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EDITORIAL: Lesione di interessi legittimi di diritto privato; La questione del danno ed il problema del suo risarcimento – Questioni di giurisprudenza e prospettive future

12 Luglio 2002 Commenta

La questione del danno ed il problema del suo risarcimento

Dalla trattazione svolta e’ possibile cogliere le linee di tendenza di una evoluzione della tutela dell’interesse legittimo che, con il passare del tempo, si e’ andata progressivamente rafforzando.

La figura dell’interesse legittimo si afferma nell’ordinamento giuridico inizialmente solo in ambito pubblicistico, dove viene in considerazione non come autonoma posizione giuridica soggettiva, ma quale strumento attribuito al privato per controllare che la pubblica autorita’ faccia del proprio potere discrezionale un uso legittimo. In questa prima fase non aveva effettiva rilevanza l’interesse materiale, in quanto l’interesse legittimo rilevava esclusivamente come  mero interesse a ricorrere, ogniqualvolta un atto o un provvedimento amministrativo produceva una lesione nella sfera giuridica dei privati (cd. teorie processuali).

Nel corso del tempo si e’ andato sempre piu’ diffondendo, prima in dottrina e poi anche in giurisprudenza, l’opinione secondo la quale l’interesse legittimo sarebbe preesistente all’attivita’ processuale, costituendo una posizione giuridica soggettiva, diversa dal diritto soggettivo, ma ugualmente autonoma e degna di tutela. Questa opinione si e’ diffusa a tal punto che la stessa Carta Costituzionale, negli artt.24, 103, 113, prevede in maniera esplicita sia la tutela degli interessi legittimi, sia quella dei diritti soggettivi. Il costituente riconosce l’interesse legittimo come una posizione giuridica soggettiva che assume pari dignita’ e tutela rispetto al diritto soggettivo, pur rispettandone le differenze sostanziali di struttura e di funzione, tali da determinare un diverso tipo di giurisdizione.

Ad ogni modo, questa evoluzione aveva riguardato solamente la sfera pubblicistica  , in cui vi e’ sempre un interesse generale (di un piu’ o meno vasto gruppo di individui) che si contrappone e, spesso prevale, sui personali interessi dei privati.

Agli inizi del secolo alcune sporadiche voci in dottrina cominciano timidamente ad ipotizzare la possibile configurazione degli interessi legittimi anche in campo privatistico. Negli anni successivi la dottrina favorevole   diviene sempre piu’ cospicua, fino ad arrivare ai giorni nostri in cui tale opinione e’ quasi unanimemente condivisa.

Ferma pero’ e’ rimasta la posizione della giurisprudenza, che non riconosce in linea di principio la risarcibilita’ del danno per la lesione di tali interessi  . La motivazione di una cosi’ ferma posizione risiede nell’interpretazione data all’art.2043 c.c., il quale statuisce che “qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”. La giurisprudenza associa al concetto di “danno ingiusto” la lesione di un diritto soggettivo, originariamente di un  diritto soggettivo assoluto.

Da qualche tempo si assiste pero’ ad una inversione di tendenza, la giurisprudenza in piu’ occasioni ha dimostrato di voler ampliare il concetto di “danno ingiusto”, facendovi rientrare le situazioni giuridiche diverse dal diritto soggettivo assoluto. Questo e’ cio’ che si e’ verificato a proposito del risarcimento del danno derivante da lesione dei diritti soggettivi relativi (tutela aquiliana del diritto di credito) che e’ stato riconosciuto in linea di principio dalla giurisprudenza con l’importante sentenza della Cassazione del 26 gennaio 1971, n°174 (caso Meroni)  , che riconobbe alla societa’ Torino – calcio la possibilita’ di ottenere il risarcimento del danno subito per la morte di uno dei suoi calciatori (Luigi Meroni) in un incidente stradale verificatosi per colpa di un terzo. Con questa decisione, la Suprema Corte modifico’ la sua posizione rispetto ad un caso analogo (la questione di Superga)   verificatosi alcuni anni prima e che aveva come protagonista sempre la societa’ Torino – calcio la quale, in conseguenza di una sciagura aerea nelle prossimita’ di Superga in cui peri’ l’intera squadra, fece richiesta alla compagnia aerea per il risarcimento del danno che da tale sciagura le era derivato, ma la Cassazione nego’ in questo caso la tutela aquiliana del credito.

Analoghe soluzioni si sono avute in relazione alla risarcibilita’ per lesione di aspettative   e per perdita di chance  .
A conferma dell’idea di un cambiamento di tendenza e’ la sentenza della Corte Costituzionale del 25 marzo 1980, n°35  , la quale, esaminando la questione di legittimita’ costituzionale dell’art.31 legge 17 agosto 1942, n°1150 sollevata da una corte di merito, e dichiarandola inammissibile per difetto di rilevanza, ha affermato che s’impone oramai all’attenzione del legislatore il problema della responsabilita’ civile della pubblica amministrazione per il risarcimento dei danni derivanti a soggetti privati dalla emanazione di atti o provvedimenti amministrativi illegittimi, lesivi di situazioni d’interesse legittimo. Ha precisato che si tratta di un problema complesso che richiede prudenti soluzioni normative, non solo nella disciplina sostanziale, ma anche nel regolamento delle competenze giurisdizionali.

Tale decisione, a sottolineare l’importanza e l’attualita’ della questione, e’ stata richiamata anche dalla sentenza della Cassazione del 20 aprile 1994, n°3732  , la quale nega il risarcimento del danno per l’illegittimo diniego di una concessione edilizia, dato che la posizione del privato e’ configurabile come interesse legittimo e non come diritto soggettivo.


In questa decisione la giurisprudenza, pur non modificando il suo orientamento, mette in luce come la questione sia effettivamente sussistente e come “allo stato attuale manca una disciplina legislativa di carattere generale che consenta l’azione di risarcimento di danni anche per lesione di un interesse legittimo”, ma comunque e’ possibile ravvisare “una linea di tendenza diretta a consentire la predetta forma di tutela”.

A questo punto la giurisprudenza rimette la questione nelle mani del legislatore, il quale mostra la tendenza ad una soluzione positiva del problema. In tal senso puo’ essere letto il disegno di legge AC/702, presentato il 15 giugno 1994, che mira a precisare il contenuto dell’art.2043 c.c., nel senso che e’ da ritenersi “ingiusto anche il danno derivante dalla lesione di interesse legittimo”, disegno che pero’ si e’ arenato in Commissione Giustizia della Camera, ed e’ decaduto a seguito della conclusione della legislatura (XII legislatura) .

Decisamente innovativo e’ stato l’art.13 della legge 142/92, attuativa della direttiva CEE del 21 dicembre 1989, n°665  , il quale stabilisce che “i soggetti che hanno subito una lesione a causa di atti compiuti in violazione del diritto comunitario in materia di appalti pubblici di lavori o forniture o delle relative norme interne di recepimento, possono chiedere all’amministrazione aggiudicatrice il risarcimento del danno. La domanda di risarcimento e’ proponibile dinanzi al giudice ordinario da chi ha ottenuto l’annullamento dell’atto lesivo con sentenza del giudice amministrativo”  .

Questa norma non rappresenta pero’ un caso isolato. In seguito sono intervenuti l’art.11 comma 1 della legge 19 dicembre 1992, n°489, art.11 lettera i) della legge 22 febbraio 1994, n°146, e l’art.30 del D.L.gs.17 marzo 1995, n°157, che recuperano quanto statuito dall’art.13 e ne ampliano la portata, il primo alle procedure di appalti di enti erogatori di acqua, energia elettrica e servizi di trasporto, gli altri agli appalti di servizi; ancora la legge 11 febbraio 1994, n°109, modificata dal d.l.3 aprile 1995, n°101, convertito nella legge 2 giugno 1995, n°216, in relazione agli appalti di opere pubbliche in genere; in materia di ritardo sul rilascio di concessione edilizia, art.4 d.l.5 ottobre 1993, n°398, convertito in legge 4 dicembre 1993, n°493; legge 23 dicembre 1996, n°662, art.2; legge 15 marzo 1997, n°59, art.20, comma 4, lettera h), relativo l’indennizzo per il mancato rispetto dei termini del procedimento o degli obblighi a carico dell’amministrazione.

In nessuna delle predette disposizioni sono esplicitamente riscontrabili le parole “interessi legittimi”: in relazione alla direttiva comunitaria questo si spiega in considerazione del fatto che il diritto comunitario non conosce l’interesse legittimo; per quanto attiene invece alle norme interne, il riferimento a tali interessi, anche se non esplicito, e’ comunque inequivocabile, poiche’ la posizione di cui gode il privato partecipante a gare di appalti pubblici e’ tipicamente quella degli interessi legittimi.

Nonostante dette innovazioni legislative la posizione della giurisprudenza non e’ mutata, essendo rimasta, se non “pietrificata”, quanto meno ferma, ma solo in linea di principio, sulla sua posizione di origine. Infatti l’art.13 viene letto come un’eccezione al principio generale della irrisarcibilita’ della lesione di interessi legittimi vantati dal privato nei confronti della pubblica amministrazione  , in quanto, dice la Suprema Corte, laddove fosse ammissibile un’azione risarcitoria per la tutela degli interessi legittimi, non sarebbe stato necessario dettare una apposita normativa per il risarcimento dei danni nella materia degli appalti pubblici comunitari.   

Probabilmente la ragione di siffatta posizione risiede nella preoccupazione, avvertita dalla giurisprudenza, per i riflessi economici incidenti sulla pubblica amministrazione e per le ulteriori spese che andrebbero a gravare su tutta la collettivita’ in conseguenza del riconoscimento.

E’ evidente che se venisse garantito il risarcimento non solo per i diritti soggettivi, ma anche per gli interessi legittimi, cio’ comporterebbe gravi conseguenze in primo luogo per la pubblica amministrazione, nel caso di azione ad essa rivolta, ma incidenti su tutta la collettivita’, determinando un aumento dei costi. Cio’ si verifica anche nel caso in cui l’azione fosse riconosciuta in ambito privatistico per quanto attiene alle relazioni che intercorrono tra soggetti privati.

Per quanto l’aspetto economico sia un argomento valido soprattutto sul piano pratico, non sembra sufficiente ad escludere una soluzione in senso positivo della questione che si presenta di continuo sul piano concreto, stando a significare un’esigenza ormai diffusa e sentita.

In verita’, non esistono motivazioni sul piano giuridico che ostano ad un’interpretazione in tal senso, infatti non vi e’ nulla che impedisca una tutela piu’ ampia di tali interessi, ne’ dal punto di vista dell’interesse, ne’ dal punto di vista del danno.

Sotto il primo aspetto (l’interesse), e’ opinione diffusa che gli interessi legittimi vengano considerati come una vera e propria posizione giuridica sostanziale, avente una sua funzione (che non e’ solo quella strettamente processuale) ed una sua autonomia, che le viene riconosciuta e garantita dalla costituzione, ed oramai condivisa anche dalla giurisprudenza.

Sotto il secondo aspetto (il danno) non esiste alcuna disposizione di legge che lo escluda, dato che l’art.2043 c.c. ritiene che il risarcimento del danno e’ conseguenza di un “danno ingiusto”, ma nulla lascia intendere che tale espressione si debba riferire in maniera esclusiva ai diritti soggettivi.

Per danno ingiusto deve intendersi il danno contra ius, cioe’ quella diminuzione patrimoniale o lesione personale che non si ha il diritto di provocare. E’ tale la violazione di un diritto soggettivo; ma lo e’ anche il danno derivante ad un soggetto in conseguenza dell’illegittimo esercizio del potere sia da parte della pubblica amministrazione, sia da parte di privati per il perseguimento di finalita’ diverse da quelle per le quali il potere era stato attribuito. Secondo alcune autorevoli voci in dottrina  , il soggetto investito di funzioni (pubbliche o private) ha l’obbligo giuridico di agire per raggiungere gli scopi fissati dalla legge, concretizzandosi la sua situazione come quella di “doverosita’”; il soggetto deve agire per perseguire e tutelare interessi ultraindividuali, nel rispetto pero’ di quelle posizioni individuali, secondo il generale principio del neminem laedere.  

Il diritto al risarcimento nasce dalla lesione di situazioni individuali tutelate dall’ordinamento conseguenti all’illegittimo esercizio del potere da parte di organi o soggetti preordinati ad esercitarlo, e non piuttosto dalla legittimita’ o meno dell’atto o provvedimento che costituisce la causa efficiente del danno.

Da questo ragionamento emerge come non vi siano ragioni di ordine logico da giustificare una inammissibilita’ di detto risarcimento, tanto piu’ che recentemente l’ordinamento giuridico, conformandosi all’ordinamento comunitario, ha introdotto, con l’art.13 della 142/92, il principio del risarcimento del danno derivante da lesione di posizioni qualificabili come interessi legittimi, anche se fino ad ora solo limitatamente alla materia degli appalti e delle forniture. Questa norma, contrariamente a quanto afferma la giurisprudenza che la legge in chiave restrittiva, va vista come una prima risposta ad una esigenza oramai difficilmente contestabile, va considerata come espressione di un principio di carattere generale applicabile tanto al diritto pubblico, quanto al diritto privato.

Questioni di giurisprudenza e prospettive future.

L’evoluzione della dottrina e della giurisprudenza sino ad ora esaminata, ha riconosciuto un importante rilievo agli interessi legittimi nell’ambito delle situazioni giuridicamente rilevanti. A cio’ ha contribuito l’art.13 della legge 142/92, che da’ un impulso positivo alla risarcibilita’ di detti interessi. Ma se da una parte tale normativa incide in maniera positiva, dall’altra pone questioni di non facile soluzione.

Il secondo comma dell’art.13 stabilisce che “la domanda di risarcimento e’ proponibile dinanzi al giudice ordinario da chi ha ottenuto l’annullamento dell’atto lesivo con sentenza del giudice amministrativo”, questo comporta il cd. doppio binario di giurisdizione, gia’ utilizzato dalla giurisprudenza nel caso di lesione di un diritto soggettivo, prodotta da atti amministrativi illegittimi. Il privato deve prima ricorrere al giudice amministrativo per ottenere l’annullamento del provvedimento illegittimo, e solo in seguito potra’ rivolgersi al giudice ordinario per il risarcimento del danno. Tale complesso procedimento implica che il privato, per vedere soddisfatta la propria pretesa risarcitoria, deve percorrere almeno cinque gradi di giudizio, con il rischio che si formi una contraddittorieta’ di giudicati.

La ratio di questa complessa procedura risiede nel fatto che l’ordinamento giuridico prevede, da una parte un giudice competente a sindacare sugli interessi legittimi, ma non a condannare al risarcimento del danno (autorita’ giudiziaria amministrativa), dall’altra un giudice competente a condannare al risarcimento, ma non a giudicare sugli interessi legittimi (autorita’ giudiziaria ordinaria).

Va pero’ precisato che il problema del riparto di giurisdizione sorge solo in relazione a violazioni di posizioni d’interesse legittimo causate da atti o provvedimenti amministrativi, in quanto, nella sfera privatistica, il singolo pregiudicato da atti o comportamenti di gruppi o di singoli puo’ rivolgersi direttamente al giudice ordinario, il quale sara’ competente sia per l’annullamento dell’atto illegittimo o viziato, sia per la condanna al risarcimento del danno  . Di conseguenza la tutela del singolo in sede privatistica si presenta piu’ agevole di quanto non lo sia in ambito pubblicistico, salvo le peculiarita’ di carattere processuale legate ad un’eventuale contestualita’ di domande, o a questioni di pregiudizialita’ e di riparto di competenza, o piuttosto alla possibilita’ di richiedere un accertamento in via incidentale.   

Per ovviare a tali inconvenienti, da piu’ patri si e’ sentita l’esigenza di una riforma che snellisca e velocizzi la tutela dei singoli in sede giurisdizionale  , anche perche’ sembra vada sempre piu’ affermandosi, sul piano dell’ordinamento giuridico, la tendenza a riconoscere che cio’ che effettivamente rileva e’ l’interesse del cittadino in quanto tale, il quale, se riconosciuto giuridicamente rilevante, appare degno di tutela indipendentemente dal fatto che assuma la veste di diritto soggettivo ovvero di interesse legittimo. Sembra quindi che vada attenuandosi sul piano della tutela la distinzione tra il diritto soggettivo e l’interesse legittimo.

Tale attenuazione delle differenze ai fini della tutela ha indubbiamente un riflesso sul dibattito attualmente in corso in sede di riforme istituzionali  , ove si discute il tema dell’unificazione delle giurisdizioni, in quanto e’ noto che la ripartizione delle competenze tra giurisdizione ordinaria e giurisdizione amministrativa poggia proprio sulle differenze di tutela tra diritto soggettivo ed interesse legittimo.

Il dibattito in questa materia e’ il segno che i tempi sono maturi per riconoscere una piu’ ampia tutela all’interesse legittimo, e che tale esigenza e’ ormai ampiamente avvertita nella societa’.

Un importante segnale in questo senso e’ venuto dal recente D. Lgs.31 marzo 1998, n°80, recante “nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell’art.11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n°59”, con il quale il legislatore ha totalmente rimodellato i criteri di riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo. Infatti, la materia del pubblico impiego, da sempre rientrante nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, viene deferita al giudice unico del lavoro, mentre tutte le controversie relative ai servizi pubblici, all’edilizia ed all’urbanistica (ai sensi degli artt.33 e 34 D Lgs.80/98) sono rimesse alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Questo comporta che in tali materie il giudice amministrativo diventa il giudice del danno subito dai privati, disponendo anche attraverso la reintegrazione in forma specifica ed il risarcimento del danno; puo’ avvalersi di un maggior numero di mezzi istruttori, tra cui mezzi di prova propri del codice di procedura civile (esclusi l’interrogatorio formale ed il giuramento); e giudica di tutti i diritti, anche quelli patrimoniali conseguenziali (art.35 D.Lgs.80/98)  .

In questo contesto s’inquadra il comma 5 dell’art.35 del suddetto decreto, con cui vengono abrogati l’art.13 legge 142/92, ed ogni altra disposizione che prevede la devoluzione al giudice ordinario delle controversie sul risarcimento del danno conseguente all’annullamento di atti amministrativi. Il legislatore ha cosi’ cercato di risolvere il problema del doppio binario di giurisdizione in relazione a questioni attinenti alla risarcibilita’ degli interessi legittimi; difatti questa disposizione va letta in chiave processualistica, attenendo esclusivamente al passaggio delle controversie ad un giudice diverso, quello amministrativo, senza pero’ pregiudicare la questione sostanziale della risarcibilita’ degli interessi legittimi. Se cosi’ non fosse, non solo si sarebbe fatto un passo indietro rispetto alla 142/92, ma si contravverrebbe anche alla direttiva comunitaria (21 dicembre 1989, n°665) che rimane comunque valida.

A conferma di questa radicale inversione di tendenza rispetto al passato si colloca la fondamentale sentenza della Cassazione del 22 luglio 1999, n.500, la quale prende spunto dalla richiesta avanzata da un cittadino al Tribunale di Firenze alla condanna di un Comune per il mancato inserimento di un terreno fra le zone edificabili individuate dal piano regolatore, e che era stato oggetto di una convenzione di lottizzazione con il suddetto Comune. In questa decisione le Sezioni Unite per la prima volta hanno riconsiderato il loro precedente orientamento sulla non risarcibilita’ degli interessi legittimi, ed hanno riconosciuto come l’espressione “danno ingiusto” contenuta nell’art.2043 c.c. non vada esclusivamente riferita alla lesione di diritti soggettivi, piuttosto debba considerarsi ingiusto “il danno che l’orientamento non puo’ tollerare che rimanga a carico della vittima, ma va trasferito sull’autore del fatto, in quanto lesivo di interessi giuridicamente rilevanti”, senza che assuma quindi rilievo la loro qualificazione come diritto soggettivo o interesse legittimo. Inoltre, prendendo le mosse dalle novita’ introdotte dal d.lgs.80/98, la Cassazione ha reputato, ai fini della configurabilita’ dell’illecito, della sussistenza del danno e dell’eventuale dolo o colpa della pubblica amministrazione, che la mancanza di un giudizio di annullamento per illegittimita’ dell’azione della stessa da parte del giudice amministrativo non preclude la possibilita’ per il giudice ordinario di valutare l’esistenza di detti elementi in tutte quelle materie che non rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, il quale, come si e’ detto, ha oggi in tali ambiti una giurisdizione piena.

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