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PRIVACY: AOL lotta per gli utenti

6 Novembre 2002 Commenta

Con una storica sentenza, la Corte Suprema della Virginia ha confermato a danno della AOL (America On-Line) l’obbligo di comunicare il nome di un suo membro, reo di aver commesso diffamazione in rete. Pur trattandosi di un caso isolato, si puo’ ipotizzare per il futuro una progressiva erosione di uno dei capisaldi della filosofia internettiana, cioe’ l’anonimato dei navigatori?


New York, USA – Trova spazio nelle cronache di questi giorni la notizia di una originale quanto memorabile decisione presa da una Corte americana. La Corte Suprema della Virginia ha pronunciato a carico della AOL (America On-Line, gruppo AOL Time Warner) l’obbligo di rivelare il nome di uno dei suoi membri. Quest’ultimo, reo di aver commesso delitti di diffamazione in rete, e’ stato identificato solo con un nickname (“scovey2”), in base al quale non e’ possibile risalire alla vera identita’ dell’autore del reato.
Ma vediamo come si sono svolti i fatti. La Nam Tai Electronics (societa’ di Hong Kong) ha citato in giudizio presso la Corte Superiore dello Stato della California cinquantuno soggetti non identificati, presunti rei di diffamazione e di aver violato il “California Business and Professions Code Selection”. Queste persone, infatti, –  ha affermato la Nam Tai Electronics – avrebbero inviato messaggi falsi e diffamatori su un forum di Yahoo! dedicato alla discussione sui prodotti Nam Tai Electronics. In risposta alla richiesta di citazione in giudizio per conoscere l’identita’ di scovey2, la Yahoo! ha eccepito che questi era un membro della AOL.

I legali della Nam Tai Electronics, allora, hanno rivolto le proprie richieste allo stato della Virginia, dove la AOL ha sede. Nell’aprile scorso, la AOL ha reclamato al Giudice di respingere le richieste del Tribunale californiano. La Corte della Virginia, pero’, ha disatteso le speranze della AOL, emanando la decisione qui commentata.

Adesso ci di chiede se sia o meno crollato il principio secondo cui ogni navigatore e’ libero di essere anonimo e di esprimere le proprie opinioni in piena autonomia. Inoltre, fino a che punto un soggetto puo’ chiedere a un altro la divulgazione di informazioni personali e ritenere pienamente ottemperate le regole sulla privacy delle persone utenti della rete?


Sempre piu’ difficili i tempi per tutti i navigatori di Internet. Con questa recentissima pronuncia della Corte Suprema della Virginia si mettono in serio pericolo due principi che si davano ormai per acquisiti in rete: la liberta’ di espressione e la riservatezza dei dati personali. Per quanto concerne il primo aspetto, la AOL, bersaglio diretto delle richieste della Nam Tai Electronics, ha cercato di difendere la segretezza dei dati personali dell’utente “scovey2”, invocando il famoso primo emendamento americano della Costituzione.
Secondo i legali della AOL, infatti, una Corte di giustizia non puo’ richiedere la comunicazione di siffatte informazioni, poiche’ si andrebbe contro la ormai costante interpretazione del principio della liberta’ di parlare.
Allo stesso modo recita l’articolo 21 della nostra Costituzione, che afferma: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.
Dunque, poiche’ Internet e’ la piu’ alta materializzazione di questo diritto, a maggior ragione suona come lesivo il provvedimento emanato dalla Corte californiana.
Di fronte alla entita’ delle accuse portate dalla societa’ attrice, pero’, si potrebbe sostenere che la rilevanza costituzionale della liberta’ di espressione debba cedere il passo alle ragioni della persecuzione dei reati commessi in rete.

In questo senso, dunque, sarebbe giustificato il venir meno della riservatezza dei dati personali. Un simile principio e’ presente nel nostro ordinamento e in particolare all’articolo 20 della legge 675/96. In questo articolo si afferma che possono essere comunicati i dati personali da parte di privati o enti pubblici economici nei casi in cui tale comunicazione sia necessaria allo svolgimento delle indagini di cui all’articolo 38 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale.

Si tratta, dunque, di importanti limitazioni ed eccezioni poste dalla legge, che sono necessarie per svolgere indagini conoscitive mirate a reprimere comportamenti delittuosi.
Sta di fatto, comunque, che e’ stato segnato un duro colpo per l’intera comunita’ virtuale di internet, le cui iniziali caratteristiche distributive vengono lentamente assorbite da una generalizzata richiesta di disciplina e sistemazione giuridica.

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