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La strada complessa dell’innovazione: La modernizzazione non si realizza per decreto.

17 Marzo 2003 Commenta

Milano – Il Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie Lucio Stanca nel corso del recente convegno organizzato dallo SMAU su “Italia e innovazione: una relazione possibile?”, ha dichiarato che il governo sta studiando misure permanenti per le piccole e medie imprese che utilizzano l’innovazione tecnologica al fine di accrescerne la competitivita’, ma anche le aziende devono fare la loro parte. Lo stesso Ministro ha sottolineato che “la modernizzazione non si realizza per decreto” e purtroppo l’attuale scenario e’ piuttosto preoccupante in quanto le aziende italiane sono avare di investimenti nell’Ict: il 70% non ha adottato specifiche applicazioni in rete perche’ le ritiene inutili, l’Italia e’ penultima in Europa nell’adozione del commercio elettronico (solo il 10% delle imprese vende i prodotti anche in rete) e i comparti di Industria e Distribuzione sono quelli con la minore conoscenza della Larga Banda.


Nel corso del convegno organizzato dallo SMAU il Ministro Stanca affronta in maniera decisa quello che e’ il vero problema del nostro paese sul fronte dell’innovazione tecnologica. Manca cioe’ una vera e propria coscienza sulla necessita’ di cambiare ed evolversi sia nell’ambito della P.A. che delle aziende private. E’ vero che esistono in Italia dei ritardi strutturali dell’ICT che richiedono, quindi, incentivi permanenti a sostegno dell’innovazione delle imprese, soprattutto quelle medie e piccole, ma e’ pur vero che  l’intervento del Governo e’ solo complementare e non risolutivo.
La causa principale dei problemi di sviluppo dei sistemi informativi delle organizzazioni aziendali sia private che pubbliche e’ costituita dalla totale mancanza di elasticita’ e quindi di capacita’ di affrontare le discontinuita’ organizzative e culturali.
In altri termini mancano le necessarie attenzioni e le competenze specifiche per affrontare i problemi di “change management”. Troppo spesso infatti il cambiamento viene affidato alla prassi dell’intervento normativo (decreti, regolamenti, circolari applicative, ecc…), pur nella generale consapevolezza che il funzionamento delle organizzazioni non si cambia per editto. Anzi, rovesciando i termini del problema, vediamo come l’ostacolo normativo (spesso enfatizzato come dato di realta’ pressoche’ immutabile) costituisca un cruciale fattore ostativo nella attuazione dei progetti.
E’ quindi indispensabile, per ottenere grandi trasformazioni, adeguare le procedure amministrative alle esigenze dell’informatizzazione.

Per risolvere quest’inerzia si potrebbero creare all’interno delle varie organizzazioni delle vere e proprie strutture formate da un nucleo di professionisti esterni o cresciuti all’interno della realta’ organizzativa in grado di supportare un Ente nei progetti di reingegnerizzazione dei processi e di implementazione del cambiamento organizzativo.
La “reingegnerizzazione” dei processi e delle attivita’ viene interpretata come il punto chiave per il miglioramento dell’organizzazione, finalizzato al raggiungimento degli obiettivi. Questa riprogettazione tende ad abbracciare il processo nella sua globalita’, intervenendo in genere su tutte le sue componenti (flussi operativi, organizzazione, risorse umane, tecnologie), dando origine a un insieme di interventi tra loro correlati.
Questa nuova visione modifica completamente il ruolo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Esse non sono piu’ soltanto o principalmente una delle componenti su cui intervenire, principalmente per la ricerca di efficienza delle operazioni ripetitive e a minor valore aggiunto, ma rappresentano soprattutto un insieme di opportunita’ per il cambiamento, che consentono non solo e non tanto di ridurre tempi, costi e risorse fisiche necessarie ma anche:
• l’introduzione di nuovi servizi;
• la modifica della natura e delle caratteristiche dei servizi esistenti;
• la modificare del flusso delle attivita’ operative;
• l’introduzione di nuove modalita’ di erogazione dei servizi e rapporto con i fruitori;
• il miglioramento della qualita’ dei servizi stessi.
In sostanza le tecnologie rendono possibile una revisione complessiva dei processi in tutte le loro componenti, da cui il loro ruolo di “fattore abilitante”. Spesso infatti la reingegnerizzazione ha preso spunto dall’esame delle possibilita’ che una nuova tecnologia poteva introdurre in una organizzazione.
Tipiche tecnologie utilizzate per la reingegnerizzazione dei processi sono:
• sistemi di gestione di base dati condivise: permettono l’acquisizione unica dei dati (evitando controlli e riconciliazioni dei dati) e il loro utilizzo simultaneo senza rischi per l’integrita’ dei dati stessi;
• sistemi di integrazione in rete e di telecomunicazione: permettono di decentrare le attivita’ senza rinunciare ai benefici della centralizzazione delle informazioni;

• sistemi di supporto alle decisioni e sistemi esperti: permettono di ricomporre nelle mansioni anche attivita’ decisionali, perche’ l’operatore dispone delle informazioni necessarie ed e’ aiutato dal sistema a prendere la decisione contestualmente, senza dover passare la richiesta a un decisore “fuori linea” (tipicamente, il capoufficio);
• sistemi di identificazione e “tracciatura” del flusso: permette, grazie all’introduzione di codici internazionali (per es. il codice a barre) e di apparati di identificazione (es. con tecnologie laser, come le penne ottiche), di utilizzare gli oggetti fisici come “portatori” di informazioni, e giungere all’eliminazione di attivita’ o all’introduzione di nuovi servizi.
Strettamente collegato a questo fenomeno della reingegnerizzazione e’ l’altro grosso problema dell’innovazione e cioe’ la formazione.
Diversi, per la verita’, sono i corsi ed i master organizzati nel campo delle nuove tecnologie, ma affinche’ un progetto di formazione possa considerarsi tale da sostenere un autentico cambiamento e’ necessario che faccia riferimento non ad una formazione tradizionale, in aula, concepita come trasmissione di conoscenze da chi sa a chi non sa, bensi’ ad una formazione che sia in grado di calarsi nella prassi, raccordare il “sapere” con il “saper fare” e con il “voler fare”.

Occorre legare strettamente la formazione che accompagna i progetti di cambiamento tecnologico ed organizzativo a target realistici e misurabili di implementazione del cambiamento stesso e di conseguente modifica dei comportamenti lavorativi.
Spesso, nelle gare d’appalto, la formazione resta un capitolo un po’ negletto: l’attenzione e’ quasi esclusivamente rivolta alla istruzione sull’uso delle nuove tecnologie e del nuovo software, mentre sfuma la rilevanza che puo’ avere la formazione nella strategia di gestione del cambiamento.

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