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UE, implicazioni etiche, giuridiche e sociali dei test genetici

26 Aprile 2004 Commenta

Il ricorso ai test genetici deve essere il frutto di una libera scelta, da valutare sempre caso per caso in modo da massimizzarne i benefici e ridurne i possibili rischi, e non puo’ essere il risultato di scelte imposte.
E’ la premessa generale della conferenza organizzata dalla Commissione europea che si terra’ il 6 e 7 maggio prossimi a Bruxelles e nella quale saranno presentate le 25 Raccomandazioni elaborate da un gruppo di esperti sulle implicazioni etiche, giuridiche e sociali dei test genetici.
La Conferenza e’ aperta ai rappresentanti di tutti i gruppi interessati (ricercatori, personale sanitario, pazienti, studiosi, parlamentari) ed ha lo scopo di stimolare il dibattito sul tema attraverso un’analisi dettagliata delle indicazioni contenute nelle Raccomandazioni. Stefano Rodota’ presiedera’ una sessione dedicata alle tematiche di protezione dati e privacy.
Il Gruppo di esperti che, su richiesta della Commissione europea ha elaborato oltre alle Raccomandazioni  anche un Rapporto di prossima pubblicazione, e’ presieduto dal parlamentare europeo Eryl McNally. Del Gruppo fanno parte rappresentanti di varie Ong (soprattutto associazioni per la tutela dei pazienti), esponenti dell’industria farmaceutica e delle biotecnologie, scienziati, studiosi universitari (giuristi, filosofi, esperti di etica). Va sottolineato che il Gruppo si e’ consultato con numerosi altri soggetti che, a vario titolo, hanno affrontato o stanno confrontandosi con i problemi connessi ai test genetici (Ocse, Unesco, Oms, Consiglio d’Europa, Gruppo europeo per l’etica nelle scienze e nelle nuove tecnologie).

Il Gruppo in argomento si e’ concentrato sull’utilizzazione dei test genetici nei settori della sanita’ e della ricerca, perche’ e’ soprattutto in questi campi che e’ possibile presagire un incremento consistente del ricorso all’analisi genetica grazie agli indubbi progressi scientifici (basti pensare agli sviluppi dello Human Genome Project).
Le Raccomandazioni sono indirizzate ai soggetti volta per volta competenti (Commissione europea, scienziati, ricercatori, personale sanitario), e sono strutturate in tre macro-aree: la considerazione del quadro generale di riferimento (compresa la possibile definizione “universalmente” valida di “test genetico”); le problematiche connesse all’utilizzazione dei test genetici nel settore sanitario; le problematiche e le percezioni connesse all’impiego dei test genetici per scopi di ricerca.
In particolare riguardo i rapporti tra test genetici e sanita’ e’ fondamentale per il gruppo di esperti il consenso informato, l’accesso non discriminatorio ai test, la consulenza adeguata, e tutela di privacy e riservatezza. Questi sono i principi-guida che devono ispirare l’applicazione dei test genetici da parte dei professionisti sanitari.

Relativamente ai rapporti fra test genetici e ricerca, il Gruppo raccomanda che la creazione e l’utilizzazione delle cosiddette “bio-banche”, ossia delle raccolte di campioni biologici unitamente ai rispettivi database, siano improntate agli stessi principi di trasparenza e correttezza sopra ricordati. A tale scopo, e’ necessario garantire il rispetto di principi fondamentali quali il consenso informato dei soggetti presso i quali avviene il prelievo dei campioni, la conservazione dei campioni per periodi adeguati, e l’anonimato dei campioni stessi.
Al riguardo si ricorda che proprio di recente e per l’esattezza il 17 marzo c.a. le autorita’ di protezione dei dati personali dei Paesi UE hanno approvato a Bruxelles un importante “Documento di lavoro in materia di dati genetici” dove e’ sancito che e’ vietato raccogliere ed utilizzare dati genetici nel rapporto di lavoro e nel settore assicurativo, se non in casi del tutto eccezionali previsti specificamente dalla legge. Nello stesso tempo e’ stato precisato che la creazione di grandi banche dati contenenti informazioni genetiche espongono al rischio di utilizzazioni improprie, alla conservazione per periodi eccessivi, all’accesso abusivo. Occorrono, quindi, norme che vietino l’effettuazione dei test senza il consenso degli interessati.

I dati genetici secondo i garanti europei costituiscono senza alcun dubbio dati personali (o meglio, dati “sensibili”), e come tali sono soggetti all’applicazione della Direttiva sulla protezione dei dati personali. Cio’ comporta la necessita’ di rispettare alcuni principi essenziali: il principio di pertinenza e non eccedenza (evitando di ricorrere al trattamento dei dati genetici se non assolutamente necessario); il principio di proporzionalita’ (valutando i rischi per i diritti e le liberta’ fondamentali associati al trattamento di questi dati); il principio di finalita’ (evitando utilizzazioni incompatibili con quelle per cui i dati sono raccolti); il diritto degli interessati di essere informati ed accedere ai dati che li riguardano.
Al tempo stesso, i Garanti indicano che l’altro tratto fondamentale dei dati genetici e’ di poter caratterizzare anche un gruppo di soggetti legati da vincoli di consanguineita’ con l’interessato, il cosiddetto “gruppo biologico” portatore di interessi giuridici rilevanti. In sostanza,  i dati genetici non “appartengono” soltanto all’interessato, essendo per loro stessa natura patrimonio comune dei consanguinei. Tutto cio’ comporta alcune conseguenze rilevanti.
Anche il nostro Garante per la privacy ha sempre manifestato una certa preoccupazione in merito al problema della protezione dell’identita’ dai suoi possibili “furti”, (gia’ imponente nel settore del commercio elettronico e che esige cautele particolari per le impronte digitali), che puo’ divenire drammatico se il furto riguarda materiale che consente di ottenere informazioni genetiche.

Se, infatti, grandi sono le opportunita’ offerte dalla genetica, altrettanto grandi sono i rischi di utilizzazioni dei dati genetici che possono determinare discriminazioni nell’accesso al lavoro o al credito, nella conclusione di contratti di assicurazione vita o malattia, o attraverso forme di schedatura genetica di massa.
Insomma come sempre sottolineato dall’Autorita’ possono nascere nuove disuguaglianze ed in campo internazionale si fa molta attenzione a questo aspetto. E’ necessario, quindi, controllare la legittimita’ di ogni forma di trattamento dei dati genetici ed approntare un sistema di tutela dei dati necessario anche per consentire a tutti di godere al massimo dei benefici della ricerca genetica. Anche in questo settore l’avvento di Internet ha complicato ulteriormente le cose e la diffusione dell’offerta di tests genetici tramite la Rete costituisce un drammatico esempio.

A questo riguardo il codice per la protezione dei dati personali e’ intervenuto esplicitamente sulla problematica, innanzitutto con l’art. 55 dove viene precisato che i trattamenti che implicano maggiori rischi di danno per l’interessato (in relazione, ad esempio, a banche di dati contenenti dati genetici o biometrici) devono essere comunicati previamente al Garante (art. 39) e devono essere effettuati nel rispetto delle misure stabilite dal Garante per tutti i trattamenti che presentano rischi per i diritti dell’interessato (art. 17).
Ed anche con l’art. 90 dove avuto riferimento al trattamento di dati genetici riproduce ai commi 1 e 2, la disposizione previgente (art. 17 d.lgs. n. 135/99) chiarendo piu’ in dettaglio il contenuto della necessaria autorizzazione del Garante al trattamento di tali dati, con riferimento, in particolare, all’informativa all’interessato.
Al comma 3, la stessa disposizione inserisce nel codice per omogeneita’ di materia una disposizione in materia di riservatezza nel caso di trapianto di midollo osseo (art. 4, comma 3, l. 6 marzo 2001, n. 52), abrogando l’originaria disposizione (art. 183, comma 3, lett. c)).
Alla luce di tale disposizione il donatore di midollo osseo ha il diritto e il dovere di mantenere l’anonimato, sia nei confronti del ricevente sia nei confronti di terzi.

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