Schede telefoniche ed intestazioni
L’Autorita’ Garante per la protezione dei dati personali ha esaminato un ulteriore caso in cui una persona si e’ ritrovata intestataria di 127 schede telefoniche per apparecchi cellulari senza che l’interessato ne avesse fatto alcuna richiesta e ne fosse informato.
La gravita’ e’ emersa anche dal fatto che una di queste schede e’ stata oggetto di delicate indagini penali per omicidio nelle quali l’interessato e’ stato quindi coinvolto.
La societa’ aveva persino negato all’interessato l’accesso ai dati che lo riguardano, e per giunta continuava a mandargli pubblicita’ per schede mai volontariamente attivate.
E’ stata quindi riconosciuta la grave violazione dei diritti dell’interessato, al quale e’ stato anche garantito di accedere -contrariamente all’indebito rifiuto dapprima opposto al medesimo interessato- ai dati che riguardavano il numero delle utenze, la data della loro attivazione e le fonte dei dati.
Questi principi, ribaditi dal nuovo Codice per la protezione dei dati personali entrato in vigore lo scorso 1° gennaio, sono stati fatti rispettare grazie all’intervento dell’Autorita’ che ha accolto il ricorso dell’ utente contro il gestore telefonico.
Purtroppo non e’ la prima volta che cittadini ignari si rivolgono al Garante scoprendo di essere intestatari di numerose carte telefoniche da loro mai attivate, a volte usate addirittura per compiere truffe o altri reati, con ovvie conseguenze per gli intestatari almeno nella prima fase delle indagini.
E’ stato ritenuto, quindi, illegittimo il rifiuto delle societa’ di consentire agli interessati, in favore dei quali si era magari soltanto bloccato l’uso delle carte, di accedere ai dati personali detenuti dalle societa’ stesse e di venire a conoscenza come e dove le schede erano state intestate.
In alcuni casi si e’ determinata anche una conseguenza paradossale: disattivando una sim card da lui mai attivata, l’intestatario e’ stato a torto non ammesso ad accedere ai suoi dati d’utenza e ad utilizzarli a sua discolpa.
Il diritto di accesso ai dati personali dell’interessato, tutela invece, almeno in parte, questo rischio: conoscere informazioni riguardo all’utenza e gli estremi del dealer che ha effettuato l’attivazione delle carte telefoniche in oggetto possono essere strumenti importanti per il malcapitato, utilizzabili in sede di difesa.
E’ quanto si era appunto verificato al ricorrente che, a seguito di una segnalazione, aveva scoperto di essere intestatario di 127 carte telefoniche. Alla richiesta di conoscere i propri dati di utenza ha subito un netto rifiuto da parte della societa’ telefonica che aveva motivato il diniego citando infondatamente l’art. 132 del Codice della privacy e sostenendo di non essere tenuta a fornire dati di traffico telefonico di sim card disattivate, dopo lo scadere dei sei mesi necessari alla fatturazione.
Ritenutosi leso nell’esercizio del proprio diritto d’accesso l’utente ha presentato ricorso al Garante, il quale ha rilevato che era infondata l’eccezione formulata dalla societa’ riguardo ai termini temporali, perche’ la predetta disposizione del Codice si riferisce unicamente ai dati di traffico e non anche agli estremi identificativi delle utenze.
In particolare la disposizione in esame da’ attuazione all’art. 15 della direttiva 2002/58 che attribuisce allo Stato membro la facolta’ di adottare disposizioni volte a limitare alcuni diritti ed obblighi previsti dalla medesima direttiva quando cio’ sia necessario per eccezionali esigenze di tutela di particolari interessi pubblici delimitati, dopo ampio dibattito, dalla stessa direttiva prevedendo, fra l’altro, che i dati siano conservati dai fornitori per un tempo limitato.
In effetti questa disposizione e’ stata di recente modificata in quanto la vecchia formulazione della norma si limitava a stabilire che “fermo restando quanto previsto dall’articolo 123, comma 2, i dati relativi al traffico telefonico sono conservati dal fornitore per trenta mesi, per finalita’ di accertamento e repressione di reati, secondo le modalita’ individuate con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri dell’interno e delle comunicazioni, e su conforme parere del Garante”.
Mentre il nuovo testo definitivamente rinovellato fissa un periodo di conservazione di 24 mesi ed il 2° comma prevede una proroga di ulteriori 24 mesi per esclusive finalita’ di accertamento e repressione dei delitti di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, nonche’ dei delitti in danno di sistemi informatici o telematici.
Un aspetto particolarmente interessante e’ rappresentato dalla specifica integrazione apportata sia al 1° che al 2° comma dell’art. 132 del codice alla locuzione “dati relativi al traffico”. L’integrazione di cui si parla e’ ovviamente l’espressione “telefonico” e la precisazione e’ stata resa necessaria dalle continue discussioni in dottrina sull’effettiva natura di questi dati e se cioe’ gli stessi alla luce di quanto prescritto dall’art. 2 della direttiva 2002/58 fossero solo quelli fatturabili o anche quelli relativi alla trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica (log dei servizi).
In questo modo il legislatore fa chiarezza sull’argomento restringendo il campo di applicazione della norma solo ai primi come del resto era stato giustamente osservato da attenta dottrina (MONTI) che era pervenuta alla medesima conclusione argomentando dall’espresso richiamo effettuato dal primo comma dell’art. 132 del codice per la protezione dei dati personali al comma 2 dell’art. 123 dello stesso codice secondo cui “il trattamento dei dati relativi al traffico strettamente necessari a fini di fatturazione per l’abbonato, ovvero di pagamenti in caso di interconnessione, e’ consentito al fornitore, a fini di documentazione in caso di contestazione della fattura o per la pretesa del pagamento, per un periodo non superiore a sei mesi, salva l’ulteriore specifica conservazione necessaria per effetto di una contestazione anche in sede giudiziale.”
L’interessato ha, quindi, diritto di conoscere l’esistenza di dati personali che lo riguardano, la loro comunicazione in forma intelligibile, l’indicazione della loro origine e dell’uso che ne viene fatto.
In tal modo, sia che vi sia un dealer solo, sia che ve ne siano molti, risulta piu’ agevole ricostruire le modalita’ in cui la truffa telefonica viene gestita.
Alla societa’ di telefonia sono state addebitate le spese del procedimento, che dovranno essere liquidate direttamente a favore del ricorrente.
Inoltre il Garante ha disposto ulteriori accertamenti in ordine al piu’ generale comportamento della societa’ e dei dealer rispetto all’illecita intestazione di carte telefoniche.
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