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Software, Concorrenza E Innovazione Al LinuxWorldExpo

10 Maggio 2005 Commenta

MILANO – Sara’ Jon “maddog” Hall, il barbuto executive director di Linux International a tenere il keynote speech dell’edizione 2005 di LinuxWorldExpo Italia, versione nazionale dell’evento di settore piu’ importante a livello mondiale, organizzato da Wireless in collaborazione con IDG World Expo, che si svolgera’ dal 24 al 26 maggio presso il Centro Congressi Crowne Plaza Milan-Linate di San Donato Milanese (www.linuxworldexpo.it).

Maddog fara’ una panoramica su quanto e’ oggi disponibile di piu’ avanzato tecnologicamente nel campo del software open source a livello mondiale. L’offerta di software a sorgenti aperti e’ infatti oggi in molti settori alla pari con le migliori realizzazioni tradizionali, in alcuni casi, come per le applicazioni web-based e’ all’avanguardia, mentre in altre, tradizionalmente ritardatarie, come la grafica e il gestionale, l’open source sa procedendo a gradi passi. Insomma, e’ passato il tempo in cui applicazioni open source significava funzionalita’ ridotte all’essenziale, interfacce utente primitive, quasi si trattasse di caratteristiche di secondo piano rispetto al fatto di essere “libero”.

Da un punto di vista economico (altra cosa sono gli ideali, o piu’ agnosticamente, le impostazioni ideologiche), infatti, il software a sorgenti aperti, o meglio il meccanismo di sviluppo e licensing dello stesso, ha un senso se riesce a garantire che l’industria del software produca il maggior valore possibile per gli utilizzatori del software, garantendo concorrenza tra prodotti e un livello di innovazione almeno paragonabile a quello avutosi finora tra aziende e con sistemi tradizionali.

Il modo migliore per garantire concorrenza e innovazione nell’industria e quindi valore agli utilizzatori e’ uno dei temi chiave di LinuxWorldExpo di quest’anno. Oltre al keynote speech, infatti, buona parte della seconda mattinata della manifestazione e’ dedicata a questo dilemma. Tra i relatori ma anche nella realta’ piu’ ampia, le posizioni principali sono tre.

La prima, quella che potremmo definire del ciclo virtuoso innovazione-concorrenza, afferma che in un settore in evoluzione continua come il software la concorrenza e’ un concetto dinamico, che si sposta con il crearsi di nuove aree funzionali e applicative, mentre nei settori maturi il fatto che ce ne sia meno non e’ necessariamente un male, se la standardizzazione che ne consegue produce una base solida su cui innestare l’innovazione concorrenziale. Il rischio che uno o piu’ aziende “blocchino” l’innovazione per estrarre il massimo profitto dai settori maturi dove dominano viene sventata in questa visione dall’adozione di standard a tutti i livelli (hardware sottostante, protocolli, linguaggi, interfacce) che di fatto impedisce il “lock-in” degli utenti su una determinata piattaforma. Gli standard garantiscono l’apertura e la loro adozione non dipenderebbe solo dalla spinta degli utilizzatori ma sarebbe nei migliori interessi anche dei produttori, che evitano di reinventare l’acqua calda e ottengono l’apertura anche dei prodotti dei concorrenti, per cui, vinca il migliore. Non e’ difficile riconoscere in questa posizione echi redmondiani, ma non dimentichiamo che tutte le aziende di software tradizionale sostengono questa posizione nel settore “core” del loro business.

La seconda posizione e’ quella “regolatoria”, propugnata da buona parte degli Stati europei e dalla UE, e con sfumature diverse anche dal governo USA. Secondo i regolatori, e’ vero che il software evolve e con esso i campi di battaglia della concorrenza, ma siccome le aziende tendono a minimizzare i rischi e massimizzare i profitti, esiste il rischio che chi ha una posizione dominante in un settore maturo, dove la concorrenza non c’e’ piu’ o e’ ridotta da tempo ai minimi termini, usi la forza, economica, finanziaria, di mercato, che gli deriva da questo per avvantaggiarsi anche in settori nuovi, senza che il proprio prodotto sia di per se’ il migliore, togliendo in buona sostanza la possibilita’ all’utilizzatore di fare una scelta. Da questa impostazione e’ derivata la sentenza UE contro Microsoft riguardante il Media Player, che forzando l’azienda a fare “unbundling” del software da Windows intende stimolare la concorrenza nel settore. Ce la fara’? Ai posteri l’ardua sentenza. Osserviamo solo che mentre negli USA il criterio di intervento a favore della concorrenza deriva di solito dalla constatazione che vi sia un danno misurabile subito dagli utilizzatori paganti, l’antitrust UE a volte sembra piu’ tesa a garantire un “diritto di concorrenza” alla imprese in primo luogo, da cui deriverebbero vantaggi per gli utilizzatori paganti.

La terza risposta alla necessita’ di coniugare concorrenza e innovazione e’ quella dell’open source, che potremmo definire decentrata. Delle sue caratteristiche si e’ scritto troppo per ritornare sull’argomento. Qui e’ sufficiente fare due osservazioni: e’ una risposta dal basso, radicata nelle azioni della comunita’ degli sviluppatori, vista come distinta e solo in parte sovrapposta (per ragioni di sopravvivenza economica dei singoli.) come quella delle imprese di software, in questo molto americano-comunitario-indvidualista (checche’ ne pensi chi favoleggi di un Linux “culturalmente europeo”); si tratta in secondo luogo di una risposta indiretta che semplicemente separa concorrenza economica da innovazione del software. Quest’ultima viene data per scontata come una derivata dalla volonta’ creativa degli sviluppatori, aiutata dalla competizione tra diversi gruppi attivi su progetti simili, comunque temperata dalla pubblicita’ dei sorgenti. La concorrenza economica viene invece traslata su un altro piano, quello dei servizi costruiti sulla base del software aperto. Basta tutto questo a garantire un flusso di innovazioni che migliorino il valore per l’utilizzatore. Per ora e in base a quello che dira’ “maddog” e tanti altri relatori di LinxuworldExpo sembra di si’. Tanto poi il lavoro duro di sentenziare tocca sempre ai posteri.

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