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Open Source Nella P.A.: Si, Ma…..

18 Giugno 2003 Commenta

ROMA. Si e’ conclusa da poco l’Indagine conoscitiva sul software a codicesorgente aperto nella Pubblica Amministrazione, condotta dalla CommissioneMinisteriale promossa e costituita nel gennaio scorso da Lucio Stanca,Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie, con l’obiettivo di approfondirela conoscenza del fenomeno dell’open source al fine di consentire allaPubblica Amministrazione una corretta valutazione della possibilita’ del suoutilizzo. In sostanza i risultati sono stati buoni in quanto la Commissioneha valutato positivamente l’uso del codice informatico a sorgente aperta,open source nella Pubblica Amministrazione ma, contestualmente, ha dispostoche le scelte di soluzioni e di servizi siano effettuate solo sulla base diun’attenta analisi del rapporto tra costi e benefici.Dall’indagine della Commissione del MIT e’ emerso che nel 2001 la pubblicaamministrazione, centrale e locale, ha speso per l’acquisto di software 675milioni di euro; di questi, il 61% si e’ concentrato sullo sviluppo,manutenzione e gestione dei programmi custom, ossia sviluppati su commessaper una specifica amministrazione; il restante 39% e’ stato impiegato peracquistare licenze di pacchetti software.A proposito di quest’ultimo tipo di spesa, 63 milioni di euro sono statiutilizzati per i sistemi operativi (software per Pc, mini e mainframe);circa 30 milioni per la gestione di basi di dati (DBMS); 17 milioni di europer i prodotti di office automation. In sostanza, quindi, il maggior costodegli investimenti informatici della pubblica amministrazione vieneassorbito per i prodotti custom.Come e’ noto per software Open Source si intende un programma di cui e’possibile conoscere il codice sorgente, cioe’ la sua vera struttura, chenegli altri software e’ invisibile perche’ cancellata dalla compilazione inlinguaggio macchina. Questo tipo di software deve essere di liberadistribuzione, anche se non necessariamente gratis (ma nella maggior partedei casi lo e’), non deve presentare discriminazioni di utilizzo neiconfronti di determinate categorie di persone o di materie e deve essereliberamente modificabile da chiunque. Gia’ agli inizi del 2000rappresentanti dell’AIPA, del Ministero della Pubblica Istruzione, dell’ALCEI, e della rivista Interlex sostenevano che lo Stato era troppodipendente dai prodotti Microsoft contraddistinti da costi piuttostoelevati. In particolar modo si sosteneva che i prodotti “incriminati” eranosoggetti a rapidi aggiornamenti tra l’altro incompatibili con versioniprecedenti, cio’ imponeva come logica conseguenza degli onerosifinanziamenti per l’approvvigionamento di nuovo software. Con l’avvento,poi, di Internet la situazione peggiorava ulteriormente considerato ilricorso indiscriminato alle piattaforme di Bill Gates sia come browser checome programmi di gestione.Questo movimento con il passare del tempo si e’ ulteriormente organizzatofino alla nascita di una vera e propria associazione per la diffusione delsoftware aperto nella Pubblica Amministrazione denominata “AssociazioneOpenPA”.Le numerose attivita’ favorevoli all’introduzione del software open sourcenell’ambito della P.A. hanno prodotto gli effetti voluti ed il Ministero perl’Innovazione e le Tecnologie, resosi conto di questa importante realta’, hacostituito con decreto firmato il 31 ottobre 2002 una commissione di espertidenominata “Commissione per il software a codice sorgente aperto nellaPubblica Amministrazione”, con l’obiettivo preciso di procedere a un’analisidettagliata delle opportunita’ per le pubbliche amministrazioni derivantidal software open source.]]>

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