Presto in Gazzetta Ufficiale la Direttiva sull’open source nella P.A.
In dieci mesi si e’ completato definitivamente l’iter procedurale per introdurre una rivoluzione nell’informatica della Pubblica amministrazione italiana, aprendo la porta all’adozione di programmi software a codice sorgente aperto, ossia con la loro “mappatura genetica” ben evidente, e spianando la strada al riuso dei programmi nell’ambito delle varie amministrazioni pubbliche.
Il Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie Lucio Stanca, infatti, dinnanzi alla Commissione Parlamentare di Vigilanza sull’Anagrafe Tributaria, ha recentemente reso noto di aver appena firmato la Direttiva in materia di “Sviluppo dei programmi informatici da parte delle Pubbliche amministrazioni”, di prossima pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, che comportera’ vantaggi nella scelta dei programmi piu’ efficienti e convenienti, ma anche risparmi derivanti dalla condivisione conseguente al riuso all’interno delle amministrazioni pubbliche.
La Direttiva reca le regole ed i criteri tecnici per l’acquisto ed anche per il riuso del software nella Pubblica amministrazione ed indubbiamente l’inclusione di questa nuova tipologia d’offerta tra le soluzioni tecniche contribuisce ad ampliare la gamma delle opportunita’ e delle possibili soluzioni in un quadro di economicita’, equilibrio, pluralismo e aperta competizione.
L’atto e’ stato preceduto da una approfondita indagine conoscitiva, voluta a gennaio dallo stesso Ministro e condotta da un’apposita commissione tecnica che, per la prima volta, ha fotografato la situazione dell’ informatica e del software a codice sorgente aperto nella Pubblica amministrazione. Dall’indagine e’ emerso che nel 2001 la Pubblica amministrazione italiana ha speso 675 milioni di euro per il software (il 22% della spesa totale in tecnologie dell’informazione e della comunicazione): di questi il 61% e’ stato destinato al software realizzato specificatamente e il 39% per quello a licenza.
Come e’ noto per software Open Source si intende un programma di cui e’ possibile conoscere il codice sorgente, cioe’ la sua vera struttura, che negli altri software e’ invisibile perche’ cancellata dalla compilazione in linguaggio macchina. Questo tipo di software deve essere di libera distribuzione, anche se non necessariamente gratis (ma nella maggior parte dei casi lo e’), non deve presentare discriminazioni di utilizzo nei confronti di determinate categorie di persone o di materie e deve essere liberamente modificabile da chiunque.
Gia’ agli inizi del 2000 rappresentanti dell’AIPA, del Ministero della Pubblica Istruzione, dell’ALCEI, e della rivista Interlex sostenevano che lo Stato era troppo dipendente dai prodotti Microsoft contraddistinti da costi piuttosto elevati.
In particolar modo si sosteneva che i prodotti “incriminati†erano soggetti a rapidi aggiornamenti tra l’altro incompatibili con versioni precedenti, cio’ imponeva come logica conseguenza degli onerosi finanziamenti per l’approvvigionamento di nuovo software. Con l’avvento, poi, di Internet la situazione peggiorava ulteriormente considerato il ricorso indiscriminato alle piattaforme di Bill Gates sia come browser che come programmi di gestione.
Questo movimento con il passare del tempo si e’ ulteriormente organizzato fino alla nascita di una vera e propria associazione per la diffusione del software aperto nella Pubblica Amministrazione denominata “Associazione OpenPAâ€.
Le numerose attivita’ favorevoli all’introduzione del software open source nell’ambito della P.A. hanno prodotto gli effetti voluti ed il Ministero per l’Innovazione e le Tecnologie, resosi conto di questa importante realta’, ha costituito con decreto firmato il 31 ottobre 2002 una commissione di esperti denominata “Commissione per il software a codice sorgente aperto nella Pubblica Amministrazione”, con l’obiettivo preciso di procedere a un’analisi dettagliata delle opportunita’ per le pubbliche amministrazioni derivanti dal software open source.
La direttiva sull’open source prevede innanzitutto un’ analisi comparativa delle soluzioni in quanto dispone che le Pubbliche amministrazioni acquisiscano programmi informatici sulla base di valutazione comparativa tecnica ed economica tra le diverse soluzioni disponibili sul mercato, tenendo conto della rispondenza alle proprie esigenze, ma anche della possibilita’ di poter sviluppare programmi informatici specifici e del riuso da parte di altre amministrazione dei programmi informatici sviluppati ad hoc.
Tra le valutazione di tipo tecnico ed economico vanno contemperati anche il costo totale di possesso delle singole soluzioni e del costo di uscita, ma anche del potenziale interesse di altre amministrazioni al riuso dei programmi informatici.
Nel caso di acquisizione di programmi informatici di tipo proprietario mediante il ricorso a licenze d’uso, le amministrazioni si debbono contrattualmente assicurare che, qualora il fornitore non sia piu’ in grado di fornire supporto, il codice sorgente e la relativa documentazione vengano resi disponibili o almeno ceduti al fornitore.
Le Pubbliche amministrazioni nell’acquisto dei programmi informatici dovranno privilegiare le soluzioni che: assicurino l’interoperabilita’ e la cooperazione applicativa tra i diversi sistemi informatici della Pubblica amministrazione, salvo che ricorrano peculiari ed eccezionali esigenze di sicurezza e di segreto; rendano i sistemi informatici non dipendenti da un unico fornitore o da un’unica tecnologia proprietaria; garantiscano la disponibilita’ del codice sorgente per l’ispezione e la tracciabilita’ da parte delle Pubbliche amministrazioni; esportino dati e documenti in piu’ formati, di cui almeno uno di tipo aperto.
Nel caso di programmi informatici sviluppati ad hoc, l’amministrazione committente ne acquisisce la proprieta’ dato che ha contribuito con le proprie risorse all’identificazione dei requisiti, all’analisi funzionale, al controllo ed al collaudo del software realizzato dall’impresa fornitrice.
Le Pubbliche amministrazioni, inoltre, si assicurano contrattualmente la possibilita’ di trasferire la titolarita’ delle licenze dei programmi informatici acquisiti nelle ipotesi in cui all’amministrazione che ha acquistato la licenza ne subentri un’altra nell’esercizio delle stesse attivita’.
Per favorire il riuso dei programmi informatici di proprieta’ delle amministrazioni, nei capitolati e nelle specifiche di progetto dovra’ essere previsto che i programmi sviluppati ad hoc siano facilmente esportabili su altre piattaforme. Inoltre nei contratti di acquisizione di programmi informatici sviluppati per conto e a spese delle amministrazioni, le stesse includono clausole che vincolano il fornitore a mettere a disposizione servizi che consentano il riuso delle applicazioni.
Naturalmente l’attuazione della “Direttiva Stanca per l’open source” da parte della Pubblica amministrazione sara’ promossa dal Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione-CNIPA, che fornira’ gli adeguati supporti.
Lo stesso Ministro Stanca ha dichiarato che la direttiva, che porta l’Italia tra i primi Paesi al mondo a disporre di criteri in questo settore, prende in considerazione i significativi sviluppi delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione ed in particolare il processo di produzione, distribuzione ed evoluzione dei programmi informatici che si basa sulla disponibilita’ del codice sorgente aperto (open source) ed ha come scopo quello di fornire un indirizzo univoco relativo alla scelta delle soluzioni per le predisposizione e per l’acquisizione dei programmi informatici da parte delle Pubbliche amministrazioni.
Scritto da
Commenta!