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EDITORIAL: La responsabilità civile del medico; L’art. 2236 cod. civ. e la sua applicabilità anche al di fuori dell’ambito civilistico

19 Luglio 2002 Commenta

L’art. 2236 cod. civ.  pone, come è noto, una limitazione di responsabilità del prestatore d’opera, circoscrivendola ai soli casi di dolo o colpa grave, qualora si trovi di fronte a problemi tecnici di speciale difficoltà.

Come osservato da M. Zana  , la norma, ad una prima lettura, da un lato sembra in contrasto con un’interpretazione rigida dell’art. 1176 cod. civ., dall’altro non sembra accettabile che si preveda, in senso generale, un limite di responsabilità proprio a fronte di problemi di particolare incidenza, tanto più nel nostro caso, su interessi sì rilevanti del danneggiato.
A ben vedere, peraltro, la giurisprudenza  e la migliore dottrina hanno operato, all’interno della previsione dell’art. 2236 cod. civ., una distinzione che merita di essere ricordata: la norma  si applicherebbe soltanto quando in discussione sia la perizia del professionista, non quando, al contrario, ci si trovi di fronte all’imprudenza o all’incuria, auspicandosi, in relazione a queste ultime, giudizi <<improntati a criteri di normale severità>> .

Ma cosa si intende <<per problemi tecnici di speciale difficoltà>> ?  Con riferimento alla professione intellettuale che qui interessa, quella medica, integrano l’astratta previsione normativa i casi che, per essere stati oggetto, nella stessa letteratura medica, di dibattiti e studi dagli esiti tra loro opposti, per la novità della loro emersione, ovvero per essere caratterizzati dalla straordinarietà e particolare eccezionalità del loro manifestarsi, non possono considerarsi ricompresi nel doveroso -rectius diligente- patrimonio culturale, professionale e tecnico del professionista, avuto riguardo, anche in questo caso, alle peculiarità del settore ove svolge la sua attività, e ad uno standard medio di riferimento .
Anche in questo caso quindi, la previsione legislativa deve di volta in volta trovare il suo contenuto peculiare, giacché sono comunque diverse le caratteristiche salienti delle categorie alle quali appartengono i prestatori d’opera, ed essendovi anche all’interno di ognuna, tanto più in quella medica, delle specialità che meritano di essere trattate apprezzandone, per l’appunto, gli aspetti caratterizzanti.

A questo proposito può essere ricordata una delle comprensibili doglianze di coloro che vengono interessati da procedimenti relativi alla responsabilità professionale, ossia quella della mancanza di uniformità, nelle varie sedi giudiziarie, quanto a preparazione specifica dei magistrati e dei consulenti ai quali si affidano. Certo anche questo spunto critico, già sottolineato in precedenza, non mancherà di suscitare perplessità, ma ritengo debba essere preso in considerazione essendo comunque un problema pratico riscontrato sul campo.
Quanto all’applicabilità delle limitazioni di responsabilità anche alla responsabilità extracontrattuale, in senso affermativo si sono pronunciate dottrina  e  giurisprudenza .
In riferimento all’applicabilità anche in sede penale del principio della responsabilità limitata alla colpa grave in caso di lesioni o morte come conseguenza dell’esercizio dell’attività professionale, qui per inciso intendo fare breve accenno alla risposta affermativa che in dottrina alcuni  danno, nonostante già la Cassazione penale  abbia sostenuto l’inapplicabilità del principio di cui all’art. 2236 cod. civ., basandosi sull’art. 43 cod. pen., in forza della previsione, ivi contenuta, della semplice colpa lieve.

Come rilevato dal Finucci , tale posizione non è condivisibile alla luce del principio di unità e razionalità dell’ordinamento giuridico, che verrebbe altrimenti disatteso, senza sottacere le potenziali soluzioni aberranti che potrebbero derivarne quanto al contrasto di giudicati, in considerazione degli artt. 74 e segg., nonché 651 cod. proc. pen.
Al contrario sembra preferibile l’opinione di chi sostiene la necessità di ricercare, proprio negli artt. 2236 e 1176, II c., cod. civ., l’integrazione soggettiva della fattispecie di reato sotto il profilo della colpa professionale grave.
In questo senso, seppur con parziale diversa impostazione, pare muoversi la giurisprudenza più recente.

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