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Accessibilità: ma chi cerca il bollino?

9 Gennaio 2006 Commenta

Prendo spunto dall’articolo di Enrico Bisenzi per poter fornire maggior chiarezza su una serie di norme che – probabilmente – non sono state ben comprese sia da chi deve applicarle che da chi deve richiedere prodotti e servizi conformi.

Come diceva Bisenzi, l’Italia e’ il paese dei bollini – delle medaglie che i siti internet si auto-assegnano per dimostrare al mondo che sono stati bravi a raggiungere un obiettivo, un obiettivo che nella maggior parte dei casi invece non raggiungono. Va pero’ fatto notare come non possono esserci modalita’ automatiche di valutazione che garantiscono una totale conformita’, come e’ chiaramente indicato anche nella pagina del sito W3C in cui si spiega l’uso dei loghi: “Si noti che l’uso di questo logo non corrisponde al risultato di una valutazione automatizzata. Attualmente non esiste uno strumento che puo’ effettuare una valutazione completamente automatica sui punti di controllo delle Linee Guida, e la valutazione automatica puo’ rimanere difficile o impossibile. Ad esempio, alcuni punti di controllo contano su un’interpretazione di quanto le informazioni sono ‘importanti’, oppure se il testo equivalente per un elemento non testuale e’ esatto”.

Questo dovrebbe far pensare, soprattutto ai responsabili delle P.A., che una dichiarazione non corretta e’ una falsa dichiarazione di cui ne risponde il dirigente responsabile al sito web dell’ente.

L’abuso di loghi accade anche perche’ ad oggi non esiste alcuna norma e/o ente di certificazione autorizzato da enti normatori per la valutazione ed il rilascio di bollini di conformita’ per le WCAG 1.0 – ossia le linee guida per l’accessibilita’ dei contenuti dei siti web emanate dal W3C (World Wide Web Consortium) e recepite ancora nel secolo scorso dall’Unione Europea. Il W3C non e’ un ente di certificazione o un ente normatore (e’ solamente un consorzio di aziende e realta’ associative) e non ha alcun interesse a diventarlo Forse nei prossimi mesi ci sara’ qualche novita’ in merito da parte dell’Unione Europea, ma i progetti finanziati a tal scopo – come troppo spesso accade – sono ancora in alto mare.

Questa divagazione riguarda comunque i bollini rilasciati da un consorzio privato, il W3C appunto, e che non hanno di fatto avuto mai alcuna valenza per le pubbliche amministrazioni. Nel mese di agosto e’ difatti entrato in vigore il DM 8 luglio 2005 (Requisiti tecnici e i diversi livelli per l’accessibilita’ agli strumenti informatici), pubblicato nella G.U. 183 dell’8 agosto 2005. L’innovazione di tale decreto sta nel fatto che gli allegati tecnici sono stati sviluppati coinvolgendo esperti del settore ed e’ stata effettuata una divulgazione in rete internet delle bozze di lavoro al fine di ottenere indicazioni e suggerimenti da parte di chi quotidianamente opera nello sviluppo di siti web. Questa modalita’ operativa e’ legata anche alla nascita della legge, basata sia su un disegno di legge di iniziativa del Ministro Lucio Stanca che da una serie di disegni di legge tra cui il pdl 3486 (Campa-Palmieri) che e’ nato e cresciuto attraverso una lista di discussione (
pdl3486@itlists.org) che ha poi fornito supporto anche in fase di definizione della normativa. Il tutto, mi sia consentito di dirlo, grazie al prezioso apporto dell’associazione IWA Italy – l’unica associazione di sviluppatori esperti in materia di accessibilita’ riconosciuta tale ai sensi della legge 04/2004 (ovvero l’unica realta’ che puo’ tra l’altro definire i requisiti di “esperto di accessibilita’”).

Tornando al decreto, con la sua effettiva entrata in vigore si ottiene il completamento dei requisiti per l’applicazione dell’art. 4 comma 2 della legge 04/2004:

I soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, non possono stipulare, a pena di nullita’, contratti per la realizzazione e la modifica di siti INTERNET quando non e’ previsto che essi rispettino i requisiti di accessibilita’ stabiliti dal decreto di cui all’articolo 11. I contratti in essere alla data di entrata in vigore del decreto di cui all’articolo 11, in caso di rinnovo, modifica o novazione, sono adeguati, a pena di nullita’, alle disposizioni della presente legge circa il rispetto dei requisiti di accessibilita’, con l’obiettivo di realizzare tale adeguamento entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto.

Questo significa che qualsiasi contratto sottoscritto dai soggetti destinatari della legge (tra cui non solo le P.A. centrali e locali ma anche universita’, CCIAA, ecc.) dopo l’entrata in vigore del DM 8 luglio 2005 che non contempli l’applicazione dei requisiti per i siti internet e’ nullo. Di fatto questo rende tutti i nuovi siti internet sviluppati per le P.A. conformi ai requisiti anche perche’, in caso contrario, significa che il fornitore non ha fornito un opera conforme a quanto si era contrattualmente impegnato o che la P.A. non e’ stata in grado di effettuare un idoneo collaudo non avvalendosi di dipendenti con adeguata formazione in materia (fornita anche dallo stesso CNIPA e promossa dalla stessa legge 04/2004 all’art. 8) o di sviluppatori esperti di accessibilita’ esterni all’ente. E’ chiaro che la legge inoltre chiede l’adeguamento dei contratti in essere – pena la nullita’ degli stessi: in entrambi i casi di inadempienza delle disposizioni di legge, come previsto dall’art. 9 della legge 04/2004, “comporta responsabilita’ dirigenziale e responsabilita’ disciplinare ai sensi degli articoli 21 e 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ferme restando le eventuali responsabilita’ penali e civili previste dalle norme vigenti” (considerando che un eventuale ricorso al TAR del “secondo arrivato” in una gara di fornitura non e’ poi azione cosi’ remota…).

In questo caso non si parla quindi di bollino ma di obbligo contrattuale e pertanto le P.A. non hanno l’obbligo di esporre alcun bollino, mentre hanno l’obbligo di conformare i nuovi siti ai requisiti di legge. E il controllo avviene anche grazie ai cittadini ed alle realta’ operanti nel settore: pertanto anche se per lo sviluppo di siti internet non avvengono gare ufficiali ma gare ufficiose (gli importi per la fornitura di siti internet per amministrazioni medio-piccole consentono di utilizzare tale modalita’ di fornitura) in cui l’oggetto della fornitura ed il capitolato non sono di fatto “pubblici”, il risultato dell’opera sara’ comunque sempre disponibile al pubblico e quindi verificabile dal cittadino anche e specialmente se soggetto a disabilita’. E qui si inserisce la nuova iniziativa di IWA relativa all’Osservatorio PA Digitale (OPAD) che sara’ di fatto uno sportello per i cittadini che desiderano segnalare eventuali mancate applicazioni dell’innovazione digitale prevista da diverse normative. L’associazione si fara’ quindi carico di contattare l’ente come soggetto interessato e di chiedere le motivazioni della mancata applicazione della norma attendendo quindi risposta dall’ente e rendendola poi disponibile al cittadino interessato e/o all’associazione di Consumatori che ha richiesto l’intervento di valutazione tecnica di verifica del sito della P.A.

Colgo l’occasione per far presente che il termine “diversamente abile” non e’ gradito dai soggetti con disabilita’ e non e’ neppure un termine riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanita’. Pertanto un termine “politically correct” ed utilizzabile  “persona con disabilita’”, considerando che in determinate situazioni possiamo tutti esser soggetti a delle disabilita’, anche se solo di tipo tecnico.

Va chiarito che l’art. 6 della legge 04/2004 prevede che il Dipartimento del MIT valuti l’accessibilita’ esclusivamente per i soggetti privati, ossia per i soggetti diversi da quelli indicati nell’art. 3 comma 1 della suddetta legge delegando la definizione del logo e delle modalita’ di rilascio tramite apposito decreto previsto dall’art. 10 della legge 04/2004. La possibilita’ di utilizzo del logo anche alle P.A. e’ stata pertanto definita nel decreto di cui all’art. 10 della legge 04/2004, ovvero dal DPR 75/2005 che all’art. 8 recita: “Le amministrazioni pubbliche e comunque i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, della legge n. 4 del 2004, che intendono utilizzare il logo sui siti e sui servizi forniti, provvedono autonomamente a valutare l’accessibilita’ sulla base delle regole tecniche definite con il decreto del Ministro per l’innovazione e le tecnologie, di cui all’articolo 11 della legge n. 4 del 2004; la valutazione positiva, previa segnalazione al Cnipa, consente l’utilizzo del logo”. Va chiarito che l’autovalutazione in questo caso non e’ paragonabile all’autoapposizione del “bollino” W3C-WCAG 1.0: il dirigente responsabile all’accessibilita’ deve compilare un apposito modulo in cui sottoscrive la dichiarazione di conformita’ e la invia al CNIPA che certamente rilascia il logo ma che dalla data di rilascio del logo puo’ sempre attivare i poteri ispettivi e di controllo previsti sia dalla legge 04/2004 (art. 7) che dal DPR 75/2005 (art. 9). Inoltre tale autovalutazione e’ esclusivamente valida per il logo senza asterischi (ovvero il logo che corrisponde al superamento della verifica tecnica) in quanto per ottenere gli asterischi (da 1 a 3, a seconda del livello di fruibilita’ del sito internet) e’ necessario che le stesse P.A. si rivolgano ad un valutatore iscritto all’elenco tenuto dal CNIPA. Val solo la pena di far notare come un dirigente della P.A. difficilmente autovalutera’ un prodotto ma si affidera’ in caso a dipendenti esperti nel settore oppure a consulenti esterni per la verifica oppure – caso piu’ reale – si limitera’ ad applicare la legge e rispettare i requisiti senza richiedere alcun bollino.

Va inoltre segnalato che dal 1 gennaio 2006 e’ entrato in vigore il codice della P.A. digitale che all’art. 53 sistema un “buco” normativo contenuto nella legge 04/2004. La legge 04/2004 – relativamente ai siti internet – si occupava di definire esclusivamente un obbligo contrattuale. Questo consentiva alle P.A. di poter “aggirare” la norma utilizzando soluzioni Open Source e/o sviluppando internamente in prodotti e richiedendo consulenze non per lo sviluppo ma per l’installazione dei sistemi di gestione contenuti (CMS). Con il primo gennaio 2006 e quindi con l’entrata in vigore dell’art. 53 del codice della P.A. che recita:

1. Le pubbliche amministrazioni centrali realizzano siti istituzionali su reti telematiche che rispettano i principi di accessibilita’, nonche’ di elevata usabilita’ e reperibilita’, anche da parte delle persone disabili, completezza di informazione, chiarezza di linguaggio, affidabilita’, semplicita’ di consultazione, qualita’, omogeneita’ ed interoperabilita’.
2. Il CNIPA svolge funzioni consultive e di coordinamento sulla realizzazione e modificazione dei siti delle amministrazioni centrali.
3. Lo Stato promuove intese ed azioni comuni con le regioni e le autonomie locali affinche’ realizzino siti istituzionali con le caratteristiche di cui al comma 1.

A questo punto andrebbe aperta una parentesi sulla formazione: sia nelle P.A. che nel settore privato andrebbe diffusa la conoscenza dei principi dello sviluppo accessibile con formazione adeguata fatta da professionisti. Non a caso il CNIPA ha deciso di avvalersi di docenti esperti di IWA e che la stessa IWA sta effettuando delle attivita’ formative nonche’ di definizione dei requisiti minimi per definirsi “esperto di accessibilita’” – considerato che con la nascita della legge gli esperti sono nati come funghi.

Va inoltre ricordato che la finalita’ della legge e’ di garantire a chiunque, indipendentemente dalla disabilita’, di poter accedere e fruire dei servizi offerti dalle P.A. e non si limita solamente ad i siti internet: la legge prevede anche l’accessibilita’ dei testi scolastici, delle opere multimediali, degli strumenti informatici e va ricordato che tale norma ad oggi supera di gran lunga altre normative in materia a livello mondiale, ponendo una volta tanto l’Italia come esempio e non come fanalino di coda nell’innovazione. Vanno inoltre ringraziati anche tutti gli italiani che quotidianamente operano nel settore anche a livello internazionale: gli unici italiani che partecipano alla stesura di raccomandazioni W3C e di norme ISO sono tutti sviluppatori esperti in materia di accessibilita’ associati ad IWA.

Si e’ quindi giunti alla conclusione che il “bollino italiano” per le P.A. e’ un qualcosa in piu’, qualcosa di non necessario visto che esiste gia’ un obbligo di rispetto della legge: trovare il bollino senza asterischi in un sito delle P.A. e’ come trovare sulla porta di un negozio il cartello “in questo negozio non si vendono prodotti scaduti”. Pertanto uno dei pregi di questa norma e’ che ha chiaramente obbligato le P.A. al rispetto di una serie di requisiti tecnici oggettivamente verificabili consentendo allo stesso tempo di esporre il bollino ma con un chiaro impegno sottoscritto dal dirigente responsabile e sempre con la “spada di Damocle” del possibile controllo del CNIPA.

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