I contratti informatici
La maggior parte delle problematiche legate al “Cyberspazio” possono essere facilmente trattate come metafore del mondo reale. Allorquando il futuro proprietario di un sito web sceglie di affidare il mantenimento e lo sviluppo dello stesso ad un fornitore di servizi, il contratto che ne deriva risultera’ piuttosto simile ai contratti di appalto relativi a beni tangibili come la costruzione di appartamenti, uffici, fabbriche o impianti industriali.
In effetti tali contratti in Italia vengono appunto ricondotti alla fattispecie del contratto di appalto (locatio operis) con il quale una parte, detta appaltatore “assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro” (art. 1655 c.c.).
Nell’ambito della riconduzione a tale fattispecie, non importa fino a che punto il contratto in questione possa essere “chiavi in mano”: i rapporti tra il committente e l’appaltatore saranno considerevolmente differenti da quelli esistenti normalmente tra venditore e acquirente di un determinato bene.
La risoluzione della maggior parte delle problematiche afferenti tale questione devono essere previste dal contratto e, nella maggioranza dei paesi di “Civil Law”, sono regolate dalla legge fermo restando la possibilita’ di diversa pattuizione. In Italia, per esempio, la clausola dell’art. 1656 prevede il divieto di subappalto a meno di espressa autorizzazione del committente. L’appaltatore fornisce di regola i materiali indispensabili allo svolgimento dei lavori (art. 1658 c.c.) e le variazioni nel piano dei lavori devono essere espressamente autorizzate dal committente (art. 1659 c.c.); all’appaltatore non e’ dovuto nessun compenso addizionale per le variazioni se il pagamento era stato stabilito in misura fissa a meno che tali lavori non vengano considerati necessari o siano stati richiesti dal committente stesso. L’appaltatore deve inoltre conformarsi alle decisioni di eventuali variazioni proposte dal committente quando queste non comportino cambiamenti di notevole entita’.
Il committente ha il diritto di controllare lo stato dei lavori sia nel corso di esecuzione degli stessi che al loro completamento e comunque prima della consegna (artt. 1662 e 1665 c.c.) e i pagamenti possono essere effettuati in proporzione ai lavori gia’ conclusi e verificati. La verifica e la conseguente accettazione, in ogni caso, non liberano completamente l’appaltatore pero’ sussiste l’obbligo per il commitente di comunicare eventuali difetti o imprecisioni nell’esecuzione dei lavori entro sessanta giorni dalla scoperta degli stessi. Infine l’appaltatore e’ responsabile del perimento o del deterioramento del lavoro fino alla consegna e il committente ha il diritto di recedere dal contratto, anche dopo l’inizio dell’esecuzione dei lavori, “purche’ tenga indenne l’appaltatore delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno” (art. 1671 c.c.). D’altro canto, la risoluzione del contratto, non compromette, nel caso in cui alcune prestazioni siano state concluse e verificate, il pagamento del prezzo per tali incombenti.
La maggior parte di queste norme sono pedissequamente applicabili ai contratti di manutenzione e sviluppo dei siti web. Il problema si pone quando il committente progetta direttamente un piano per lo sviluppo e il mantenimento del sito che intende creare, affidandone l’esecuzione a diverse parti a prezzi standardizzati.
La progettazione generale di un sito web viene normalmente pianificata ed organizzata dai vari reparti delle risorse interne dell’azienda: per esempio la divisione marketing e pubbliche relazioni per quello che riguarda la pubblicita’ e la penetrazione del mercato, la divisione relazioni esterne – specialmente quando il sito o parte di esso presentera’ una panoramica dell’azienda, delle sue filiali e della sua organizzazione -, la divisione commerciale nel caso molto frequente in cui sia previsto uno spazio per l’E-Commerce, ecc. Nei progetti piu’ ambiziosi si tende inoltre a richiedere l’aiuto di agenzie di pubbliche relazioni, di pubblicitari, esperti grafici, vignettisti, esperti di diritto industriale. In effetti le aziende hanno compreso che per lo sviluppo e il mantenimento di un sito web non sono semplicemente necessari programmatori o esperti di computer: l’apporto di questi ultimi puo’ essere paragonabile a quello di una dattilografa nell’aiuto alla redazione dell’ultimo best seller di Stephen King o di Michael Crichton, o a quello di un muratore nella costruzione di un edificio di Le Corbusier. Di sicuro il semplice utilizzo di programmatori o web master non garantisce l’alta qualita’, il contenuto appropriato, la forza di penetrazione di un sito.
Normalmente l’implementazione di un sito web non e’ considerata una questione banale e il committente ha spesso interesse a che le caratteristiche tecniche di sviluppo del sito siano regolate dal contratto. In effetti l’adozione di una risorsa tecnica (a titolo esemplificativo la scelta tra i codici HTML o XML, tra la tecnologia Java o quella ActiveX) puo’ essere di basilare importanza in termini di compatibilita’ con il piu’ ampio numero di browser e sistemi operativi, senza contare le diverse caratteristiche di flessibilita’ o le varie possibilita’ di espansione dei differenti strumenti. Dato che i siti web sono, per loro natura, diretti al pubblico e costantemente in aggiornamento, la scelta precisa di uno strumento tecnico puo’ diventare velocemente un legame per l’azienda intenzionata a gestire direttamente l’aggiornamento del sito e che non e’ assolutamente interessata alle diverse politiche o scelte in tal senso dei vari appaltatori (che per esempio preferiscono utilizzare per lo sviluppo e il mantenimento del sito stesso programmi di elaborazione o sistemi operativi di nicchia o non utilizzati dall’azienda appaltante).
Le molteplici offerte per piccoli siti, d’altro canto, promosse da service provider, portali, web designer e simili, promettono di occuparsi di tutte le fasi di costruzione del sito: dal design allo sviluppo e alla sua implementazione. Spesso si tratta di un semplice prototipo o di una mera Home Page alla quale vengono continuamente aggiunti nuovi contenuti e caratteristiche. Queste offerte possono normalmente comprendere una serie di servizi supplementari che non sono strettamente connessi con lo sviluppo e il mantenimento del sito (per esempio la creazione di una banca dati, di un archivio, ecc.).
Oltre alla realizzazione dei codici HTML e alla creazione del sito, due tipici servizi addizionali ai contratti informatici vengono normalmente in essere: il primo e’ conosciuto come hosting, in cui l’appaltatore mantiene il sito sul suo server ed il secondo prende il nome di housing, quando l’appaltante mantiene il server e si prende cura della sua gestione, della manutenzione e dell’eventuale upgrade. Questi due servizi sono da considerarsi ad esecuzione continuata cosicche’ i termini del contratto devono essere previsti con rispetto all'”affitto”, alla durata del contratto, al suo termine, ecc. E’ da sottolineare, inoltre, l’importanza che rivestono le previsioni relative ai cossiddetti “tempi morti” o “downtime” dovuti a possibili interruzioni dell’accesso al sito a causa di crash di sistema o a difetti dell’hardware.
Normalmente il committente garantisce l’appaltatore da eventuali pretese per la violazione di diritti di terzi (nell’ambito dei diritto d’autore, dei marchi, della concorrenza, di normative penali, ecc.) in relazione ai servizi offerti.
Lo stesso appaltatore, d’altro canto, puo’ essere tenuto a rendere accessibili alcune informazioni alla pubblica autorita’ che ne faccia richiesta (nel caso di investigazioni da parte della pubblica sicurezza per casi di hacking, per proporre un esempio relativo alle recenti cronache giudiziarie).
Un altro problema e’ certamente legato al trattamento dei dati personali e alle relative misure di sicurezza quando il server non pubblica semplicemente pagine HTML ma preleva dati e informazioni degli utenti (i famosi cookies a mero titolo esemplificativo).
Se il sito web mette inoltre a disposizione programmi per elaboratori (sia appartenenti all’azienda stessa che presenti sul sito a seguito dell’upload dell’utente) o offre servizi applicativi devono essere tenute in opportuna considerazione le problematiche legate ai diritti di proprieta’ industriale e intellettuale e le eventuali responsabilita’.
Un servizio preliminare offerto una tantum da parecchi sviluppatori di siti web e’ la registrazione del nome a dominio, spesso nella sua forma piu’ semplice: “www.<nomedelsito>.<dominiodiprimolivello>”; il sito della ibm, per esempio, offre la parola “IBM” come nome del sito ed ha scelto il GTLD “.com”. La procedura di registrazione e’ piuttosto semplice in quasi tutte le giurisdizioni, ma numerose problematiche di tipo legale sono da analizzare in questi frangenti poiche’ i nomi a dominio relativi spesso risultano gia’ registrati da altri soggetti o possono interferire marchi e ragioni sociali di altre imprese, con i nomi di persone fisiche o possono rilevare ai fini della normativa sulla concorrenza. Inoltre le varie registration authority prevedono differenti requisiti per la registrazione e le naming authority differenti regole per la risoluzione delle eventuali dispute che comunque possono essere demandate alla cognizione del giudice ordinario. Per questo motivo tali registrazioni dovrebbero essere seguite dal relativo dipartimento dell’azienda, da avvocati o esperti in proprieta’ industriale e non dovrebbero essere lasciate agli sviluppatori dei siti che al massimo possono prendersi cura della compilazione delle domande in formato elettronico.
Per converso, quando una societa’ non ha a disposizione un webmaster interno puo’ fare affidamento su un’agenzia esterna per la promozione o lo scambio di hyperlink o per la registrazione del sito presso i portali, i motori di ricerca e le piu’ importanti directory e per includere i vari metatag al fine di ottimizzare le chance di localizzazione del sito stesso. Anche in questo caso le responsabilita’ possono essere regolate contrattualmente, alla luce di una recente decisione italiana che ha stabilito che la pubblicazione di metatag ingannevoli puo’ provocare una responsabilita’ per danni sotto il profilo della normativa sulla regolamentazione della concorrenza (Ordinanza Tribunale Roma 18.1.2001, caso Genertel-Crowe Italia).
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