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E-Commerce In Usa: Una Ripresa Dolorosa

13 Febbraio 2003 Commenta

NEW YORK. Negli Stati Uniti, dopo un breve periodo di crisi, si staassistendo negli ultimi tempi ad una notevole impennata delle vendite online, che hanno visto il loro raggio d’azione ulteriormente ampliarsi fino aricomprendere dei veri e propri supermercati di generi alimentari comeFreshdirect.com nato poco tempo fa per l’area di Manhattan e che mira inbreve tempo a servire anche i Queens e Brooklyn con sconti che vanno dal 10al 35%. Questa grossa ripresa, pero’, ha comportato inevitabilmente unrovescio della medaglia costituito dall’invito degli Stati Usa ad estenderela tassazione sulle vendite on line, invito subito accolto da gruppi comeWal Mart e Toys ‘R’ Us. I grandi colossi del commercio che hanno rispostoall’appello hanno, quindi, iniziato ad applicare le tasse su 500 milioni didollari circa di vendite via Internet precedentemente esenti. L’operazionedovrebbe portare un gettito fiscale aggiuntivo di 26 milioni di dollari.Era anche inevitabile che prima o poi il grande paradiso fiscale americanocostituito dalle vendite su Internet dovesse finire e non a caso si e’atteso il tanto sospirato periodo di risveglio dell’e-commerce per colpirecon la consapevolezza di non arrecare troppi danni. Purtroppo gli Statiamericani stanno attraversando un periodo economico difficile con pesantideficit da ripianare e la mannaia del fisco stava aspettando il momentogiusto per abbattersi inesorabilmente sulle transazioni on line.Attualmente gli USA concentrano circa i 4/5 delle attivita’ di commercioelettronico mondiale: per ciascuna delle principali categorie dicontrattazione virtuale gli Stati Uniti detengono il 75% dei siticommerciali transattivi, seguiti a lunga distanza dal Canada. La formidabilediffusione del commercio in rete, avvenuta nel Nordamerica trae origine dauna specifica forza strutturale: le microimprese innovative. La fitta retedi piccole imprese americane di recente costituzione, dotate delledimensioni ideali per l’ambiente Internet e in grado di accedere ai mercatimondiali e competervi esattamente come le imprese multinazionali, hannoregistrato impressionanti tassi di crescita e di redditivita’.L’amministrazione americana era, fino a poco tempo fa, fermamente convintache nessuna attivita’ impositiva discriminatoria doveva gravare sulcommercio elettronico, cosi’ come nessun tipo di barriera tariffaria o nontariffaria doveva essere elevata nei confronti degli scambi commercialielettronici, nel completo rispetto dei principi di tassazione internazionalee difatti nell’ottobre del ’98 era stata varata l’Internet tax freedom Act,una legge che ha bloccato – per tre anni – ogni tassa o nuovaregolamentazione governativa sul commercio elettronico.Allo stato attuale la legislazione statunitense in tema di e-commerce sisostanzia fondamentalmente in tre documenti legislativi di primariaimportanza e cioe’ l’Uniform Computer Information Transaction Act (UCITA), l’Uniform Electronic Transaction Act (UETA), e l’Electronic Signatures inGlobal and National Commerce Act.]]>

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E-commerce in Usa: una ripresa dolorosa.

12 Febbraio 2003 Commenta

Manhattan – Negli Stati Uniti, dopo un breve periodo di crisi, si sta assistendo negli ultimi tempi ad una notevole impennata delle vendite on line, che hanno visto il loro raggio d’azione ulteriormente ampliarsi fino a ricomprendere dei veri e propri supermercati di generi alimentari come Freshdirect.com nato poco tempo fa per l’area di Manhattan e che mira in breve tempo a servire anche i Queens e Brooklyn con sconti che vanno dal 10 al 35%.
Questa grossa ripresa, pero’, ha comportato inevitabilmente un rovescio della medaglia costituito dall’invito degli Stati Usa ad estendere la tassazione sulle vendite on line, invito subito accolto da gruppi come Wal Mart e Toys ‘R’ Us.
I grandi colossi del commercio che hanno risposto all’appello hanno, quindi, iniziato ad applicare le tasse su 500 milioni di dollari circa di vendite via Internet precedentemente esenti. L’operazione dovrebbe portare un gettito fiscale aggiuntivo di 26 milioni di dollari.

Era anche inevitabile che prima o poi il grande paradiso fiscale americano costituito dalle vendite su Internet dovesse finire e non a caso si e’ atteso il tanto sospirato periodo di risveglio dell’e-commerce per colpire con la consapevolezza di non arrecare troppi danni. Purtroppo gli Stati americani stanno attraversando un periodo economico difficile con pesanti deficit da ripianare e la mannaia del fisco stava aspettando il momento giusto per abbattersi inesorabilmente sulle transazioni on line.
Attualmente gli USA concentrano circa i 4/5 delle attivita’ di commercio elettronico mondiale: per ciascuna delle principali categorie di contrattazione virtuale gli Stati Uniti detengono il 75% dei siti commerciali transattivi, seguiti a lunga distanza dal Canada. La formidabile diffusione del commercio in rete, avvenuta nel Nordamerica trae origine da una specifica forza strutturale: le microimprese innovative.
La fitta rete di piccole imprese americane di recente costituzione, dotate delle dimensioni ideali per l’ambiente Internet e in grado di accedere ai mercati mondiali e competervi esattamente come le imprese multinazionali, hanno registrato impressionanti tassi di crescita e di redditivita’.
Il governo federale statunitense ha sempre sostenuto la pianificazione e lo sviluppo di un contesto legale uniforme a livello nazionale e globale per riconoscere, facilitare e promuovere le transazioni elettroniche internazionalmente: all’uopo lo US Federal Government ha collaborato con l’UNCITRAL per la produzione di un modello di legge uniforme che consenta l’uso dei contratti internazionali nel commercio elettronico, e dispone, di concerto con la Camera di Commercio Internazionale, la creazione di un codice commerciale uniforme valido per le contrattazioni su rete aperta.

Le aziende generalmente trasmettono, nello svolgimento della attivita’ caratteristica, informazioni riservate per le quali la segretezza e la inalterabilita’ della comunicazione divengono imprescindibili: l’impianto governativo statunitense e’ da molti anni rivolto alla implementazione di soluzioni innovative tendenti all’incremento della sicurezza delle reti aperte: le tecnologie di crittografia, la firma digitale e la certificazione elettronica sono traguardi raggiunti grazie all’incessante attivita’ delle agenzie governative e della grandi imprese americane.
L’amministrazione americana era, fino a poco tempo fa, fermamente convinta che nessuna attivita’ impositiva discriminatoria doveva gravare sul commercio elettronico, cosi’ come nessun tipo di barriera tariffaria o non tariffaria doveva essere elevata nei confronti degli scambi commerciali elettronici, nel completo rispetto dei principi di tassazione internazionale e difatti nell’ottobre del ’98 era stata varata l’Internet tax freedom Act, una legge che ha bloccato – per tre anni – ogni tassa o nuova regolamentazione governativa sul commercio elettronico.

Allo stato attuale la legislazione statunitense in tema di e-commerce si sostanzia fondamentalmente in tre documenti legislativi di primaria importanza e cioe’ l’Uniform Computer Information Transaction Act (UCITA), l’Uniform Electronic Transaction Act (UETA), e l’Electronic Signatures in Global and National Commerce Act.

In particolare l’UCITA e’ una recente legge-modello nordamericana, approvata nel luglio 1999 dalla National Conference of Commissioners on the Uniform State Laws che prende specificatamente in considerazione l’utilizzo degli agenti intelligenti per il commercio elettronico. Tale documento regola la licenza elettronica di software, ed e’ stato un modello molto criticato per il suo “favoritismo” nei confronti delle compagnie di software e per la poca considerazione degli interessi dei consumatori
In ogni caso  l’UCITA ha riscosso notevole successo presso gli Stati americani.

L’UETA, invece, e’ il provvedimento legislativo che attribuisce alla firma elettronica lo stesso valore della firma “vecchia maniera” e la California e’ stato il primo paese che ha riconosciuto la completa validita’ legale della firma elettronica anche se non pochi rimangono i problemi per i futuri acquisti di software on line.

Si ricorda, inoltre, che nel marzo 1999, un disegno di legge (Millennium Digital Commerce Act  del 1999, S. 761) e’ stato introdotto dal Sen. Abraham (R-Mich), e riguarda la prova di una firma elettronica (deve essere determinata dall’intento, dal contenuto e dalle circostanze esterne; non puo’ essere esclusa a causa del suo formato elettronico) e autonomia delle parti (le parti possono stabilire qualsiasi condizione desiderino).
La legge e’ un’iniziativa simile all’ UETA ed e’ stata approvata dal Senato il 19 novembre 1999.

L’UETA rappresenta, inoltre, uno statuto che uniforma su tutto il territorio americano le norme per le transazioni su rete.
Tende fondamentalmente a regolamentare unicamente le comunicazioni di carattere commerciale, con un atteggiamento molto aperto. La legge propone che nel caso di rapporti tra imprese o tra enti pubblici “le parti siano libere di scegliere il tipo di legge applicabile al loro contratto” (ad eccezione di rapporti coi consumatori o di rapporti internazionali o di evidenti contraddizioni tra la legge prescelta e la natura del contratto).
Prevede inoltre la costituzione di un unico Forum per dirimere le eventuali controversie tra diverse legislazioni.

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