Limiti alla liberta' di manifestazione del pensiero: Cinema e Internet a confronto.
Macerata – Sosteneva Voltaire che solo una societa’ libera di pensare e di esprimere le proprie idee puo’ ritenersi felice. La liberta’ di manifestazione del pensiero, riconosciuta come diritto fondamentale non solo dalla Costituzione italiana all’art. 21, ma anche dal diritto straniero ed internazionale, a partire dalla rivoluzione francese, e’ infatti, prima che un principio giuridico, un necessario strumento di valorizzazione della personalita’. Tuttavia non c’e’ liberta’ senza limitazione. “Una teoria della liberta’ come assenza di costrizione, per quanto cio’ possa apparire paradossale, non predica l’assenza di costrizione in tutti i casi.” Specie in un ordinamento giuridico che, come il nostro, vive di un equilibrio mutevole tra principi e valori. Anche la liberta’ di espressione, pur essendo pietra angolare della nostra democrazia, deve convivere con altre liberta’ che ne riducono la portata assolutista. Tuttavia, affermare che la liberta’ di espressione e’ intrecciata con il concetto di restrizione non significa considerare adeguati tout court gli strumenti o i criteri che l’ordinamento impiega per attuare il bilanciamento dei valori costituzionali. Soprattutto quando essi sembrano non garantire un corretto equilibrio tra liberta’ e costrizione. Si prendano, a mo’ di paradigma, due mezzi di comunicazione, la cinematografia e Internet. Nel primo settore vige una legge, la n. 161 del 1962, divenuta ormai anacronistica e inadeguata, che sottopone i film al nulla osta di commissioni di revisione, retaggio dell’epoca fascista. Le pellicole, infatti, prima di poter essere distribuite, sono sottoposte al controllo della conformita’ al buon costume, unico limite espresso alla liberta’ in questione, e della non offensivita’ alla salute psichica dei minori. Le commissioni di revisione possono, oltreche’ censurare il film, vietarne la visione ai minori di 18 o 14 anni. La storia della censura cinematografica, prima che astratte ragioni filosofiche, mostra che gli errori commessi hanno portato a mali ben piu’ grandi di quelli che avrebbe causato l’assenza di controllo preventivo. La liberta’, in questo caso, sembra essere pertanto il male minore. Si auspica che la ormai prossima discussione in Parlamento per una modifica della legge sia l’occasione per abrogare almeno il divieto generale alla visione. Nel caso di Internet l’originalita’ e la natura del mezzo hanno colto alla sprovvista le autorita’, che non riescono ad afferrare e gestire il fenomeno della rete. La natura interattiva ed universale della rete, l’immediatezza e la capillarita’ degli scambi informativi hanno reso inutili i classici sistemi di controllo, sia preventivi che repressivi, disorientando legislatori, giudici ed interpreti. Se l’America si dimostra piu’ incline alla liberta’ che al controllo (v. l’incostituzionalita’ per contrarieta’ al Primo Emendamento del Communication Decency Act nel 1996; v. la discussione in corso sulla legittimita’ del programma di filtraggio Children’s Internet Protection), l’Europa tenta una via piu’ tradizionalista, ancorata alla difesa della dignita’ umana e dei minori. La strada per una regolamentazione esaustiva e, soprattutto, garantista della liberta’ e’ ancora da percorrere. Si puo’ solo prevedere che essa avra’ come parametro la protezione dei minori dai contenuti nocivi e la lotta al razzismo, alla xenofobia e all’odio, attuate mediante la promozione dell’autoregolamentazione, delle tecniche di filtraggio e della sensibilizzazione all’uso corretto e sicuro della rete.]]>
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