Home » Focus del mese

Al via la seconda edizione del Corso di Alta Formazione in Diritto & Economia del Commercio Elettronico Internazionale

11 Febbraio 2004 Commenta

Sotto l’Alto Patrocinio del Ministero Attivita’ Produttive e con il patrocinio dell’Istituto per il Commercio Estero (ICE) e del Centro Estero Camere di Commercio di Puglia, il Centro Studi&Ricerche SCINT (http://www.scint.it) organizza, la Seconda Edizione del “Corso di Alta Formazione in Diritto&Economia del Commercio Elettronico Internazionale, finalizzato a trasmettere conoscenze e skills professionali a coloro che intendono proporsi come professionisti nella new-economy, al servizio di realta’ professionali-aziendali innovative e orientate verso nuovi mercati.

L’obiettivo del corso e’ fornire gli strumenti per affrontare e superare le criticita’ giuridico-aziendali dei mercati internazionali – reali e virtuali – consentendo di essere aggiornati sui temi piu’ attuali nel mondo dell’E-Business globale.
Il Corso intende trasmettere un modello di analisi e gestione avanzato della strategia d’impresa verso l’internazionalizzazione, quindi offrire ai partecipanti l’intero quadro delle problematiche esistenti in un processo di innovazione tecnologica o di sviluppo di mercato.
L’intento e’ quello di lavorare sulla complessa materia sia da una prospettiva strategico-aziendale, sia dal punto di vista giuridico, in maniera da poter acquisire una visione completa di tutti gli aspetti normativi ed organizzativi inerenti il fenomeno dell’E-business, delle pratiche e applicazioni in campo internazionale.
Gli insegnamenti, condotti da professori universitari e professionisti di altissimo livello, si caratterizzano per interdisciplinarieta’ e taglio pratico. Il progetto formativo ha una durata complessiva di 620 ore, compreso uno stage formativo-pratico da svolgersi presso aziende, Enti ed Istituzioni (in Italia e all’estero) coinvolti nell’iniziativa.
Il Corso aprira’ le porte dell’internazionalizzazione: dai contenuti digitali, all’economia globale, passando per le norme e le prassi internazionali, si creera’ un filo diretto con professionisti e imprenditori della new-global-economy, in grado di valutare progetti aziendali innovativi, capaci di studiare soluzioni di sviluppo su altri mercati o sul web, esperti nel prevenire i possibili problemi derivanti dall’utilizzo del Commercio Elettronico, attenti nel “porre rimedio” alle disfunzioni e criticita’ spesso incontrate, ma talvolta anche poste, dagli imprenditori.
I possibili sbocchi professionali sono tanti, certamente correlati alle mille sfaccettature del settore; esperti di normativa internazionale, consulenti per l’esportazione, valutatori di progetti aziendali innovativi, addetti presso organizzazioni e istituzioni internazionali o dedite alla promozione dell’import-export, responsabili della comunicazione aziendale su web, consulenti legali e progettisti: queste le principali opportunita’ che SCINT ha individuato (e riscontrato sui mercati) e cui fa riferimento la logica di insegnamento adottata.
Per ulteriori informazioni si puo’ contattare il Centro Studi SCINT.

La new economy prende origine dagli Stati Uniti di America. L’Information Technology Communication ha oltre 40 anni di “esperienza”, mentre in Europa e nel nostro paese e’ un giovane non ancora “maggiorenne”.
L’innovazione tecnologica e’ sotto certi aspetti per noi italiani un fenomeno tipo l’UE, che emana delle regole, e noi sempre pronti a recepirle accettandole (in quanto inevitabile). Infatti una delle prerogative del nostro paese e’ quella dell’adattabilita’. Preso atto, si e’ capaci immediatamente di calare il tutto in un contesto socio culturale, pronti a seguire gli indirizzi dell’Unione Europea, valutarne le normative e gli obblighi, per arrivare alle convergenze tecnologiche. Si spingono cosi’ le imprese a rivedere l’organizzazione (con ricadute sul prodotto e sulla comunicazione d’impresa), e a trovare un nuovo modello produttivo e organizzativo e strategie d’imprese verificabili in tempi stretti adeguate alle realta’.
Cio’ comporta inevitabilmente una reingegnerizzazione dei processi produttivi con inevitabili ripercussioni di change management.

Da questa analisi entriamo ai concetti ed al significato di nuova economia. La New economy considera tutte le attivita’ aziendali che fanno uso delle piattaforme di comunicazione quale mezzo principale per le transazioni e i contatti.
In sostanza si tratta di attivita’ o iniziative che convergono all’affermazione della rete delle reti (internet) quale canale di commercio, ponendo le aziende in condizione di non sfuggire all’utilizzo delle nuove tecnologie anche perche’ e’ un grosso ausilio al contenimento dei costi.
La New economy va verso la flessibilita’ del lavoro, con il part time, il lavoro temporaneo, il lavoro interinale ecc. Certo affinche’ si possano sviluppare servizi quali il commercio elettronico, la formazione a distanza, la telemedicina, il telelavoro ecc. urge avere una rete di telecomunicazioni idonea alle esigenze del cittadino.
La velocita’ della rete non e’ adeguata; vi e’ ancora il problema dell’ultimo miglio e il decongestionamento del traffico sulle linee telefoniche.
Ma le ultime notizie sul fronte governativo sono confortanti, difatti sia il Documento di programmazione economico-finanziaria 2003-2006 che l’ultima Finanziaria prevedono interessanti incentivi per lo sviluppo della Banda Larga e speriamo che sia la volta buona.
Ben diversa e’ la situazione oltre oceano, ad esempio attualmente gli USA concentrano circa i 4/5 delle attivita’ di commercio elettronico mondiale: per ciascuna delle principali categorie di contrattazione virtuale gli Stati Uniti detengono il 75% dei siti commerciali transattivi, seguiti a lunga distanza dal Canada: “malgrado lo sviluppo recentissimo di queste attivita’, sono gia’ sorte forme di regolamentazione spontanea riguardo agli standard tecnologici, ai criteri di validazione, alle Terze Parti Fidate, per garantire maggiore sicurezza a operatori economici e consumatori”.

Sicuramente ne’ l’Italia ne’ l’Unione Europea hanno raggiunto, nel commercio elettronico, un grado di sviluppo paragonabile a quello degli Stati Uniti, senz’altro il concorrente al quale fare riferimento, e non solo in termini statistici. Le ragioni sono molteplici: alcune di esse hanno natura, per cosi’ dire, funzionale, altre di tipo strutturale.

Per quanto riguarda il primo gruppo, anche se gli abitanti dell’Europa superano in numero quelli degli Stati Uniti, questi ultimi possono vantare un bacino di utenti potenziali di gran lunga superiori al nostro. Il primo motivo e’ di tipo linguistico: mentre negli Stati Uniti si parla una sola lingua, le lingue ufficiali della comunita’ europea sono molte, ragion per cui, al fine di poter raggiungere un numero di potenziali acquirenti almeno equivalente a quello americano, dovremmo predisporre i servizi in una miriade di lingue.
Da questo fatto discende il corollario che, anche se volessimo assumere l’inglese come lingua base dell’e-commerce anche in Europa, molte persone sarebbero titubanti ad effettuare transazioni in rete, data la scarsa padronanza della lingua in esame, riducendo ulteriormente il numero di persone teoricamente interessate al fenomeno.
Per quanto riguarda invece le ragioni di tipo strutturale, notiamo che il commercio in linea attuato da paesi membri dell’Unione Europea difficilmente si articola su una prospettiva internazionale. Se e’ vero, che alcuni articoli difficilmente potranno trovare la loro collocazione all’interno del mercato telematico, e’ anche altrettanto vero che in molti casi non si e’ neanche provato, o se li si e’ fatto, non ci siamo minimamente preoccupati di sfruttare quella che per tanti aspetti e’ la carta vincente di Internet: la sua globalita’.
Ma forse il motivo predominante che giustifica il notevole sviluppo del commercio elettronico negli Stati Uniti rispetto ai paesi europei e’ rappresentato dalla tradizione liberista statunitense che tende, in ogni caso, a favorire il commercio in tutte le sue forme.
Nell’ottobre del ’98 e’ stata varata l’Internet tax freedom Act, una legge che ha bloccato per tre anni (ed e’ stata successivamente rinnovata) ogni tassa o nuova regolamentazione governativa sul commercio elettronico. Nella seconda sezione della legge, che ritroviamo riassunta nel sito governativo del senato statunitense, si legge che “l’uniformita’, la semplicita’ e la correttezza sono necessarie per fare in modo che la tassazione sull’attivita’ che si svolge in Rete, non finisca per rallentare l’espansione del commercio on line.”
Assai diversa e’ la situazione in Europa che ha una posizione meno liberista degli Stati Uniti in quanto particolarmente preoccupata per la tutela della privacy.

Sin dagli inizi degli anni ’80, l’Unione Europea ha istituito una successione di programmi dedicati allo sviluppo di progetti che garantissero la costruzione di reti di comunicazione transeuropee: la gran parte di queste iniziative (ESPRIT, RACE, ACTS) sono orientati verso la ricerca e lo sviluppo, mentre altri cruciali strutture come TEDIS forniscono supporto al potenziamento dei sistemi EDI.
Nel 1994, in seguito alla richiesta del Consiglio Europeo, un gruppo di aziende europee di primaria importanza appartenenti al settore ICT (Information and Communication Technologies), hanno indicato la natura delle azioni specifiche da attivare in seno all’UE, al fine di accrescere e migliorare le infrastrutture informative europee: quattro delle dieci attivita’ raccomandate sono capaci di rafforzare definitivamente il settore del commercio elettronico europeo.

L’Italia, purtroppo, e’ ancora indietro nel campo della new economy sia da un punto di vista normativo (solo ultimamente sono stati emanati provvedimenti quali il Decreto Legislativo n. 70 del 9 aprile 2003 che ha dato attuazione alla direttiva n. 2000/31/CE relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della societa’ dell’informazione nel mercato interno, con particolare riferimento al commercio elettronico oppure il D.P.R. n. 137 del 7 aprile 2003 contenente il “regolamento recante disposizioni di coordinamento in materia di firme elettroniche a norma dell’articolo 13 del decreto legislativo 23 gennaio 2002, n. 10”) che da un punto di vista pratico, ma ed e’ questo l’aspetto importante a seguito anche degli inevitabili impulsi provenienti dall’Unione Europea e dai paesi mondiali piu’ evoluti, ormai nel nostro paese sta nascendo una coscienza tesa a favorire lo sviluppo di questi nuovi rapporti di natura economica ed e’ per questo che molte universita’, centri di ricerca, dovrebbero cavalcare il momento per preparare le nuove leve con corsi come quello del Centro Studi&Ricerche SCINT tendenti a formare nuove professionalita’ nei settori emergenti della new-economy.

Scritto da

Commenta!

Aggiungi qui sotto il tuo commento. E' possibile iscriversi al feed rss dei commenti.

Sono permessi i seguenti tags:
<a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>