L’e-commerce rimane ancora al palo.
I risultati non sono confortanti, considerati i circa 1.400 siti di e-commerce spariti in un anno e con il 60% di quelli attivi che non compare nei motori di ricerca. E’ sparita anche una percentuale tra il 15 e il 20% dei posti di lavoro (e delle relative imprese) della net economy: sono stati resi pubblici i risultati dell’IBI – Internet Benchmarking Italia, il rapporto annuale relativo al 2002 su “numeri, fatti e tendenzeâ€, realizzato dal Distretto dell’Audiovisivo e dell’Ict e giunto ormai alla sesta edizione. Il rapporto analizza circa 18.000 siti, prendendo in esame, in particolare, le attivita’ produttive presenti su Internet (quante sono le aziende, come sono distribuite sul territorio nazionale, come hanno impostato la loro attivita’ on line, quali sono le caratteristiche e la struttura dei siti realizzati, quali esperienze hanno maturato, quali risultati, ecc.).
Risultati allarmanti, ma non eccessivamente preoccupanti, specie in un’ottica futura, quelli dell’IBI che trovano una motivazione evidente in un periodo piuttosto difficile che la net economy ha attraversato nel 2002, come un po’ tutta l’economia, a causa della negativita’ del ciclo degli investimenti e della stagnazione dei consumi. Se si aggiungono a tali difficolta’ di ordine economico anche la persistente mancanza di fiducia dei consumatori nei siti di e-commerce e le difficolta’ di ordine tecnico che spesso gli utenti incontrano nella navigazione si comprende il perche’ di un simile bilancio finale.
Ma lo stesso rapporto, per la verita’, lascia intravedere spiragli di ripresa che gia’ si sono visti agli inizi di quest’anno come l’introduzione delle tecnologie ICT favorita dal nostro Governo grazie all’incessante attivita’ del Ministero per l’Innovazione e le Tecnologie e la diffusione della banda larga. La stessa Finanziaria 2003 a conferma di tali orientamenti, presenta interessanti disposizioni a favore delle nuove tecnologie: in particolare l’art. 26 che prevede l’istituzione di un fondo per il finanziamento di progetti di innovazione tecnologica nelle pubbliche amministrazioni, l’art. 27 che prevede l’istituzione di un fondo speciale denominato “Pc ai giovani†e l’art. 89 che prevede incentivi per l’acquisto o il noleggio di ricevitori per la televisione digitale terrestre e per l’accesso alla larga banda principalmente per la connessione ad Internet.
La new economy, come e’ noto prende origine dagli Stati Uniti di America. L’Information Technology Communication ha oltre 40 anni di “esperienzaâ€, mentre in Europa e nel nostro paese e’ un giovane non ancora “maggiorenneâ€.
L’innovazione tecnologica e’ sotto certi aspetti per noi italiani un fenomeno tipo l’UE, che emana delle regole, e noi sempre pronti a recepirle accettandole (in quanto inevitabile). Infatti una delle prerogative del nostro paese e’ quella dell’adattabilita’. Preso atto, si e’ capaci immediatamente di calare il tutto in un contesto socio culturale, pronti a seguire gli indirizzi dell’Unione Europea, valutarne le normative e gli obblighi, per arrivare alle convergenze tecnologiche. Si spingono cosi’ le imprese a rivedere l’organizzazione (con ricadute sul prodotto e sulla comunicazione d’impresa), e a trovare un nuovo modello produttivo e organizzativo e strategie d’imprese verificabili in tempi stretti adeguate alle realta’.
Cio’ comporta inevitabilmente una reingegnerizzazione dei processi produttivi con inevitabili ripercussioni di change management.
Da questa analisi entriamo ai concetti ed al significato di nuova economia. La New economy considera tutte le attivita’ aziendali che fanno uso delle piattaforme di comunicazione quale mezzo principale per le transazioni e i contratti.
In sostanza si tratta di attivita’ o iniziative che convergono all’affermazione della rete delle reti (internet) quale canale di commercio, ponendo le aziende in condizione di non sfuggire all’utilizzo delle nuove tecnologie anche perche’ e’ un grosso ausilio al contenimento dei costi.
La New economy va verso la flessibilita’ del lavoro, con il part time, il lavoro temporaneo, il lavoro interinale ecc.
Certo affinche’ si possano sviluppare servizi quali il commercio elettronico, la formazione a distanza, la telemedicina, il telelavoro ecc. urge avere una rete di telecomunicazioni idonea alle esigenze del cittadino, ed in questo quindi sono giunte a proposito le disposizioni dell’ultima Finanziaria, anche se i fondi non sono affatto sufficienti.
Purtroppo in Italia, il commercio elettronico non riesce a trovare pieno sviluppo a causa di alcuni ostacoli piuttosto difficili da superare. Il primo di essi e’ la sicurezza dei sistemi di pagamento on line, purtroppo ancora non raggiunta. L’utilizzo delle carte di credito on line diventa spesso fonte di preoccupazione a causa delle numerosi frodi messe in atto da criminali informatici senza scrupoli. Diversi sono gli standards di sicurezza adottati, ma ancora il problema non puo’ definirsi completamente superato.
Altro ostacolo alla piena diffusione del commercio elettronico e’ rappresentato dalla famigerata firma digitale, originariamente prevista dall’abrogato D.P.R. n. 513/97, che ancora non ha trovato una completa regolamentazione di carattere tecnico e normativo. Solo ultimamente e’ stata annunciata la sottoscrizione da parte del Capo dello Stato del D.P.R. (adesso inviato alla Corte dei Conti) che disciplina in maniera dettagliata la firma elettronica (semplice, avanzata e qualificata) recependo integralmente la normativa comunitaria.
Imminente e’ anche la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del provvedimento che detta nuove regole per lo shopping on-line ai sensi dell’art. 31 della legge comunitaria del 1° marzo 2001 n. 39 che ha disposto le modalita’ della delega al Governo con riferimento all’attuazione della Direttiva n.31/2000CE (la c.d. Direttiva sull’e-commerce).
Con l’entrata in vigore, quindi, di questi nuovi provvedimenti, accompagnata da una maggiore diffusione e principalmente sicurezza delle nuove tecnologie di rete, si auspica per quest’anno una grossa ripresa della new economy.
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