Privacy violata nel trasporto merci; La tecnologia non aiuta, anzi…
Rfid e’ un acronimo (Radio Frequency ID Devices) con cui si indicano dispositivi microscopici simili a microchip contenenti un identificativo (ad esempio, un numero di serie), che e’ possibile riconoscere attraverso un lettore compatibile funzionante in radiofrequenza.
Questi dispositivi suscitano un interesse crescente fra le imprese produttrici, perche’ offrono la possibilita’ di verificare i movimenti (magazzino, carico/scarico) dei singoli articoli in vendita e quindi di ottenere un’istantanea dei flussi merceologici. Tuttavia, essi comportano anche rischi per la privacy delle persone, poiche’ potenzialmente essi permettono di rintracciare (e monitorare) i singoli acquirenti degli articoli nei quali sono stati inseriti.
Proprio in considerazione di questi rischi potenziali, da alcune settimane si sono moltiplicate le segnalazioni relative a tali dispositivi; in particolare, Junkbusters, uno dei siti pro-privacy piu’ attivi negli USA, ha realizzato una pagina in cui informa sull’argomento e sulle prospettive di sviluppo dedicato esclusivamente al tema (dal punto di vista delle imprese produttrici).
I timori di Junkbusters ed altri organismi pro-privacy si appuntano, in particolare, sulla possibilita’ che questi dispositivi non si disattivino “automaticamente†una volta che il cliente lasci il perimetro del negozio (o del concessionario, o di un altro esercizio), come dichiarato dalle aziende che li producono.
In tal caso, essi consentirebbero di tenere traccia degli spostamenti della persona, soprattutto se quest’ultima avesse utilizzato per l’acquisto una carta di credito o uno strumento analogo, che permetta di associare le informazioni identificative del singolo oggetto con una persona determinata. Anche le prospettive di marketing che si aprono attraverso l’uso di dispositivi Rfid sono ovviamente infinite, soprattutto in considerazione della possibilita’ di inserirli su capi di abbigliamento e oggetti di uso personale.
Ormai e’ davvero dura la battaglia sul versante della privacy ed anche settori completamente al di fuori di ogni sospetto vengono coinvolti in aspre problematiche di non facile soluzione.
Il caso di specie e’ sempre legato all’adozione di nuove tecnologie che purtroppo non sempre vanno d’accordo con i principi basilari in tema di riservatezza.
Gia’ nella sua recente relazione sull’attivita’ del 2002 il Garante parla di un “corpo elettronico†della persona ripartito in diverse banche dati.
Difatti oggi le potenziali aggressioni del diritto all’identita’ personale non provengono esclusivamente da atti, fisici o immateriali, che comportano un’invasione della propria sfera privata. L’evoluzione tecnologica, infatti, se da un lato ha reso sempre piu’ semplici ed accessibili i meccanismi attraverso i quali la pretesa di solitudine dell’individuo tende ad essere compressa, dall’altro ha offerto forme di protezione e di prevenzione dalle intrusioni indesiderate che consentono di risolvere o quanto meno di attenuare in radice questo fenomeno. Cosicche’ diventa essenziale non tanto evitare che altri violino il pur diritto fondamentale di essere lasciati soli, quanto consentire che ogni individuo possa disporre di un agile diritto di controllo rispetto alle tante informazioni di carattere personale che altri possano aver assunto.
Difatti, nell’attuale era tecnologica le caratteristiche personali di un individuo possono essere tranquillamente scisse e fatte confluire in diverse banche dati, ciascuna di esse contraddistinta da una specifica finalita’. Su tale presupposto puo’ essere facilmente ricostruita la c.d. persona elettronica attraverso le tante tracce che lascia negli elaboratori che annotano e raccolgono informazioni sul suo conto.
Allo stato attuale sono evidenti, quindi, sia il timore che la semplificazione delle procedure e la dimensione globale delle reti informatiche possano tradursi in un appiattimento e svuotamento dei diritti delle persone fisiche e giuridiche, sia la consapevolezza della oggettiva utilita’ di tali strumenti che trascendono l’ambito nazionale sia la necessita’ di armonizzare quei diritti con la realizzazione di interessi pubblici e collettivi, dando attuazione, anche nel nostro ordinamento, alle applicazioni comunitarie in materia.
Il Garante e’ ben consapevole di queste diverse facce della stessa medaglia ed ultimamente sta ponendo la sua attenzione anche in altri settori particolarmente delicati collegati sempre alle nuove tecnologie come le manipolazioni genetiche e l’utilizzo dei sistemi biometrici nel campo della sicurezza.
Nel caso di specie, comunque, legato all’adozione di questi particolari dispositivi e’ necessario, in primo luogo, garantire che i clienti siano adeguatamente informati dell’esistenza di tali dispositivi negli articoli in vendita e cio’ nel rispetto di quanto prescritto dall’art. 10 della legge n. 675/96; in secondo luogo, le aziende produttrici, devono garantire l’effettiva disattivazione dei chip all’uscita dall’esercizio commerciale, oppure inserire i chip in elementi asportabili (ad esempio, l’etichetta o la targhetta ove e’ indicato il prezzo).
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