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EDITORIAL: La responsabilità civile del medico; Segue: La colpa professionale e lo standard di riferimento per la valutazione della diligenza

25 Luglio 2002 Commenta

Nelle pagine che precedono si e’ spesso fatto rinvio ad uno standard medio di riferimento, che dovrebbe costituire la discriminante tra la prestazione diligente e quella al contrario indiligente del professionista in genere.

A maggior ragione nel caso del sanitario, e’ d’uopo fare riferimento a tale standard per comparare la sua prestazione a quella che avrebbe dovuto porre in essere, secondo quanto prescrivono le pratiche comunemente espresse dal professionista medio  appartenente alla categoria di riferimento che interessa.

Se, invero, vi sono alcuni principi, quelli deontologici in primis, che debbono costituire il punto di riferimento principe di qualsiasi attivita’ medica, a prescindere dalla specialita’ o campo d’applicazione dell’attivita’ di specie, bisogna tuttavia tenere in considerazione che l’altissima specializzazione che caratterizza la scienza medica, ha di fatto consentito d’individuare, nell’ambito delle singole specialita’, “comportamenti di riferimento” di volta in volta peculiari, ed e’ con tali standard che e’ necessario confrontarsi al momento della valutazione. Quest’ultima sara’ condotta di norma sulla base dei pareri espressi da professionisti del settore, nonche’ da medici legali di adeguata preparazione, con l’ausilio degli apporti dei periti di parte, non possedendo il magistrato le necessarie competenze tecniche in materia.

Ed e’ su questo punto che si e’ creato il comprensibile conflitto con i medici legali e con gli specialisti, chiamati a esprimere i propri pareri tecnici sull’operato di altri colleghi, in quanto la valutazione tecnica, che viene condotta ex post, e’ bene affermarlo, sulla base della documentazione clinica e dei ricordi del professionista interessato, nonche’ sulla base dell’eventuale nocumento derivato al paziente, fondata sulla adeguatezza del comportamento del medico agli standard che la letteratura medica aggiornata detta sul caso, risulta sempre ardua, forse comunque parziale, non potendo tenere conto di una serie di variabili ambientali, emotive, contingenti che sara’ compito del giudice tenere in debita considerazione.

La polemica, tra alcuni medici specialisti ed i medici legali, verte proprio sull’asserita freddezza e rigidita’ tecnica con la quale il loro operato e’ messo a confronto con lo stato dell’arte medica, il “famigerato” standard di riferimento, che ridurrebbe tale valutazione in una sorta di rigorosa trasformazione della complessa “arte medica” in una serie di operazioni e di dati che assolutizzano, per cosi’ dire, i comportamenti, secondo canoni tecnici e formalismi che nella pratica non troverebbero spazio.

Non essendo il mio compito quello di entrare nel merito di una polemica, che mi troverebbe comunque assolutamente privo delle competenze necessarie, mi limito a renderne conto in questa sede, considerata comunque la sua importanza, non senza auspicare un futuro ove collegi giudicanti da un lato, e consulenti tecnici di parte e d’ufficio dall’altro, unitamente agli avvocati, possano essere appositamente preparati a svolgere incarichi di tale delicatezza, che richiederebbero forse delle apposite sezioni ove essere trattati.

Questa osservazione nasce dal bisogno che il rapporto tra medico e paziente trovi una rinnovata fiducia, nell’interesse preminente ad un sereno e proficuo svolgimento della professione medica e piu’ generalmente sanitaria, i cui risvolti sugli interessi della collettivita’ non abbisognano certo di ulteriore illustrazione.

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