitazione ottenuta dall’interessato ai sensi dell’art. 17, comma 6 bis, legge 7 marzo 1996, n. 108, ad opera della Camera di Commercio (ma lo stesso discorso si poteva fare anche nel caso di tempestivo pagamento successivo al protesto, ovvero di fondata istanza che dimostri l’illegittimita’ o l’erroneita’ della levata) e quindi del diritto ottenuto alla cancellazione dal registro informatico dei protesti (art. 3 bis d.l. n. 381/1995) dei dati relativi al protesto cambiario, “che si considera a tutti gli effetti come mai avvenuto”, ai sensi della legge n. 235 del 18 agosto 2000, e’ da ritenersi del tutto ingiustificata la permanenza delle stesse notizie in altre banche-dati nel rispetto dei principi sanciti dalla normativa posta a tutela della privacy e tenuto conto anche delle esigenze di un’adeguata informazione sulla correttezza negli adempimenti.



Nel caso di specie il Giudice di Pace evidenzia che una simile tutela prevista dalla legge n. 235/2000 a favore di un debitore cambiario non viene estesa ingiustificatamente anche al traente di un assegno bancario il quale provvede alla regolarizzazione dello stesso nei termini previsti.



La Consulta in aderenza a quanto stabilito precedentemente per casi analoghi (con sentenza 26 giugno 1990, n. 317, e ordinanza 12 gennaio 1993, n. 14), ha dichiarato non fondata la questione di legittimita’ costituzionale e cio’ perche’ nonostante siano intervenute importanti disposizioni legislative (si pensi in particolare al decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507) che hanno indiscutibilmente avvicinato la disciplina dell’assegno bancario a quella della cambiale (disciplinata dal regio decreto 21 dicembre 1933, n. 1736 e dalla successiva legge 15 dicembre 1990, n. 386) permangono significative e strutturali diversita’ di disciplina dovute a scelte non irrazionali del legislatore.

In altri termini, secondo la Consulta l’assegno bancario continua a rimanere un mezzo di pagamento dal momento che – pur non costituendo piu’, in se’, illecito sanzionabile sul piano penale (art. 12 legge n. 386 del 1990) l’omessa o inesatta indicazione della data di emissione – l’assegno continua ad essere (art. 31 del r. d. n. 1736 del 1933) immediatamente presentabile per il pagamento ed al momento della presentazione deve sussistere la provvista. Lo stesso discorso non puo’ farsi ovviamente per la cambiale tipico strumento di credito.

Di conseguenza non e’ censurabile la diversita’ di trattamento prevista dal legislatore con riferimento a due situazioni diverse quale quella del traente di assegno bancario adempiente nel “termine di grazia” e quella del debitore cambiario adempiente nel “termine di grazia”.
Ovviamente in assenza di una violazione dell’art. 3 Cost. per aver diversamente disciplinato sul piano sostanziale situazioni diverse, non sussiste, di conseguenza, alcuna violazione dell’art. 24 Cost.

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