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Al via i Master in Mediazione Familiare e Tecniche di Mediazione e Conciliazione dell’Istituto Carlo Amore

17 Novembre 2004 Commenta

Saranno attivate a breve le nuove edizioni del “Master in Mediazione Familiare” e del “Master in Tecniche di Mediazione e Conciliazione” organizzati dall’Istituto Carlo Amore nelle sedi di Roma (ottava edizione), Milano (sesta edizione) e Palermo (sesta edizione).


Lo scopo del master in mediazione familiare e’ quello di formare una figura professionale che possieda conoscenze e competenze per svolgere l’attivita’ di mediazione secondo i canoni della recente normativa (settembre 2004) proposta dalla Commissione Giustizia alla Camera dei Deputati.


Il mediatore familiare puo’ lavorare presso i Tribunali (consulenze tecniche d’ufficio), i consultori familiari e i centri di mediazione. Puo’ inoltre svolgere l’attivita’ libero professionale.


Il master in tecniche di mediazione e conciliazione ha come obiettivo principale quello di formare professionisti della conciliazione secondo i criteri previsti dal nuovo diritto societario (D.Lgs 5/2003 e successive Circolari).


I due master sono di elevato livello qualitativo e il corpo docenti e’ costituito da alcuni dei maggiori esperti nel campo della mediazione, tra cui il Prof. Robert Creo dell’Universita’ di Pittsburgh (USA), il Prof. Paolo Nicosia dell’Universita’ di Pisa, il Prof. Marino Maglietta dell’Universita’ di Firenze e il Dr. Pasquale Busso del Forum Europeo di Mediazione Familiare.


Ulteriori informazioni sui due master possono essere reperite nel Portale italiano della Mediazione o nel sito dell’ Istituto Carlo Amore.


A chi volesse avvicinarsi ai temi della mediazione e della conciliazione con qualche buona lettura, consigliamo il testo “La Mediazione – Strategie e Tecniche per la Risoluzione Alternativa dei Conflitti” di John Haynes (Edizioni Carlo Amore) e la rivista “Mediare” (Edizioni Carlo Amore).
Informazioni sui libri e le riviste di Edizioni Carlo Amore sono reperibili sul sito
www.carloamore.it.


Il mediatore familiare e’ ormai una professione emergente. Questa professionalita’ e’ in forte crescita ed e’ sempre piu’ richiesta da Enti pubblici e privati.
La mediazione familiare, agli inizi degli anni ’80 ha avuto una grande diffusione prima negli Stati Uniti e in Canada e subito dopo in molti Paesi Europei. Da alcuni anni si sta rapidamente diffondendo anche in Italia. Il primo servizio pubblico di mediazione familiare e’ stato istituito dal Comune di Milano nel 1989. Successivamente sono stati aperti numerosi altri centri (sia pubblici che privati) che offrono servizi di mediazione familiare.
Ma cos’e’ in realta’ la mediazione familiare?
 

La mediazione familiare e’ un tipo di intervento volto alla riorganizzazione delle relazioni familiari e alla risoluzione o attenuazione dei conflitti in caso di separazione o di divorzio.
Il percorso di mediazione rappresenta una valida alternativa alla tradizionale via giudiziaria: il suo scopo e’ quello di consentire ai coniugi che scelgono di porre fine al proprio vincolo matrimoniale di raggiungere in prima persona degli accordi di separazione e di essere artefici della riorganizzazione familiare che andra’ a regolare la vita futura loro e quella dei loro figli.

L’Istituto e’ stato previsto innanzitutto dalla legge n. 285 del 28 agosto 1997 che all’art. 4 punto i) prevede, tra i servizi di sostegno alla relazione genitore-figli di contrasto della poverta’ e della violenza, specifici servizi di mediazione familiare e di consulenza per famiglie e minori al fine del superamento delle difficolta’ relazionali.
Il concetto e’ stato ribadito dalla legge n. 154 del 5 aprile 2001 che all’art. 2 ha previsto l’introduzione dell’art. 342-ter del codice civile il quale testualmente sancisce che “…il giudice puo’ disporre, altresi’, ove occorra l’intervento dei servizi sociali del territorio o di un centro di mediazione familiare, nonche’ delle associazioni che abbiano come fine statutario il sostegno e l’accoglienza di donne e minori o di altri soggetti vittime di abusi e maltrattati…”.
Inoltre non pochi sono stati i disegni di legge che si sono succeduti in Italia per disciplinare in modo piu’ organico e completo l’istituto, basti pensare, ad esempio, alle proposte di legge nn. 173-ter ed abbinate; oppure al progetto di legge n. 2594 che prevedeva l’inserimento dell’art. 708-bis del codice di procedura civile sul tentativo di mediazione familiare; o ancora al disegno di legge n. 3290 che prevedeva l’introduzione dell’art. 155-ter del codice civile e, quindi, l’istituzione di apposite unita’ polifunzionali di mediazione familiare, consulenza o terapia familiare, attivate presso i consultori familiari.
Ultimamente e’ in discussione al Parlamento un testo legislativo contenente nuove norme in materia di separazione dei coniugi e affidamento condiviso dei figli che regolamenta ex novo l’istituto della mediazione familiare.
In effetti, pero’, l’Istituto ha ormai assunto una notevole rilevanza anche a livello europeo e mondiale, basti pensare alla Raccomandazione del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulla Mediazione Familiare del 21.10.1998, alla Charte europe’enne de la formation des me’diateurs familiaux, redatta nel 1992 da un’equipe di mediatori e poi ripresa nel 1997 dal Forum europeo di formazione alla mediazione familiare, nonche’ alle stesse Convenzioni di New York del 1989 e quella Europea del 1996 sull’esercizio dei diritti dei fanciulli (resa esecutiva in Italia dalla legge n. 77 del 20 marzo 2003) che definiscono necessario tutelare i diritti di bambini e bambine, assicurando loro la continuita’ e la stabilita’ dell’ambiente affettivo e relazionale in cui sono allevati ovvero definiscono necessario assicurare al minore la continuita’ dei suoi affetti perche’ egli possa mantenere e sviluppare rapporti con entrambi i genitori e con le rispettive famiglie di origine.

Nel frattempo, in attesa dell’entrata in vigore, come si e’ accennato, ormai prossima, di nuove norme sulla mediazione familiare, si sono costituiti in tutt’Italia, diversi centri di mediazione familiare che hanno il preciso obiettivo di offrire un contesto strutturato in cui il mediatore possa sostenere la comunicazione tra i partner ai fini della gestione del conflitto e a vantaggio della capacita’ di negoziare su tutti gli aspetti che riguardano la separazione e favorire i genitori nella ricerca delle soluzioni piu’ adatte alla specificita’ della loro situazione e dei loro problemi per tutti quegli aspetti che riguardano la relazione affettiva ed educativa con i figli.
Naturalmente affinche’ sia possibile effettuare interventi di mediazione familiare e’ necessario che gli operatori abbiano acquisito una formazione specifica che si proponga di favorire l’elaborazione di un modo nuovo e piu’ costruttivo di pensare alla separazione come processo di crisi e trasformazione; di sviluppare una conoscenza degli aspetti funzionali e disfunzionali della famiglia in crisi per la separazione e il divorzio e una competenza sulla conflittualita’ tra i genitori; di permettere l’acquisizione della capacita’ di sostenere e promuovere le risorse individuali e le competenze genitoriali, con particolare attenzione all’esercizio di un’azione preventiva rispetto a forme di disagio del minore.

Di non minore rilevanza e’ l’istituto della conciliazione in materia societaria che il d.lgs. n. 5 del 2003 (e successive modifiche) disciplina agli artt. 38, 39, 40.
L’intervento del legislatore crea alcune agevolazioni che rendono maggiormente appetibile l’impiego della conciliazione per le controversie societarie. Si crea cosi’ un modello di conciliazione “speciale” in materia societaria attraverso cui accedere a tali agevolazioni.
Continuera’, comunque, ad essere possibile che le parti (i soci) di una lite societaria esperiscano un tentativo di conciliazione, per cosi’ dire, ordinario, non seguendo la corsia speciale delineata dal decreto e non godendo, in quel caso, dei benefici previsti.
Tali benefici si riferiscono a: esenzioni di carattere fiscale; riservatezza del procedimento; natura di titolo esecutivo dell’accordo eventualmente raggiunto; interruzione dei termini in pendenza del tentativo di conciliazione; regolamentazione e monitoraggio da parte del Ministero della Giustizia degli organismi di conciliazione (e dei conciliatori che ad essi fanno riferimento). Tra gli organismi accreditati all’offerta di servizi di conciliazione, risultano anche le camere di commercio.
Normalmente si distingue tra conciliazione facilitativa e conciliazione valutativa.
Tale contrapposizione caratterizza da sempre il panorama della conciliazione commerciale. In estrema sintesi, nel primo caso il ruolo del conciliatore e’ solo quello di favorire l’avvicinamento delle parti ed il raggiungimento dell’accordo, senza farsi autore di una autonoma proposta conciliativa. Cosa che invece accade nel caso della conciliazione valutativa.
L’attuale dettato normativo del d. lgs. 5/2003 (come modificato dal d. lgs. 37/2004) prevede che, su richiesta delle parti, il conciliatore formuli una proposta che aiuti i contendenti a raggiungere una soluzione condivisa e definitiva sulla vicenda, assumendo, in tale frangente, l’approccio cosiddetto “valutativo”.

Quest’ultima espressione puo’ apparire fuorviante: il conciliatore non e’ chiamato, in nessun caso, a formulare un giudizio o un’opinione sul merito della vicenda (e, nel caso lo facesse, verrebbe meno al suo mandato di compositore per assumere, impropriamente, le vesti di arbitro della controversia).
Egli potra’, invece, essendo a conoscenza dei rispettivi interessi in gioco (che avra’ raccolto, in via confidenziale, durante gli incontri separati con ciascuna parte), formulare una o piu’ ipotesi che rispondano agli interessi delle parti in lite.
Una specifica clausola di conciliazione e’ prevista dall’art. 40, 6° comma del nuovo decreto e stabilisce che, qualora il contratto o lo statuto della societa’ prevedano una clausola di conciliazione ed il tentativo di conciliazione in essa indicato non si sia svolto, il giudice, su richiesta di una parte, dispone la sospensione del procedimento, fissando un termine perentorio per il deposito dell’istanza di conciliazione.
Si tratta di una forma di conciliazione delegata dal giudice il quale, sulla base di simili esperienze maturate in altri paesi europei e negli Stati Uniti, avra’ la possibilita’ di invitare le parti ad esperire il tentativo di conciliazione extragiudiziale, condotto presso gli enti accreditati di cui all’art. 38, 1 comma dello stesso decreto.
E’ possibile considerare questa ipotesi come una forma di conciliazione, lato sensu, obbligatoria (il che, ancora una volta, non sembra accordarsi con la natura volontaria della conciliazione). Cio’ detto, pero’, occorre sottolineare la natura convenzionale (perche’ pattuita dalle parti, seppure in un momento precedente alla nascita della controversia) di tale obbligatorieta’, che appare, dunque, come una manifestazione della volonta’ delle parti.

Ulteriori informazioni possono essere reperite nel portale italiano della mediazione
www.mediazione.it.

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