Broadband Week, L’Altra Banda Larga In Scena A Milano
MILANO – A vedere i dati sembra che vada tutto bene. Per la fine di quest’anno in Italia il numero delle connessioni in banda larga avra’ raggiunto la ragguardevole cifra di 6,2 milioni, per poi passare a 8,1 milioni nel 2006 e a 9,5 nel 2007, ponendoci al secondo posto in Europa dopo la Germania (dati del rapporto 2005 di EITO). Eppure c’e’ la sensazione che il mercato sia a rischio di saturazione, non per avere esaurito la domanda disponibile ma per avere autolimitato la possibilita’ di soddisfare la domanda. Per essere meno economicisti e piu’ pratici, la possibilita’ di utilizzare i collegamenti in banda larga urta in Italia contro il doppio fattore infrastrutture, che si puo’ riassumere come segue.
Primo fattore, esiste oggi una infrastruttura capace di raggiungere tutti i possibili clienti (la rete telefonica) ma essa e’ nelle mani di un operatore, che non vede economicamente pagante il fatto di convertirla nella sua interezza alla banda larga, ossia non intende investire nelle sottocentrali per fornire l’ADSL a tutti i possessori di un telefono fisso. In numeri, questo si traduce nel fatto che i comuni italiani con meno di 5000 abitanti, non avranno l’ADSL ancora per molto tempo. Secondo fattore, non e’ economicamente e praticamente possibile, se non in casi rarissimi, per un operatore che non ce l’abbia gia’, costruire una rete fissa broadband che raggiunga in modo capillare tutti i possibili clienti.
Stante che la componente maggiore del costo per portare un cavo telefonico o equivalente a una casa risede nelle opere civili (leggi, lo scavo e il ripristino della copertura), in pratica questo significa che la possibilita’ di portare la fibra ottica nelle case (Fiber-to-the-home), per tutti gli anni ’90 il Graal della banda larga, e’ limitata ad aree ristrette, per lo piu’ urbane, e alla presenza di un operatore dotato di molti mezzi e agganci istituzionali. Non per nulla oggi l’unico operatore che ha una rete in fibra per il mercato residenziale opera in tre citta’ e in tutte e tre e’ alleato con la municipalizzata che fornisce servizi multiutility. Gli operatori tradizionali, sia l’ex-monopolista che gli alternativi che si appoggiano alla sua rete in rame per fornire il servizio, si rendono conto di stare per raggiungere il punto di saturazione e che questo comportera’ una pressione sui margini. Da qui i molti progetti gia’ attivi per fornire servizi a valore aggiunto sull’ADSL, in primis la TV, ma di questo parleremo un’altra volta.
Qui ci preme far notare che la banda larga per fortuna non si riduce ad ADSL e fibra, ma che si sono tecnologie che offrono prestazioni simili con pero’ un enorme vantaggio: non avere bisogno di un’infrastruttura nemmeno lontanamente comparabile, e questo perche’ sono wireless. Parliamo solo di quelle per la tecnologia e’ disponibile e stabile, ma anche con questa limitazione la dotazione e’ completa. La tecnologia piu’ wireless di tutte per fornire banda larga e’ quella delle connessioni satellitari bidirezionali, che richiedono solo una parabola e relativo decoder presso l’utilizzatore e, naturalmente, un bel satellite in orbita geostazionaria. Tutte le comunicazioni avvengono tramite questo canale, si puo’ fare completamente a meno della linea fissa, la velocita’ e’ piu’ che ragguardevole. Il costo e’ un po’ elevato non tanto per il traffico, che in modalita’ tariffaria flat sta tra i 99 e i 199 euro al mese secondo le prestazioni che si vogliono garantite, quanto per il decoder/trasmettitore, che e’ pur sempre un pezzo di hardware che cosa molte centinaia di euro. Il limite della strada satellitare al broadband e pero’ intrinseca alla natura dei satelliti attuali e a quelli previsti per i prossimi anni. La capacita’ aggregata massima di trasmissione dati di un satellite e’ in media di un paio di Gigabit al secondo nelle due direzioni. Ci vuol poco a calcolare quante connessioni alla velocita’ di una ADSL normale (640 Kbit) sono sufficienti a esaurire la banda disponibile. I satelliti geostazionari sono poi una risorsa limitata allo spazio (sembra un paradosso) disponibile in orbita, i cosiddetti slot, che limita la quantita’ di oggetti orbitanti possibili per coprire una certa area (piu’ di si allontana dalla verticale piu’ il segnale si indebolisce e si degrada). Per questo il satellite bidirezionale e’ un’alternativa consolidata tecnologicamente ma ristretta dal punto di vista del mercato potenziale, a chi ha veramente bisogno della banda larga, non puo’ avere l’ADSL e non si puo’ permettere una connessione terrestre dedicata.
Se l’Italia ha un problema economico di copertura limitata dell’ADSL, figuriamoci un Paese come gi Stati Uniti, ed e’ proprio dall’America che viene un’alternativa alla banda larga tradizionale con un potenziale enorme, ossia il WiMax, o meglio la combinazione tra questo e il piu’ noto Wi-Fi.
WiMax nasce come standard americano IEEE 802.16 per servire ai fornitori di telecomunicazioni come tecnologia di dorsale per collegare gruppi di hot spot Wi-Fi senza passare da collegamenti fissi (ognuno cerca di sfuggire alle dure leggi dell’infrastruttura per quel che gli compete.). Siccome pero’ quando un’idea tecnologica ha potenziale si finisce per svilupparlo, lo standard ricevette presto aggiunte e integrazioni che lo mettevano in grado di fornire collegamenti diretti a singoli utenti. In Europa la cosa non suscito’ piu’ di tanto interesse, eccetto che presso alcuni produttori di telefonia mobile (leggi Nokia) che ci videro inizialmente solo la possibilita’ di realizzare un sistema di telefonia wireless a costi molto inferiori a quelli del cellulare tradizionale, specialmente per i Paesi in via di sviluppo. Venne cosi’ formato il WiMax Forum per sviluppare specifiche di compatibilita’ a partire dal molto complesso e variegato standard IEEE 802.16. Il Forum per un po’ venne gestito da Nokia per i suoi obiettivi gia’ ricordati, ma poi entro’ Intel e ci fu la sterzata: il gigante dei semiconduttori aveva deciso che WiMax sarebbe stata la prossima tecnologia wireless universale per i dati in banda larga. Oggi esiste un’offerta di apparecchiature WiMax di tutto rispetto. Per l’Italia la normativa ancora non esiste ma esistera’ a breve. Per l’autunno si prevede infatti che iniziera’ una fase sperimentale che riguardera’ WiMax e anche il “vecchio” Wi-Fi in spazi non confinati, modalita’ d’uso oggi espressamente vietata da noi. Per la meta’ del 2006, quindi, se tutto va bene, sara’ possibile fornire servizi di connettivita’ digitale in banda larga (70 mbit/secondo per connessione) anche dove i collegamenti terrestri non arrivano con un costo infrastrutturale non troppo elevato (un’antenna WiMax copre un raggio di 50 chilometri e anche piu’). Sul lato utente ci potra’ essere un ricevitore dedicato oppure, piu’ spesso, uno o piu’ hot spot Wi-Fi. Tutto questo fara’ nascere nuovi concorrenti tra i fornitori di comunicazioni, ne rilancera’ alcuni (le compagnie telefoniche alternative, che languono da un po’) spingera’ le comunita’ locali a prendere in mano il proprio destino in banda larga? La risposta a brevissimo. Intanto, come spesso accade, un problema di convenienza economica di una tecnologia e’ stato risolto da un’altra tecnologia. L’altra banda larga al salvataggio della banda larga.
Nel corso della Broadband Week ( http://www.braoadbandweek.it ), istituzioni e aziende analizzeranno questi problemi e faranno il punto sulle tecnologie e applicazioni disponibili, soprattutto in occasione del workshop del pomeriggio dell’8 giugno organizzato alla Casa dell’Energia e dedicato appunto alle varie forme dell’altra banda larga.
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