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Lenta e inesorabile crescita dell’outsourcing.

28 Giugno 2003 Commenta

Outsourcing in tutte le sue forme tecnologiche, applicative e di processo: la presentazione dei risultati di un’indagine Assintel relativa al mercato, effettuata nei mesi di aprile e maggio 2003, intervistando i responsabili IT di 400 medie e grandi aziende italiane, è stato il tema di un convegno che si è tenuto lo scorso 25 giugno a Milano.
L’indagine ha rilevato che in Italia il mercato dell’outsourcing si sta lentamente affermando. Il fenomeno riguarda soprattutto il sistema delle medie e grandi imprese private e le grandi strutture della Pubblica Amministrazione. Anche se i tassi di crescita sono indicati sopra la media europea e vicini a quelli statunitensi, aggirandosi intorno al 10/15% annuo, il mercato totale e’ ancora modesto. Si stima che il giro d’affari intorno all’esternalizzazione di funzioni e di servizi di gestione delle attivita’ interne alle aziende sia stato di 4,5 miliardi di euro nel 2000 per arrivare a circa 8,5 nel 2005.

Buoni risultati, anche se non eccelsi, per quanto riguarda il mercato nazionale dell’outsourcing, specie se confrontati con la media europea. In effetti, a livello mondiale, i tassi di crescita dell’outsourcing sono elevati.
Gli analisti internazionali stimano che nel quinquienno 2000 – 2005 il valore raddoppiera’, per raggiungere, nel 2006, i 460 miliardi di dollari, dai circa 200 dell’anno 2000. Ma sia le dimensioni sia i trend di crescita sono estremamente eterogenei tra i diversi mercati. Esiste infatti una marcata differenza a livello regionale. Il mercato statunitense rappresenta circa un terzo del mercato mondiale dell’outsourcing in termini di fatturato, mentre l’Europa non raggiunge un sesto dell’intero valore. Negli USA il valore dell’outsourcing e’ passato da 72 miliardi di dollari del 2001 a circa 108 nel 2003. A livello europeo la dimensione di tale mercato e’ di molto inferiore, sia in relazione ad una minor propensione all’investimento in ICT da parte delle aziende, sia alla minore propensione delle aziende, presente in misura minore in Inghilterra e nel Nord Europa, ad affidare all’esterno parte o tutta la gestione del sistema che tratta i dati aziendali.
In realta’ anche in Italia sono presenti resistenze di tal genere, basti pensare alla recente contestazione del presidente della Fita (Federazione delle imprese del terziario avanzato, aderente a Confindustria) Ennio Lucarelli nei confronti dell’iniziativa di molte Regioni di costituire proprie societa’ allo scopo di esternalizzare i servizi interni, tra cui quelli informatici, per farne un business secondario. Dura presa di posizione, che tra l’altro, e’ intervenuta in un momento piuttosto delicato riguardo l’applicazione dell’outsourcing nella P.A., tenuto conto della creazione presso il Ministero della Funzione Pubblica di un gruppo di lavoro che tra i vari obiettivi ha proprio quello di definire le procedure standard dei capitolati e dei relativi criteri di valutazione con i quali la P.A. manifesti la sua volonta’ di esternalizzare alcuni servizi nonche’ quello di definire gli standard qualitativi e di costo dei servizi da dare in outsourcing in modo che siano competitivi sul mercato.

A prescindere comunque da tali contestazioni, talvolta legate a logiche politiche o di mercato, bisogna precisare che il ricorso all’outsourcing presenta comunque pro e contro.
Difatti specialmente in materia informatica, da un lato si ottengono indubbi vantaggi economici e semplificazioni operative, dall’altro si pone l’utente nel rischio di non poter piu’ controllare il proprio patrimonio informatico soprattutto se, in forza di successiva diversa determinazione, dovesse ripristinare il proprio sistema o trasferirlo ad altro fornitore. Questo, specialmente, quando si affidano all’esterno tutte le attivita’ di sviluppo e di gestione operativa delle strutture informatiche.
Il contratto di outsourcing nasce dall’autonomia negoziale e non essendo disciplinato nel codice, costituisce un negozio atipico destinato sicuramente a futuri sviluppi sia nel settore privato che in quello pubblico, in quanto tende a soddisfare al massimo le esigenze operative dell’utente. Proprio in considerazione di tali aspetti presenta delle indubbie complessita’ che richiederebbero una sufficiente regolamentazione specialmente nello specifico settore dei servizi pubblici.
La presenza di un’area a rischio, costituita appunto dagli effetti particolarmente negativi per l’utente che perde il controllo della propria attivita’, induce le parti a prevedere specifiche clausole relative alla possibilita’ di rientro o passaggio del servizio a terzi senza attriti o particolari difficolta’, di solito mantenendo nella disponibilita’ dell’utente alcune parti software che ne rafforzino la possibilita’ operativa pratica.
Il contratto in esame nasce come evoluzione di altra precedente figura affermatasi nella prassi, ovvero il cosiddetto facility management, attraverso il quale il contraente si impegna a fornire all’utente una serie di attivita’ di service e di sviluppo, con priorita’ per prestazioni di consulenza sistemistica, con possibili concessioni di licenze d’uso di software o connessi accordi di sviluppo.

Quanto alla sua natura giuridica, l’outsourcing viene generalmente inquadrato nell’ambito del  contratto di appalto caratterizzato dalla commistione di prestazioni di beni e servizi, essendo comprese nell’oggetto sia lo sviluppo di programmi che la fornitura di beni.
Parte della dottrina osserva che la complessita’ strutturale di un accordo di outsourcing non vieta che ad esso si applichi la disciplina dell’appalto, assorbendosi le ulteriori norme da applicare, secondo la prevalenza di uno piuttosto che di un altro profilo, il tutto pero’ senza lasciare priva di tutela le parti.

In realta’ secondo chi scrive e’ preferibile ribadire il carattere di contratto atipico dell’outsourcing, la cui disciplina viene per gli aspetti di maggiore rilievo dettata dalle parti e, solo per le fattispecie non previste, e’ possibile richiamare per analogia le norme sull’appalto. 
In materia di outsourcing, con riguardo al settore dell’informatica aziendale, sono stati elaborati nella prassi accordi negoziali molto diversi tra loro nel contenuto, tenuto conto della eterogeneita’ dei servizi che possono essere offerti, per cui si va dall’affidamento all’esterno di attivita’ specifiche a contenuto prevalentemente tecnico (codifica programmi, manutenzione impianti) al contenuto piu’ ampio costituito dalla delega di tutte le attivita’ di sviluppo e di gestione operativa delle strutture informatiche.
Per indicare quest’ultima ipotesi si usa l’espressione facilities management oggetto di particolare attenzione da parte della dottrina in quanto un simile accordo rappresenta la massima espressione dell’outsourcing che diviene il fulcro della vita e del futuro dell’impresa e quindi ne risultano esasperati gli aspetti positivi e quelli negativi.
Se da un canto l’impresa puo’ contare su una gestione altamente tecnologica e specializzata, d’altra parte essa e’ esposta a rischi notevoli in considerazione del grado di inevitabile indeterminatezza, tipico di tali rapporti a causa della lunga durata e del medesimo contesto tecnologico, soggetto a continua evoluzione, in cui si inseriscono.

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