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Software: Brevetto O Copyright?

8 Marzo 2004 Commenta

MILANO. Il 16 marzo la Sala Orlando di Palazzo Castiglioni di Milanoospitera’ il convegno “Il Futuro del software tra brevetto e copyright”,organizzato da Assintel in collaborazione con l’Unione del Commercio, delTurismo, dei Servizi e delle Professioni della provincia di Milano e laCamera di Commercio di Milano.Assintel (www.assintel.it) propone dunque un momento diinformazione/riflessione sull’argomento, presentando un quadro aggiornatodella situazione internazionale e italiana, e focalizzando l’attenzionesulle esigenze, le aspettative e le problematiche legate all’eventualeadozione del Brevetto o del Copyright. Al convegno, presentato da IgnazioRusconi Clerici, Presidente Assintel, e moderato da Giovanni Bastianelli,nuovo Segretario Generale Assintel, parteciperanno i rappresentanti diUniversita’ Cattolica di Milano, della Camera di Commercio di Milano,dell’Universita’ di Padova, dell’Universita’ degli Studi di Milano e diNomostudi. Asca, Agenzia Stampa Quotidiana Nazionale, e’ media partnerdell’evento. Tra i temi trattati, la brevettabilita’ del software in Italiae in Europa; il brevetto software: l’esperienza statunitense e giapponese;Copyright vs Brevettabilita’ software: un’analisi della Direttiva europea;PMI e brevetto: sostenibilita’ economica e organizzativa. La partecipazionee’ gratuita.Nonostante diversi interventi legislativi e giurisprudenziali che hannocontraddistinto non solo l’Italia ma anche tanti altri paesi dell’UnioneEuropea, mai e’ stato sopito il grande dibattito sulla effettiva naturagiuridica del software e sulla sua tutelabilita’.La dottrina dominante del nostro paese ha sempre affermato che il valore delsoftware, anche dal punto di vista giuridico, non sta nel supporto su cui e’registrato, ma nel suo contenuto creativo-ideativo; il pericolo che corre ilsuo autore non e’ tanto quello che gli sia sottratto quel supporto, ma chequel contenuto (nella maggior parte dei casi frutto d’anni di lavoro) siaplagiato da altri (BORRUSO).La tutela giuridica del software, di conseguenza, non puo’ essere assicuratadalle norme civili e penali che difendono la proprieta’ o il possesso dibeni materiali ma da altri specifici strumenti.Se da un lato, i produttori di software hanno fatto e continuano a farericorso a difese di carattere tecnico e commerciale, quali l’uso di”trappole” difensive di carattere elettronico, sistemi di protezione fisicadel programma e l’adozione di particolari politiche di distribuzione, dall’altro si e’ cercato di trovare nell’ambito del diritto quelle misure idoneea garantire le energie intellettuali investite nell’attivita’ diprogrammazione contro le altrui illecite appropriazioni (ALPA).Tra gli strumenti giuridici utilizzabili a questo fine alcuni, quali leprevisioni appositamente inserite nel contratto tra fornitore ed utente alloscopo di disciplinare l’utilizzazione del programma e gli obblighi difedelta’ sanciti a carico del prestatore di lavoro dall’art. 2105 c.c.,presentano lo svantaggio di apprestare una tutela puramente obbligatoria,limitata, in pratica, alla diretta controparte del rapporto contrattuale edinoperante nei confronti di terzi estranei; analoghi limiti soggettivicircoscrivono sensibilmente l’operativita’ e l’efficacia dei rimedirintracciabili nell’ambito della normativa dedicata al segreto industriale(art. 623 c.p.) ed alla concorrenza sleale. Tale obiettivo condizionamentoha indotto i giuristi a privilegiare, nella ricerca di una soluzioneadeguata, l’area dei diritti di privativa (i soli in grado di garantire unatutela erga omnes) previste per le creazioni intellettuali. La conseguenzadi tale impostazione e’ stata che l’intero dibattito nazionale sullaprotezione giuridica del software ha oscillato, fin dalle sue prime battute,fra due poli: quello della disciplina dei brevetti da un lato, e del dirittod’autore dall’altro, quali classiche forme di tutela della proprieta’intellettuale.

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Software: brevetto o copyright?

8 Marzo 2004 Commenta

Nuove prospettive di tutela a seguito del via libera europarlamentare alla relazione sulla direttiva per la brevettabilita’ delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici.
Non si discute di altro nel campo della produzione e distribuzione dei programmi informatici: il 16 marzo la Sala Orlando di Palazzo Castiglioni di Milano ospitera’ il convegno “Il Futuro del software tra brevetto e copyright”, organizzato da Assintel in collaborazione con l’Unione del Commercio, del Turismo, dei Servizi e delle Professioni della provincia di Milano e la Camera di Commercio di Milano.
Assintel 
propone dunque un momento di informazione/riflessione sull’argomento, presentando un quadro aggiornato della situazione internazionale e italiana, e focalizzando l’attenzione sulle esigenze, le aspettative e le problematiche legate all’eventuale adozione del Brevetto o del Copyright.
Al convegno, presentato da Ignazio Rusconi Clerici, Presidente Assintel, e moderato da Giovanni Bastianelli, nuovo Segretario Generale Assintel, parteciperanno i rappresentanti di Universita’ Cattolica di Milano, della Camera di Commercio di Milano, dell’Universita’ di Padova, dell’Universita’ degli Studi di Milano e di Nomostudi. Asca, Agenzia Stampa Quotidiana Nazionale, e’ media partner dell’evento. Tra i temi trattati, la brevettabilita’ del software in Italia e in Europa; il brevetto software: l’esperienza statunitense e giapponese; Copyright vs Brevettabilita’ software: un’analisi della Direttiva europea; PMI e brevetto: sostenibilita’ economica e organizzativa. La partecipazione e’ gratuita.

Ormai nel campo specifico della produzione e distribuzione dei programmi informatici non si discute di altro e cioe’ delle nuove prospettive di tutela a seguito del via libera europarlamentare alla relazione sulla direttiva per la brevettabilita’ delle invenzioni attuate per mezzo di elaboratori elettronici.
In effetti nonostante diversi interventi legislativi e giurisprudenziali che hanno contraddistinto non solo l’Italia ma anche tanti altri paesi dell’Unione Europea, mai e’ stato sopito il grande dibattito sulla effettiva natura giuridica del software e sulla sua tutelabilita’. La proposta di direttiva UE, che in effetti rivede (in parte) quanto gia’ stabilito in precedenti interventi comunitari, costituisce un’ampia conferma di quanto sopra sostenuto.
La dottrina dominante del nostro paese ha sempre affermato che il valore del software, anche dal punto di vista giuridico, non sta nel supporto su cui e’ registrato, ma nel suo contenuto creativo-ideativo; il pericolo che corre il suo autore non e’ tanto quello che gli sia sottratto quel supporto, ma che quel contenuto (nella maggior parte dei casi frutto d’anni di lavoro) sia plagiato da altri (BORRUSO).

La tutela giuridica del software, di conseguenza, non puo’ essere assicurata dalle norme civili e penali che difendono la proprieta’ o il possesso di beni materiali ma da altri specifici strumenti.
Se da un lato, i produttori di software hanno fatto e continuano a fare ricorso a difese di carattere tecnico e commerciale, quali l’uso di “trappole” difensive di carattere elettronico, sistemi di protezione fisica del programma e l’adozione di particolari politiche di distribuzione, dall’altro si e’ cercato di trovare nell’ambito del diritto quelle misure idonee a garantire le energie intellettuali investite nell’attivita’ di programmazione contro le altrui illecite appropriazioni (ALPA).

Tra gli strumenti giuridici utilizzabili a questo fine alcuni, quali le previsioni appositamente inserite nel contratto tra fornitore ed utente allo scopo di disciplinare l’utilizzazione del programma e gli obblighi di fedelta’ sanciti a carico del prestatore di lavoro dall’art. 2105 c.c., presentano lo svantaggio di apprestare una tutela puramente obbligatoria, limitata, in pratica, alla diretta controparte del rapporto contrattuale ed inoperante nei confronti di terzi estranei; analoghi limiti soggettivi circoscrivono sensibilmente l’operativita’ e l’efficacia dei rimedi rintracciabili nell’ambito della normativa dedicata al segreto industriale (art. 623 c.p.) ed alla concorrenza sleale.
Tale obiettivo condizionamento ha indotto i giuristi a privilegiare, nella ricerca di una soluzione adeguata, l’area dei diritti di privativa (i soli in grado di garantire una tutela erga omnes) previste per le creazioni intellettuali. La conseguenza di tale impostazione e’ stata che l’intero dibattito nazionale sulla protezione giuridica del software ha oscillato, fin dalle sue prime battute, fra due poli: quello della disciplina dei brevetti da un lato, e del diritto d’autore dall’altro, quali classiche forme di tutela della proprieta’ intellettuale.
In ambito internazionale, il paese che per primo ha risolto la questione della tutela dei programmi per elaboratore sono stati gli U.S.A. che con il  “Computer Software Copyright Act” del 12 dicembre 1980, prevedendo la registrabilita’ dei programmi, hanno considerato gli stessi opere d’ingegno e non invenzioni, in quanto privi dei requisiti necessari di novita’ ed originalita’.
Piu’ in particolare negli USA, secondo un indirizzo dottrinale al quale fu dato il nome di “copyright approach”, si ritenne che i programmi per elaboratore potessero essere qualificati come “literary works” e, quindi, protetti con le stesse norme in tema di copyright. In seguito numerosi paesi (Germania, Francia, Regno Unito) hanno seguito la stessa via segnata dagli USA emanando delle leggi a tutela dei programmi per elaboratore.

In Italia, in particolare, prima del d.lgs. n. 518/92 (che ha modificato la legge n. 633/41) con il quale in aderenza all’indirizzo comunitario e’ stata privilegiata la soluzione del diritto d’autore, il problema della tutela del software era stato affrontato esclusivamente sotto il profilo giurisprudenziale.
In sostanza, la lacuna della legge era colmata, anche se in maniera non pacifica, ricorrendo analogicamente alla disciplina per la tutela del diritto d’autore; in un primo momento, infatti, la questione era stata esaminata e risolta in modo contrastante con riferimento al fenomeno dei videogames.


La prima decisione sul tema e’ stata quella della Pretura di Torino, che, con ordinanza 25 maggio 1982, aveva seguito la strada della concorrenza sleale, escludendo che si vertesse in materia coperta dalla normativa a tutela del diritto d’autore, negata a creazioni prive di pregio artistico.
Il problema pero’ avrebbe trovato definizione compiuta in una successiva sentenza del Tribunale di Torino, 15 luglio/17 ottobre 1983, che, decidendo in sede di appello, ripudiava la tesi seguita dal Pretore di quella citta’ e qualificava i videogiochi come un tipo particolare di opera cinematografica. La sentenza, dopo un’attenta analisi della fattispecie (con una chiara ed esauriente descrizione dell’hardware e del software dei videogiochi ed un analitico procedimento di confronto fra gli originali e le copie) e dopo aver accennato alle diverse tesi prospettate in dottrina, affrontava il problema specifico ed affermava: “Il videogioco (o videogame), consistente in un programma elettronico (software) memorizzato in un piccolo elaboratore idoneo a visualizzare su schermo luminoso una trama di gioco mediante originali personaggi animati, costituisce un’opera dell’ingegno di carattere creativo assimilabile all’opera cinematografica…. L’opera cinematografica, disciplinata dalle norme sul diritto d’autore, e’ un genus al quale appartengono, non solo i films, ma anche altre forme di rappresentazione, qualunque ne sia la tecnica di realizzazione e la forma di espressione. Oggetto della tutela prevista dalle norme sul diritto d’autore non e’ solo l’opera d’arte, bensi’ l’opera dell’intelletto o della mente (opera dell’ingegno), che abbia il requisito oggettivo della novita’, originalita’ e non banalita’ (carattere creativo)”.
Tra i principali interventi dei giudici di merito (chiamati spesso ad affrontare la problematica in questione) sulla tutelabilita’ del software propriamente detto, bisogna menzionare quello del Pretore di Pisa, ordinanza 11 aprile 1984; in questo caso il giudice civile tracciava la pista nuova della tutelabilita’ del software, come opera appartenente alle scienze, precisando che l’opera dell’ingegno necessita del requisito della creativita’ in misura modesta.

La Pretura di Roma, ord. 4 luglio 1988 affermava che la tutela ex legge 633/1941 dei programmi per elaboratore quali opere dell’ingegno appartenenti lato sensu alle scienze “pur se non del tutto appagante – in considerazione soprattutto del fatto che, nei programmi in questione, quel che rileva, piu’ che la forma esterna, e’ il contenuto ed inoltre il linguaggio utilizzato dal programma non e’ rivolto all’uomo bensi’ alla macchina – merita di essere perseguita in attesa di un auspicabile intervento del legislatore.
E la Pretura di Torino 10 febbraio 1993 riteneva che “chiarita la natura dei programmi e’ facile individuare e distinguere in essi il contenuto dall’espressione formale dell’opera. Il primo non e’ tutelabile attraverso le norme sul diritto d’autore ma eventualmente brevettabile in presenza delle condizioni richieste dalla legge e qualora faccia parte di un’invenzione di combinazione….L’espressione formale dell’opera, scindibile nella forma esterna ed interna, quest’ultima riguardante l’organizzazione, lo svolgimento, lo stile dati dall’autore alla materia, nel caso di specie e’ rappresentata dal programma sorgente, piu’ che sotto il profilo del linguaggio macchina utilizzato (es. Pascal, Basic, Quik Basic, Occam ecc.) o sotto il profilo dell’analisi del problema e costituisce l’oggetto della tutela”.

A parte le voci discordi, si era comunque consolidata nella giurisprudenza l’orientamento favorevole a ritenere applicabile al software la tutela sul diritto d’autore.
In tal senso, invero, in una delle rare pronunce del giudice di legittimita’ si era gia’ espressa con la sentenza del 24 novembre 1986 la III Sezione penale della Cassazione, che confermando la soluzione adottata da una parte della giurisprudenza di merito, sosteneva: “Il cosiddetto software, sia di base che applicativo, e’ oggetto del diritto d’autore, protetto civilmente e penalmente dalle norme della relativa legge (22 aprile 1941, n. 633); ne’ puo’ essere altrimenti – vale a dire tutelabile con i rimedi previsti dal codice civile in favore delle invenzioni industriali e contro l’imitazione servile dei prodotti, come e’ stato pur sostenuto – per esplicita esclusione legislativa, giacche’ il d.p.r. 22 giugno 1979 n. 338 ha stabilito la non brevettabilita’ dei programmi per ordinatori ed elaboratori” .
Resta adesso da vedere cosa succedera’ a seguito di questa proposta di direttiva europea che rischia non solo di sconvolgere le legislazioni di molti paesi, quali il nostro, ma anche di sollevare le associazioni dei consumatori, le piccole imprese di software e la stessa comunita’ dell’open-source.
La brevettabilita’, infatti, rendera’ segreti i fondamenti che consentono di costruire i programmi elettronici.
In pratica, un programmatore dovra’  assicurarsi che il codice utilizzato non violi nemmeno una delle decine di migliaia di brevetti software esistenti. Pena il via libera di un numero elevatissimo di denunce.
Per questo, in molti ritengono che la direttiva e’ un ostacolo alla libera circolazione della conoscenza e un favore alle multinazionali americane del software.

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