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Lo spamming è il primo nemico dell’e-commerce

16 Febbraio 2004 Commenta

Piu’ della meta’ dei consumatori rinuncia a servirsi degli strumenti offerti dal commercio elettronico per timore di ricevere spam, e oltre l’80% chiede ai governi di imporre il consenso preventivo (opt-in) per l’invio di messaggi commerciali.
E’ quanto e’ emerso all’esito del seminario pubblico sullo spam organizzato dall’OCSE (organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici) ed ospitato a Bruxelles il 2 e 3 febbraio, dalla Commissione europea – Direzione Generale per la societa’ dell’informazione, che ha reso pubblici i risultati di un sondaggio on-line promosso dal TransAtlantic Consumer Dialogue (TACD), un organismo che riunisce 65 associazioni per la tutela dei consumatori in Europa e negli USA. Il sondaggio, che e’ stato effettuato fra settembre e dicembre 2003, ha riguardato 21.102 persone di 36 diversi Paesi. Attraverso un questionario on-line contenente 16 quesiti a risposta multipla sono stati saggiati gli umori ed i punti di vista dei consumatori in materia di spam.

Effetti devastanti dello spam che purtroppo continua ad imperversare nelle caselle di posta elettronica degli utenti di Internet. Dal sondaggio in argomento e’ risultato che i consumatori hanno indicato chiaramente di considerare lo spam un grave elemento di disturbo (96%), e addirittura l’84% ha chiesto di vietarlo espressamente per legge. E’ significativo che tali percentuali non varino in misura importante nei 36 Paesi presi in considerazione.
Soprattutto degna di nota e’ la netta preferenza accordata al consenso preventivo (opt-in) quale approccio da seguire per tutte le comunicazioni commerciali (82%), e all’uso di etichette per segnalare la natura del messaggio in arrivo (ad esempio: ADV per “Advertisement” nel campo “Oggetto” dei messaggi di posta elettronica); l’80% ha indicato di gradire tale soluzione. Che lo spam rappresenti un grave ostacolo allo sviluppo del commercio elettronico e’ dimostrato dal fatto che il 52% dei consumatori hanno detto di aver ridotto o rinunciato alle transazioni commerciali on-line per il timore di essere bersagliati successivamente da messaggi indesiderati. Inoltre, solo il 17% considera efficaci i filtri anti-spam oggi disponibili, anche se il 62% dichiara di farne uso. Oltre il 90% teme per la possibile esposizione dei minori ai messaggi di spam (che spesso hanno contenuto pornografico).
Lo spamming e’ ormai disciplinato nel nostro ordinamento dall’art. 130 del codice per la protezione dei dati personali che da’ piena attuazione al principio codificato nell’art. 13 della direttiva 2002/58 in base al quale l’uso di sistemi automatizzati di chiamata senza l’intervento di un operatore (dispositivi automatici di chiamata), del fax e della posta elettronica “a fini di commercializzazione diretta” e’ consentito solo “nei confronti degli abbonati che abbiano espresso preliminarmente il loro consenso” (c.d. opt-in).

L’art. 130 chiarisce che la disposizione riguarda l’invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale e si applica anche alle comunicazioni elettroniche effettuate, per le finalita’ appena indicate, mediante messaggi del tipo Mms (Multimedia Messaging Service) o Sms (Short Message Service) o di altro tipo.
Sempre in attuazione del medesimo art. 13 della direttiva, l’art. 130 stabilisce che se il titolare del trattamento utilizza, a fini di vendita diretta di propri prodotti o servizi, le coordinate di posta elettronica gia’ fornite dall’interessato nel contesto della vendita di un prodotto o di un servizio, puo’ non richiedere il consenso dell’interessato sempre che l’interessato, adeguatamente informato, non rifiuti tale uso, inizialmente o in occasione di successive comunicazioni. L’interessato, inoltre, deve essere informato della possibilita’ di opporsi in ogni momento al trattamento.
Si prevede, inoltre, il divieto di inviare comunicazioni per le finalita’ in esame o, comunque, a scopo promozionale, camuffando o celando l’identita’ del mittente o senza fornire un idoneo recapito presso il quale l’interessato possa esercitare i propri diritti.

Il problema dello spamming e’ stato innanzitutto affrontato in ambito comunitario e si deve riconoscere che le soluzioni adottate dai vari provvedimenti sono state diverse.
Difatti la Direttiva sul commercio elettronico 2000/31/CEE, di recente recepita dal nostro ordinamento, nell’ affrontare all’art. 7 il tema della comunicazione commerciale non sollecitata esige dal destinatario un comportamento attivo di rifiuto preliminare stabilendo l’onere di inclusione delle persone fisiche all’interno di registri «negativi» che le societa’ di  telemarketing sono obbligate a consultare, prima dell’invio della comunicazione commerciale non sollecitata. E’ questo il principio dell’opt-out che prevede appunto l’onere di iscriversi in determinati registri c.d. orange-books  per non ricevere la posta non sollecitata.
Al contrario la direttiva 2002/58/CE ha recepito, quale sistema di regolamentazione del problema, il principio secondo cui l’invio di messaggi di posta elettronica di carattere pubblicitario e’ subordinato all’espresso consenso dell’interessato (“opt-in”).
In particolare secondo tale principio esiste un onere a carico del “sollecitatore telematico” in quanto il destinatario deve essere messo in grado di identificare immediatamente, con una dicitura particolare sulla “busta” della posta elettronica, la comunicazione commerciale non sollecitata, senza doverla aprire.
In sostanza, la comunicazione commerciale non sollecitata deve potersi distinguere dalle altre comunicazioni che il destinatario riceve al proprio domicilio informatico, con la facolta’ di poter cestinare il messaggio senza doverlo leggere. Naturalmente la presenza della accettazione espressa del messaggio non sollecitato non esime il mittente dall’indicare con precisione l’indirizzo a cui inviare eventuali doglianze.

Il nostro Garante ha espresso un positivo avviso in ordine alla predetta opzione (v. Newsletter 12 – 18 febbraio 2001). D’altronde, come chiarito dall’Autorita’ nel corso del 2002, le precedenti disposizioni: legge 675/1996 (art. 11), il d.lgs. 171/1998 (art. 10) ed il d.lgs. 185/1999 (art. 10, comma 1) gia’ riconducevano la fattispecie in esame alla regola del consenso preventivo ed esplicito che e’ stata confermata dal nuovo codice in materia di protezione dei dati personali.

In particolare il fenomeno e’ disciplinato dall’art. 10 del d.lgs. n. 171/98 (Disposizioni in materia di tutela della vita privata nel settore delle telecomunicazioni, in attuazione della direttiva 97/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, ed in tema di attivita’ giornalistica).
La norma per la verita’ non e’ molto chiara, difatti testualmente dispone che “L’uso di un sistema automatizzato di chiamata senza intervento di un operatore o del telefax per scopi di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta, ovvero per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale interattiva, e’ consentito con il consenso espresso dell’abbonato”. Comunque, anche se manca un esplicito riferimento ai messaggi di posta elettronica, il collegamento al telefax ed ad un sistema automatizzato di chiamata autorizza un’agevole interpretazione estensiva della stessa norma, che implicitamente diventa comprensiva sia dei messaggi sms che della posta elettronica. Piu’ nello specifico, con particolare riguardo ai contratti a distanza, e’ applicabile l’art. 10 del d.lgs. n. 185/99 che ha recepito la direttiva n. 97/7/CE e testualmente dispone che “L’impiego da parte di un fornitore del telefono, della posta elettronica, di sistemi automatizzati di chiamata senza l’intervento di un operatore o di fax, richiede il consenso preventivo del consumatore”.
In senso conforme, il Garante si e’ espresso in occasione di diverse decisioni adottate in merito ai ricorsi presentati da alcuni utenti, ai sensi dell’ art. 29 della legge 675/1996 (Provvedimenti del 25 giugno, 25 luglio e 30 settembre 2002). Accertata la fondatezza delle pretese dei ricorrenti l’Autorita’ ha provveduto a bloccare le banche dati delle relative societa’ che avevano inviato numerose e-mail pubblicitarie e promozionali senza aver acquisito, in via preventiva, il consenso informato degli interessati.
Addirittura in un recente provvedimento datato 29 maggio 2003 che ha per oggetto lo spamming a fini di profitto, il Garante ha puntualizzato che inviare e-mail pubblicitarie senza il consenso del destinatario e’ vietato dalla legge. Se questa attivita’, specie se sistematica, e’ effettuata a fini di profitto si viola anche una norma penale e il fatto puo’ essere denunciato all’autorita’ giudiziaria.
Infine, in caso di reiterata violazione di tali disposizioni e’ previsto che il Garante possa prescrivere ai fornitori dei servizi di adottare procedure di filtraggio o altre misure praticabili relativamente alle coordinate di posta elettronica da cui sono stati inviate le comunicazioni.

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