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Siamo Tutti Pirati! Il Decreto Urbani Affoga La Cultura

3 Maggio 2004 Commenta

Foggia. La spinosissima vicenda del decreto c.d. Urbani e’ approdata al Senato in questi giorni, dopo aver passato favorevolmente il primo scoglio del Parlamento. Troppe sono, pero’, le preoccupazioni di tutti gli operatori del settore, che, stranamente, non vengono messe in evidenza dalla stampa (alcuni affermano che sono addirittura totalmente ignorate). Eppure la direzione intrapresa dal Governo in questi ultimi tempi e’ proprio quella di rendere possibile una maggiore diffusione degli strumenti telematici fra i cittadini. Gli obiettivi di far connettere tutti (grandi e piccoli), di favorire lo sviluppo dell’informatica, di agevolare l’acquisto di beni tecnologici dell’ultima generazione sono ancora in piedi. Purtroppo, pero’, non sembra non potersi notare che la lotta sferrata in maniera travolgente alle reti peer-to-peer sta palesemente andando contro le rosee prospettive di sviluppo telematico del Belpaese. Gli utenti della rete hanno capito, infatti, che i tempi per la diffusione delle informazioni e della cultura (un tempo molto piu’ libere in Internet) sono decisamente tramontate. Da quando Internet e’ nata, la diffusione e lo scambio dei file sono stati i veri traini dello sviluppo di tutta la rete delle reti. Gli utenti utilizzano Internet per trovare notizie, comunicare con gli altri, lavorare, studiare e, soprattutto, scaricare file di ogni genere: dai software piu’ articolati a semplici file di testo, passando per canzoni in formato digitale. L’impennata nella penetrazione di Internet nelle case di semplici utenti di computer e’ stata causata in maniera predominante dalla possibilita’ di condividere materiale di ogni genere con qualunque utente collegato. Il fenomeno del peer-to-peer e’ soprattutto sociale. La possibilita’ di condividere con altri utenti idee, progetti, file di ogni genere ha rappresentato per lungo tempo il simbolo di tutte le liberta’ della rete. Oggi, pero’, tutto questo e’ bollato come illegale e truffaldino. Il decreto legge del 22 marzo 2004 n. 72, dimostra in modo chiaro come i «programmi di condivisione di file tra utenti» siano visti dalle autorita’. Diversi sono gli appunti che si possono muovere a questo decreto legge. Innanzitutto, questo provvedimento sembra del tutto inutile, perche’, se il suo scopo e’ quello di voler criminalizzare un’attivita’ (quella della comunicazione al pubblico di opere cinematografiche, o, meglio, delle opere dell’ingegno), tale attivita’ gia’ rientra nei comportamenti illegali contemplati dalla legge sul diritto d’autore. Sembra essere, poi, una legge che viola la ratio della legge sul diritto d’autore (l.a.). Infatti, il comma 3 dell’articolo 1 del d.l. introduce la lettera a-bis) all’interno del comma 2 dell’articolo 171-ter l.a., il quale ultimo comma e’ specificamente rivolto a punire chi commette quei crimini su un numero «elevato» di opere (oltre cinquanta) o, comunque, effettua un’attivita’ illecita in forma «imprenditoriale». Il comma 3 dell’articolo 1 del decreto Urbani punisce chi «in violazione dell’articolo 16, per trarne profitto, comunica al pubblico immettendola in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, un’opera dell’ingegno protetta dal diritto d’autore, o parte di essa». Innanzitutto non si vede il motivo per cui chi utilizza reti telematiche debba essere assoggettato a una sanzione superiore a quella prevista nel comma 1 dell’articolo 171-ter, che enumera le medesime attivita’ punibili, ma non prevede la «specifica» menzione del mezzo comunicativo, cioe’ le connessioni di qualunque genere. In secondo luogo, come si accennava, si viola la ratio del comma 2 dell’articolo 171-ter, poiche’ esso e’ rivolto a punire con una sanzione maggiore chi fa un uso commerciale delle violazioni; il decreto Urbani, invece, applicherebbe la stessa sanzione per la diffusione di «un’unica» opera dell’ingegno. Inoltre, il decreto in esame introduce il criticabile obbligo per i prestatori di servizi della societa’ dell’informazione di comunicare alla polizia le informazioni utili per l’individuazione dei siti e degli autori delle condotte segnalate, con cio’ introducendo quel sistema del «fare la spia», che serve solo a colmare le grosse lacune delle autorita’ investigative nello scovare i (veri) pirati. Infine, bisogna notare, come denuncia la BSA (Business Software Alliance), che l’emendamento per estendere il compenso per la copia privata anche ai masterizzatori e ai software per la masterizzazione instaurerebbe un meccanismo disonesto: se approvato, l’utente verrebbe tassato quattro volte solo per disporre della possibilita’ (teorica) di realizzare col suo computer una copia privata di un file digitale: infatti SIAE raccoglie compensi sul prezzo d’acquisto dello hardware (il computer stesso), del software per masterizzare la copia, del supporto (il CD vergine su cui si copia l’originale) e del prodotto originale (quello che s’intende copiare), non di rado peraltro protetto da meccanismi anti-copia.

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Siamo tutti pirati! Il decreto urbani affoga la cultura

2 Maggio 2004 Commenta

La spinosissima vicenda del decreto c.d. Urbani e’ approdata al Senato in questi giorni, dopo aver passato favorevolmente il primo scoglio del Parlamento. Troppe sono, pero’, le preoccupazioni di tutti gli operatori del settore, che, stranamente, non vengono messe in evidenza dalla stampa (alcuni affermano che sono addirittura totalmente ignorate).
Eppure la direzione intrapresa dal Governo in questi ultimi tempi e’ proprio quella di rendere possibile una maggiore diffusione degli strumenti telematici fra i cittadini.
Gli obiettivi di far connettere tutti (grandi e piccoli), di favorire lo sviluppo dell’informatica, di agevolare l’acquisto di beni tecnologici dell’ultima generazione sono ancora in piedi.
Purtroppo, pero’, non sembra non potersi notare che la lotta sferrata in maniera travolgente alle reti peer-to-peer sta palesemente andando contro le rosee prospettive di sviluppo telematico del Belpaese.
Gli utenti della rete hanno capito, infatti, che i tempi per la diffusione delle informazioni e della cultura (un tempo molto piu’ libere in Internet) sono decisamente tramontate.
Da quando Internet e’ nata, la diffusione e lo scambio dei file sono stati i veri traini dello sviluppo di tutta la rete delle reti.
Gli utenti utilizzano Internet per trovare notizie, comunicare con gli altri, lavorare, studiare e, soprattutto, scaricare file di ogni genere: dai software piu’ articolati a semplici file di testo, passando per canzoni in formato digitale.
L’impennata nella penetrazione di Internet nelle case di semplici utenti di computer e’ stata causata in maniera predominante dalla possibilita’ di condividere materiale di ogni genere con qualunque utente collegato.
Il fenomeno del peer-to-peer e’ soprattutto sociale. La possibilita’ di condividere con altri utenti idee, progetti, file di ogni genere ha rappresentato per lungo tempo il simbolo di tutte le liberta’ della rete. Oggi, pero’, tutto questo e’ bollato come illegale e truffaldino.
Il decreto legge del 22 marzo 2004 n. 72, dimostra in modo chiaro come i «programmi di condivisione di file tra utenti» siano visti dalle autorita’.

Diversi sono gli appunti che si possono muovere a questo decreto legge.
Innanzitutto, questo provvedimento sembra del tutto inutile, perche’, se il suo scopo e’ quello di voler criminalizzare un’attivita’ (quella della comunicazione al pubblico di opere cinematografiche, o, meglio, delle opere dell’ingegno), tale attivita’ gia’ rientra nei comportamenti illegali contemplati dalla legge sul diritto d’autore.
Sembra essere, poi, una legge che viola la ratio della legge sul diritto d’autore (l.a.). Infatti, il comma 3 dell’articolo 1 del d.l. introduce la lettera a-bis) all’interno del comma 2 dell’articolo 171-ter l.a., il quale ultimo comma e’ specificamente rivolto a punire chi commette quei crimini su un numero «elevato» di opere (oltre cinquanta) o, comunque, effettua un’attivita’ illecita in forma «imprenditoriale».

Il comma 3 dell’articolo 1 del decreto Urbani punisce chi «in violazione dell’articolo 16, per trarne profitto, comunica al pubblico immettendola in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, un’opera dell’ingegno protetta dal diritto d’autore, o parte di essa».
Innanzitutto non si vede il motivo per cui chi utilizza reti telematiche debba essere assoggettato a una sanzione superiore a quella prevista nel comma 1 dell’articolo 171-ter, che enumera le medesime attivita’ punibili, ma non prevede la «specifica» menzione del mezzo comunicativo, cioe’ le connessioni di qualunque genere.
In secondo luogo, come si accennava, si viola la ratio del comma 2 dell’articolo 171-ter, poiche’ esso e’ rivolto a punire con una sanzione maggiore chi fa un uso commerciale delle violazioni; il decreto Urbani, invece, applicherebbe la stessa sanzione per la diffusione di «un’unica» opera dell’ingegno.

Inoltre, il decreto in esame introduce il criticabile obbligo per i prestatori di servizi della societa’ dell’informazione di comunicare alla polizia le informazioni utili per l’individuazione dei siti e degli autori delle condotte segnalate, con cio’ introducendo quel sistema del «fare la spia», che serve solo a colmare le grosse lacune delle autorita’ investigative nello scovare i (veri) pirati.
Infine, bisogna notare, come denuncia la BSA (Business Software Alliance), che l’emendamento per estendere il compenso per la copia privata anche ai masterizzatori e ai software per la masterizzazione instaurerebbe un meccanismo disonesto: se approvato, l’utente verrebbe tassato quattro volte solo per disporre della possibilita’ (teorica) di realizzare col suo computer una copia privata di un file digitale: infatti SIAE raccoglie compensi sul prezzo d’acquisto dello hardware (il computer stesso), del software per masterizzare la copia, del supporto (il CD vergine su cui si copia l’originale) e del prodotto originale (quello che s’intende copiare), non di rado peraltro protetto da meccanismi anti-copia.
A proposito dell’intervento (deciso e tonante) della BSA, ho intervistato il consulente legale della Business Software Alliance, l’Avv.ssa Simona Lavagnini, che gentilmente si e’ prestata a un utile scambio di battute.


Avvocato, pensa che il decreto Urbani passera’ senza modifiche al Senato o vi potranno essere dei subitanei cambi di rotta, rispetto a quanto e’ stato gia’ deciso in Parlamento?

E’ difficile fare pronostici sull’approvazione al Senato di un cosi’ controverso disegno di legge.
La possibilita’ che vi sia qualche improvviso cambiamento appare, pero’, alquanto remota.
Si puo’ sempre sperare, comunque, in una piu’ serena valutazione del fenomeno del file-sharing. Quello che non e’ stato analizzato a fondo in Parlamento potrebbe essere fatto (in un modo o nell’altro) dai Senatori al momento della discussione del disegno.
Ribadisco, comunque, che (per come si sono schierati i partiti politici promotori del progetto) e’ molto difficile essere ottimisti.

Secondo Lei, che influenza possono aver dato (e potranno dare) le associazioni che rappresentano il mondo dei provider italiani?
Faccio riferimento in particolare alla modifica fatta a un comma del decreto, che non appesantira’ i provider stessi di obblighi di controllo del materiale che passa dai propri server.


Diciamo che il settore in cui operano i provider e’ decisamente molto delicato, se non altro perche’ sono gli unici a poter (almeno in teoria) svolgere un’adeguata analisi del materiale che transita sulle proprie macchine. Ritengo che la categoria dei fornitori di connettivita’ possa ritenersi fortunata dalla modifica realizzata prontamente in sede di discussione al Parlamento.
Sono stati accontentati, potremmo dire. Il motivo, comunque, credo sia quello di non voler oberare una categoria che non dispone delle risorse necessarie per poter controllare le inimmaginabili quantita’ di dati che si scambiano in rete.

Come definisce le attuali previsioni del decreto legge: eccessivamente protezioniste o semplicemente assurde?

Beh, forse un po’ tutte e due. La tematica e’ particolarmente complicata e delicata.
Fare leggi in questa materia, che (cosi’ come tante altre) e’ molto tecnica, richiede molta preparazione. Stilare norme che affrontino l’argomento ragionevolmente e con cognizione di causa e’ difficile.
Occorre, se non altro, una adeguata base di dati statistici su cui lavorare seriamente, per poter affrontare al meglio la complicata problematica posta in essere dal file-sharing.


Per quanto concerne il (presunto) calo nella vendita dei cd a causa della diffusione delle reti peer-to-peer, ritiene che vi sia effettivamente un nesso di causalita’?
Non ritiene, come molti stanno cercando di far notare, che invece vi sia un aumento addirittura delle vendite dei cd strettamente collegato alla maggiore circolazione di musica?

Non so come definire il fenomeno della relazione fra vendite dei supporti materiali di musica e il semplice scambio di file musicali attraverso reti di peer-to-peer.
Quello che e’ certo, comunque, e’ che il concetto di file-sharing incide sull’istituto del diritto d’autore. Cio’ avviene senza dubbio con un’influenza maggiore rispetto a qualunque altro fenomeno.
Bisogna studiare a fondo la relazione fra questi due ambiti e puntare a fornire risposte imparziali alla comunita’.

A fronte della ribellione sollevata dal popolo della rete dinanzi al progetto Urbani, si puo’ parlare di un’Italia «indietro tutta» nel campo della libera condivisione della cultura?

Sono certa che, anche se la direzione intrapresa dal Governo potrebbe essere volta a soffocare in qualche modo le liberta’ del popolo della rete, il fenomeno del file-sharing e’ un processo inarrestabile.
Non penso, sinceramente, che una legge possa modificare quello che e’ l’orientamento di migliaia di persone, che vivono di queste convinzioni.

Un’ultima domanda mi preme farLe, poiche’ vuole sintetizzare in una battuta un avvenimento, un evento (quello del peer-to-peer) che restera’ sicuramente il simbolo di questo periodo storico.
Come puo’ definire il file-sharing: una droga o un medicinale per la musica contemporanea?


Sono del parere che il fenomeno (decisamente rilevante) del peer-to-peer nasconda in se’ enormi potenzialita’, che non possono essere messe da parte e sottovalutate.
La tecnologia e’ sempre legittima, poiche’ e’ il simbolo dello sviluppo di una societa’.
Piuttosto, sarebbe alquanto opportuno trovare un equilibrio fra tutti gli interessi in gioco, conservando, pero’, sempre il frutto che la tecnologia quotidianamente ci mette a disposizione.

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