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DOMAIN NAMES: Riassegnato Oroblu.it

18 Novembre 2002 Commenta

La procedura in argomento ha per oggetto il nome a dominio oroblu.it, la parte ricorrente e’ la CPS International Industria Calze s.p.a. e la parte resistente e’ la Executive di Bernabei Giancarlo. L’ente conduttore e’ la CRDD ed il saggio l’avv. Prof. Alfredo Antonini. La procedura si caratterizza per alcuni aspetti piuttosto singolari che hanno messo in evidenza i pregi ed i difetti delle procedure di riassegnazione.

Nel merito non sussistono dubbi sulla correttezza delle argomentazioni del saggio che a fronte del ricorso presentato dalla CPS International Industria Calze s.p.a. titolare dei marchi oroblu’ registrati in Italia e in oltre 60 stati esteri per le classi internazionali 3, 18, 25, non puo’ fare a meno che accertare l’esistenza di tutti i presupposti per la riassegnazione del nome a dominio contestato.
Difatti, alla luce di quanto stabilito dall’art. 16.6 delle regole di naming il saggio ritiene immediatamente soddisfatta la prima delle tre condizioni richieste per l’indubbia identita’ del nome a dominio con il marchio registrato.
Riguardo l’esistenza della seconda condizione stabilita dalla regole di naming, appare evidente che la Executive non vanti alcun diritto o titolo in relazione al nome a dominio, in quanto l’associazione della parola (e quindi del dominio) oroblu al concetto di acqua e’ davvero pretestuoso e su tale argomentazione davvero molto debole la resistente non puo’ fondare le sue difese. Il saggio, correttamente cerca allora di esaminare se possano ritenersi provate una o piu’ delle tre circostanze, verificandosi una delle quali il resistente e’ ritenuto avente titolo al nome a dominio, e quindi al suo mantenimento.

Naturalmente la conclusione non puo’ che essere negativa specie in considerazione del fatto che il sito web corrispondente al nome di dominio contestato non e’ mai stato utilizzato nella maniera dovuta e solo successivamente alla nascita del contenzioso e per la verita’ in maniera molto frettolosa, il resistente ha cercato di predisporre un sito approssimativo e scarso di contenuti (peraltro non originali).

Sull’esistenza della malafede in capo al resistente e quindi della terza condizione prescritta dalle regole di naming per la riassegnazione del nome a dominio nemmeno sussistono dubbi in considerazione degli oltre 350 domini registrati dal resistente senza alcuna apparente giustificazione e senza alcun utilizzo ed in considerazione anche della mera detenzione passiva del dominio contestato per almeno due anni (anche se il sottoscritto nutre dubbi sulla configurabilita’ nel caso di specie dell’art. 16.7c delle regole di naming: dove sta la dimostrazione dell’intenzione del resistente di danneggiare gli affari della CPS?).

Ma al di la’ delle considerazioni di merito, fondamentalmente corrette, cio’ che colpisce, per la verita’, e’ la presa di posizione molto dura (forse eccessiva) del saggio nei confronti del Bernabei. Indubbiamente il comportamento del resistente non e’ stato molto corretto, considerati i suoi reiterati tentativi di coinvolgere la lista della Naming Authority in questioni che non possono e non devono interessare una mailing list, ma e’ opportuno ricordare che un saggio e’ sempre un organo giudicante e non puo’ ne’ deve lasciarsi andare a commenti e considerazioni troppo “personali” per poter formare parte integrante di una decisione.
Anche i continui riferimenti a precedenti decisioni di riassegnazione sono piuttosto singolari in quanto le stesse non possono essere considerate orientamenti giurisprudenziali da menzionare.
Ancora una volta appare opportuno in questa sede precisare che il nome a dominio per quanto sia configurabile come un segno distintivo (nonostante un parte minoritaria della giurisprudenza sia contraria v. Trib. Firenze 29 giugno 2000) non puo’ e non deve essere confuso con il marchio e purtroppo molte decisioni di saggi (e devo dire anche commenti di studiosi) fanno nascere questo equivoco.

L’equiparazione al marchio, non e’ sostenibile in quanto diversi sono i presupposti per la registrazione e diversa e’ anche la natura dei diritti che su di essi incidono (i domain names sono solo assegnati in uso).

Sicuramente la condizione di cui alla lettera a) dell’art. 16.6 delle regole di naming fa sorgere l’equivoco, ma e’ evidente che il riferimento al marchio in quella sede vuole essere solo un elemento di raffronto per motivare il comportamento scorretto di chi registra un nome a dominio del tutto estraneo ai propri interessi ed attivita’.

Certo, oggi come oggi, con lo sviluppo dell’e-commerce e quindi con la particolare rilevanza anche economica che puo’ assumere un nome di dominio, la confusione con il marchio rischia di essere totale, e gia’ la giurisprudenza ha evidenziato quest’aspetto sottolineando che – a prescindere dall’etichetta giuridica che si vuol dare ad un segno – esso, in quanto utilizzato nel commercio e nell’esercizio di una attivita’ di impresa, se costituisce contraffazione degli altrui segni distintivi, viola la normativa a tutela di questi ultimi, nonche’ puo’ integrare una condotta di concorrenza sleale (v. Trib. Genova 13 ottobre 1999; Trib. Napoli 26 febbraio 2002). Di conseguenza, non sarebbe peregrino pensare di rivedere alcune disposizioni delle regole di naming avuto riferimento a questi nuovi orizzonti, allo scopo di evitare facili confusioni.



Svolgimento della procedura


Con ricorso pervenuto alla CRDD via e-mail  il 19 settembre 2002 la CPS
International Industria Calze s.p.a. (d’ora in avanti CPS), con sede in
Via Piubega, 5/c, 46040 Ceresara (MN) in persona del Sig. Enzo Bertoni,
presidente del consiglio di amministrazione,  rappresentata e difesa per
delega in calce al ricorso dal Dr. Ing. Guido Modiano della Dr. Modiano
& Associati S.p.A. di Milano, via Meravigli, 16, iniziava una procedura
di riassegnazione ai sensi dell’art. 16 delle vigenti regole di naming
per ottenere il trasferimento coattivo a proprio favore del nome a
dominio OROBLU.IT, registrato dalla  Executive di Bernabei Giancarlo,
corrente in Piazza Cairoli, 53, 00049 Velletri (RM)
Lo stesso giorno la segreteria della CRDD comunicava per e-mail alla
Naming Authority e alla Registration Authority l’arrivo del ricorso  e
verificava l’intestatario del nome a dominio sul data base whois della
Registration Authority, nonche’ la pagina web risultante all’indirizzo
www.oroblu.it
Le verifiche consentivano di accertare in particolare:
• che il dominio oroblu.it risultava creato l’11 aprile 2000 ed
assegnato alla Executive di Giancarlo Bernabei;
• che il dominio
oroblu.it era stato sottoposto a contestazione, registrata sul data base
della R.A. l’8 maggio 2002;
• che digitando l’indirizzo
www.oroblu.it
non si accedeva ad una pagina attiva, ma all’index corrispondente alla
directory esistente sul server. 
Il 19 settembre 2002 perveniva l’originale cartaceo del ricorso con la relativa documentazione.
Verificatane la regolarita’, il giorno successivo la CRDD provvedeva ad
inviarlo per raccomandata e per e-mail al resistente. Il ricorso non
gli veniva inviato via fax, in quanto nessun numero a lui intestato
risultava dal database whois della Registration Authority. La cartolina
di ritorno della raccomandata indicava che il ricorso era stato ricevuto
dal resistente il 24 settembre 2002. Il 3 ottobre 2002 pervenivano via
e-mail alla CRDD le repliche del sig. Bernabei. Seguivano l’8 ottobre
2002 la documentazione e copia in formato cartaceo delle repliche. La
replica del sig. Bernabei veniva inoltre da questi inviata alla lista
pubblica della Naming Authority, con “invito ad esprimerVi nel corso della
disputa” rivolto agli iscritti alla lista.
Verificata la regolarita’ delle repliche, CRDD le trasmetteva al
ricorrente. Al contempo, CRDD nominava il sottoscritto saggio, il quale,
in data 9 ottobre 2002 accettava l’incarico.
L’11 ottobre 2002, con e-mail inviata alla CRDD ed alla lista della NA,
il sig. Bernabei faceva “Istanza al Saggio affinche’, per una piu’
completa valutazione della situazione, voglia considerare quanto di gia’
esistente si trovi sul web che ribadisce l’equivalenza, nella normale
percezione del pubblico, tra l’ACQUA  e la sua definizione di OROBLU
(piccolo elenco su oroblu.it alla voce Links); inoltre, come conferma la
sentenza su PRIMACASA.IT (
http://www.infodomini.it/dominiit58.htm)
l’unione di due parole di uso comune rendono la
registrazione del marchio rivedibile sotto l’aspetto dell’originalita’, o
quantomeno debole; per ultima cosa varie Ditte utilizzano la parola
oroblu nella loro denominazione”.
Lo stesso giorno la segreteria della CRDD invitava il resistente a
formalizzare, se ritenuto opportuno, la propria istanza, non essendo
prevista dalle norme la possibilita’ di deposito di ulteriori scritti
difensivi successivi alle repliche ed alla nomina del saggio, se non
dietro specifica autorizzazione del saggio stesso su istanza della parte
interessata. Anche in questo caso il sig. Bernabei rendeva pubblica la
corrispondenza intercorsa inviandola alla lista NA.
Nel frattempo, ad un nuovo controllo risultava che quanto risultante
all’indirizzo
www.oroblu.it era stato cambiato, mediante inserzione di
un sito web nel quale sembravano esservi una decina di pagine
accessibili tramite il frame principale. Un piu’ attento esame del sito
rivelava che, di queste pagine, otto riportavano semplicemente la
dicitura “in costruzione”, una era la home page e la decima una raccolta
di link ad altri siti contenente la parola oroblu.
Reiterata dal resistente la informale richiesta di integrazione delle
repliche da parte del resistente, il sottoscritto saggio, ritenuto che
tale istanza, pur prospettando elementi che potevano essere oggetto di
acquisizione ex officio da parte del collegio, potesse essere
interpretata come richiesta di integrazione delle repliche gia’
depositate, provvedeva con ordinanza 14 ottobre 2002, concedendo termine
fino al 19 ottobre 2002 al resistente per il deposito e la comunicazione
al ricorrente di quanto richiesto.
L’ordinanza specificava che  l’integrazione sarebbe dovuta “pervenire
entro il suddetto termine via e-mail all’indirizzo di posta elettronica
svp@crdd.it e contestualmente inviata sempre via e-mail a cura del
mittente per conoscenza all’altra parte”, e che per verificare il
rispetto del termine avrebbe fatto fede la data di arrivo della e-mail
risultante alla CRDD.
Anche tale ordinanza e la relativa corrispondenza venivano inviate dal
sig. Bernabei sulla lista della NA, provocando l’intervento del
presidente ing. Claudio Allocchio, che con e-mail del 15 ottobre 2002
invitava il resistente a cessare da tale comportamento.
Il 19 ottobre 2002 il resistente inviava alla CRDD le proprie
integrazioni alle repliche. Peraltro, la relativa e-mail non risultava
inviata contestualmente al ricorrente; cosa che il resistente provvedeva
a fare solo il 21 ottobre 2002.

Allegazioni del ricorrente

Il ricorrente dichiara e documenta di essere titolare dei marchi oroblu’
registrati in Italia e in oltre 60 stati esteri per le classi
internazionali 3, 18, 25, cui il nome a dominio oroblu.it risulta
identico.
Deduce quindi che l’identita’ del nome a dominio con il marchio
registrato della ricorrente e’ di per se’ elemento di confusione e danno,
che come tale configura quanto richiesto dall’art. 16.6.a delle regole
di naming.
Per quanto riguarda l’elemento di cui all’art. 16.6.b delle regole di
naming, il ricorrente esclude che il sig. Bernabei possa avere un
diritto od interesse legittimo sul nome oroblu, se non altro perche’ la
registrazione del marchio conferisce al suo utilizzatore diritto di
privativa.
Infine, in relazione alla malafede, il ricorrente evidenzia la notorieta’
del marchio, distribuito nella sola Italia da oltre 3.000 esercizi
commerciali, la sua risalenza (1987),  le ingenti spese (per alcuni
miliardi di lire) affrontate nel corso degli ultimi anni per la
pubblicita’ televisiva dei prodotti contrassegnati con tale marchio;
circostanze che, ad avviso della ricorrente, renderebbero impensabile
che l’esistenza di tale marchio fosse sconosciuta al sig. Bernabei.
Aggiunge poi il ricorrente, sempre in tema di malafede, che il sig.
Bernabei ha registrato circa 360 nomi a dominio, la maggior parte dei
quali palesemente relativi a nomi e marchi su cui egli non puo’ vantare
alcun diritto; e che il dominio in contestazione e’ stato mantenuto
inattivo per oltre due anni.



Allegazioni del resistente
Da parte sua il resistente nelle sue repliche deduce che la parola
oroblu sarebbe espressione comune per identificare l’acqua, specialmente
in contesti in cui se ne tratta la penuria.
Per quanto riguarda la malafede affermata dal ricorrente, deduce di non
aver “mai frequentato negozi d’intimo femminile” e di essere stato
pertanto ignaro, al momento della registrazione del dominio, della
“esistenza di una fabbrica del settore che avesse assunto tale
denominazione”.
Circa la mancata utilizzazione del sito affermata da controparte, il
resistente afferma che il sito “lo scorso anno era visibile, solo
successivamente si e’ pensato ad un restyling ancora in corso”, e che
comunque il dominio verrebbe utilizzato per servizi di posta
elettronica. Obbiettivo del sito sarebbe “quello di raccogliere tutte le
sinergie, notizie sull’utilizzo, ricerca dell’acqua, coordinare le
associazioni per riuscire a contribuire a fornire a paesi del terzo
mondo strumenti per l’approvvigionamento dell’oroblu”.
Con le integrazioni alle repliche il resistente sottoponeva al saggio
una serie di considerazioni e di elementi, peraltro tutti desumibili
d’ufficio dal collegio.
Conclude quindi il resistente per il rigetto del ricorso.


Motivi della decisione
In via preliminare, devono essere dichiarate inammissibili le “integrazioni
alle repliche” inviate dal resistente, in quanto tardive. Tali integrazioni,
che secondo l’ordinanza dovevano  essere inviate “via e-mail all’indirizzo di
posta elettronica
svp@crdd.it e
contestualmente inviata sempre via e-mail a cura del mittente per
conoscenza all’altra parte” entro il termine del 19 ottobre 2002, sono
state in effetti inviate al ricorrente solo il 21 ottobre 2002.
Dato che secondo l’art. 14, I comma delle procedure di riassegnazione, i
termini stabiliti dal collegio sono perentori, delle “integrazioni alle
repliche” del resistente non e’ possibile tenere conto. Ne’ si e’
verificato alcun caso eccezionale che possa essere invocato per superare
il disposto di tale norme.
Tanto premesso, si puo’ passare ad esaminare se sussistano i tre elementi
richiesti dalle procedure di riassegnazione per far luogo al
trasferimento del nome a dominio contestato.


a) Se il nome a dominio contestato sia identico o tale da indurre
confusione rispetto ad un marchio su cui egli vanta diritti, o al
proprio nome e cognome;
Non vi e’ alcun dubbio che il nome a dominio oroblu.it sia identico e
comunque tale da indurre confusione rispetto al marchio oroblu’
registrato dalla ricorrente. Del resto, tale identita’ non e’ contestata
neppure dal resistente.
Si ritiene quindi pienamente soddisfatto il requisito di cui all’art.
16.6.a delle regole di naming.


b) Se l’attuale assegnatario abbia diritto o titolo in relazione al nome
a dominio contestato;
Dimostrato dal ricorrente il proprio diritto sul nome a dominio
contestato, spetta al resistente provare un suo concorrente diritto sul
medesimo nome, o l’esistenza di una delle circostanze da cui le regole
di naming fanno discendere la presunzione juris et de jure dell’esistenza
di un titolo al nome a dominio a favore del resistente.
Il sig. Bernabei incentra le sue difese su questo punto affermando che
la parola oroblu sarebbe espressione comune per identificare l’acqua.
Anche ammesso e non concesso che sia cosi’ (cosa della quale si dubita),
e ammettendo che cio’ possa avere qualche influenza sul diritto al
marchio della ricorrente (cosa anche questa della quale si dubita), cio’
non comporterebbe pero’ come necessaria conseguenza che il sig. Bernabei
possa vantare a sua volta diritti sul nome oroblu.
E’ vero che, entro determinati limiti, la legge consente a determinati
soggetti azioni per far dichiarare la nullita’ o la decadenza dal
marchio, e che la mancanza di capacita’ distintiva potrebbe in alcuni
casi portare ad una tale dichiarazione di nullita’; ma finche’ una tale
azione non sia stata vittoriosamente esperita da chi ne contesta la
validita’, colui che ha registrato un marchio ne ha diritto al suo uso
esclusivo.
L’accertamento della nullita’ o della decadenza spetta unicamente
all’autorita’ giudiziaria; ossia, esula dai poteri assegnati al saggio
nell’ambito delle presenti procedure dichiarare la decadenza o la
nullita’ del marchio fatto valere dal ricorrente.
Una volta che il ricorrente abbia documentato la regolare registrazione
del marchio corrispondente al nome a dominio, non e’ dato al saggio
sindacarne la validita’, ma da tale registrazione il saggio non puo’ che
dedurre la esistenza di un diritto di esclusiva sul marchio a favore del
suo titolare.

Del tutto fuori luogo e’ quindi il richiamo del resistente all’ordinanza
trib. Bergamo del 5 maggio 2001 relativa al dominio primacasa.it, ben
conosciuta dal sottoscritto saggio. L’esame di merito compiuto dal
magistrato del tribunale di Bergamo circa l’inefficacia
individualizzante del marchio “primacasa” e’ infatti preclusa a priori in
questa sede.

Per far valere una tale eccezione (sempre ammesso fosse fondata nel
merito), il sig. Bernabei avrebbe dovuto ricorrere all’autorita’
giudiziaria, con cio’ facendo venir meno, ex art. 16.3, ultimo comma
delle regole di naming, la presente procedura.
Quindi, l’asserzione del sig. Bernabei che oroblu sia ormai parola di
uso comune, anche se dimostrata, di per se’ non proverebbe l’esistenza di
un diritto al nome oroblu da parte del resistente; esistenza che, si
ricorda, deve sussistere prima della registrazione del nome a dominio, e
comunque non puo’ essere in alcun modo fatta discendere dalla
registrazione stessa (cfr. decis. dominio “guidasposi.it”,
(
http://www.crdd.it/decisioni/guidasposi.htm).
Escluso dunque che il sig. Bernabei possa vantare un preesistente
diritto all’uso di oroblu in concorrenza con quello del ricorrente, e’ da
valutare se, sulla base delle risultanze agli atti e da quanto
desumibile su internet, possa ritenersi provata una o piu’ delle tre
circostanze, verificandosi una delle quali il resistente e’ ritenuto
avente titolo al nome a dominio, e quindi al suo mantenimento dominio.
Quanto alla prima (ossia che il resistente, prima di avere avuto notizia
della contestazione, in buona fede ha usato o si e’ preparato
oggettivamente ad usare il nome a dominio o un nome ad esso
corrispondente per offerta al pubblico di beni e servizi), essa non e’
stata minimanente provata.
Mentre il ricorrente ha documentato che nell’aprile e nel giugno 2002
nulla appariva all’indirizzo
http://www.oroblu.it, il resistente ha
genericamente affermato che “lo scorso anno il sito era visibile, solo
successivamente per cambio server si e’ pensato ad un restyling ancora in
corso”, senza peraltro neppure indicare esattamente le date in cui era
visibile, e tanto meno provare cosa fosse in linea sul sito. Ne’ sono
stati indicati “i beni o i servizi” per la cui offerta al pubblico il
sito sarebbe stato predisposto.
La stessa affermazione secondo cui in seguito nulla sarebbe stato
visibile sul sito per un restyling in corso e’ del tutto inverosimile. Un
restyling presuppone l’esistenza di un precedente sito su cui operare,
di cui peraltro non c’e’ traccia ne’ agli atti ne’ su internet. Elementi
univoci e concordanti dimostrano invece che un tale sito non vi e’ mai
stato, ma che il sito attualmente posizionato all’indirizzo
http://www.oroblu.it e’ stato posto in linea e costruito dopo l’inizio
della presente procedura. Prova evidente ne e’ la home page, di cui la
versione esistente all’inizio di ottobre 2002 e allegata dal resistente
come doc. 5 delle repliche ha lo stesso “frame” e le stesse immagini di
quelle attuali, ma risulta ancora in costruzione. Se effettivamente si
fosse trattato di un restyling, sarebbe stata lasciata in linea la
vecchia versione finche’ la nuova non fosse stata pronta.
Del resto, che non esistesse alcun sito e’ dimostrato proprio dalla
assoluta inconsistenza di quello posto in linea durante la presente
procedura. Tolte le 8 pagine “in costruzione” (come senza alcun
contenuto), le altre due sono del tutto prive di alcuna originalita’, ed
anzi sono frutto di lavoro altrui.  La home page e’ composta da foto e
pezzi di articoli copiati qua e la’. Il pezzo forte e’ un articolo copiato
dal sito della Rai – Radio televisione italiana
(
http://www.rai.it/RAInet/news/RNw/pub/articolo/raiRNewsArticolo/0,7605
,10846^scienze^^,00.html, Sito di RaiNews.net) senza neppure citarne la
fonte o l’autore. Tanto la pagina e’ pedissequamente copiata, che anche i
colori, la foto, la sua posizione ed i caratteri sono identici. Vi e’ poi
un pezzo di un articolo di  Alessandro Cerroni (copiato dal sito del
Coordinamento di iniziative popolari di solidarieta’ internazionale –
http://www.cipsi.it/ contrattoacqua/documenti/articolo1.htm). Copiate da
altri siti sono anche le immagini (la scritta “emergenza” e la prima
immagine con il muro e la scritta “water is life” sono copiate dal sito
dell’AMREF Italia,
http://www.amref.it/emergenza/acquaGM.htm; l’immagine
del ragazzo di colore con il secchio d’acqua e’ presa da
http://web.tiscali.it/lacimiceonline/anno1numero2maggiogiugno2000/Anima
li%20e%20ambiente%20articolo % 207.htm). Discorso analogo per l’unica
altra pagina non in costruzione, la pagina con i link. Si tratta con
tutta evidenza della mera trasposizione dei risultati di una
interrogazione di un motore di ricerca effettuata con la parola
“oroblu”.
La pretesa che un sito del genere possa “raccogliere tutte le sinergie”
e possa essere strumento per “coordinare le associazioni per contribuire
a fornire a paesi del terzo mondo strumenti per l’approvvigionamento
dell’oro blu” (come asserito dal sig. Bernabei) appare quindi allo stato
radicalmente infondata e quasi un’offesa per le persone e le
associazioni veramente impegnate in tali nobili scopi.
Quanto alle seconda circostanza (ossia che il resistente e’ conosciuto,
personalmente, come associazione o ente commerciale con il nome
corrispondente al nome a dominio registrato, anche se non ha registrato
il relativo marchio), anche essa non risulta minimamente. Il cognome
Bernabei ed “Executive”, la sua ditta, non hanno nulla a che fare con
oroblu.
Quanto infine alla terza circostanza (che il resistente sta facendo del
nome a dominio un legittimo uso non commerciale, oppure commerciale
senza l’intento di sviare la clientela del ricorrente o di violarne il
marchio registrato), si e’ gia’ visto come il dominio sia stato del tutto
inutilizzato sino all’introduzione della procedura, e solo dopo l’inizio
del presente procedimento il resistente abbia in fretta posto in linea
un simulacro di  sito copiando qua e la’ opere altrui. Ma cio’ e’ del tutto
inutile, in quanto il periodo cui fare riferimento per accertare il
legittimo utilizzo del dominio e’ quello precedente l’istaurazione della
procedura. In caso contrario infatti, le procedure stesse non avrebbero
ragione d’essere, in quanto chiunque si vedesse contestato il dominio
potrebbe evitarne la riassegnazione semplicemente riproducendovi una
pagina web non appena ricevuto il ricorso.

Si ritiene pertanto dimostrata l’assenza di qualsiasi diritto al nome
oroblu o di legittimo interesse al mantenimento del dominio oroblu.it in
capo al resistente.

c) Se il nome a dominio sia stato registrato e venga usato in malafede.
Il ricorrente ha prodotto una visura del database whois della
Registration Authority, dal quale risulta che nel solo ccTLD .it il
resistente ha registrato oltre 350 domini. Tali nomi a dominio
comprendono fra gli altri una nutrita serie di nomi di citta’ laziali
seguite da “online” (albanonline.it, ciampino-online.it, anzio-
online.it, grottaferrataonline.it, frascationline.it, roccadipapaonline.it,
roccaprioraonline.it, velletrionline.it, etc.),
nomi di persona (rosalba.it, katiuscia.it, tania.it, benito.it,
filiberto.it etc.), nomi connessi con temi religiosi (chiesavaldese.it,
evangelici.it, testimonigeova.it, etc.). Questi nomi a dominio sono
accomunati dal fatto di essere stati registrati nell’anno 2000 e di
risultare oggi tutti irraggiungibili.

Il numero dei domini registrati, il fatto che essi siano detenuti dal
sig. Bernabei senza che nessun utilizzo ne venga fatto (ma anzi
risultino irraggiungibili), che il sig. Bernabei per gran parte di essi
non appaia aver alcun preesistente diritto al loro utilizzo, che alcuni
di essi corrispondano a nomi registrati sotto altri TLD dai legittimi
aventi diritto (cfr. chiesavaldese.net, sito italiano della Chiesa
valdese; evangelici.net, portale degli Evangelici italiani;
cesaroni.net, sito della Cesaroni Tecnology Inc.; etc.) induce a
ritenere che la registrazione di tanti nomi a dominio sia stato
effettuato a fini accaparratori, non essendo stata fornita alcuna
indicazione dal resistente circa un eventuale progetto, commerciale o
meno, per il quale tali e tanti domini sarebbero stati registrati.
Cio’ viene ritenuto indice di malafede nella registrazione e nel
mantenimento del nome a dominio. Come e’ stato infatti recentemente
ribadito, “cio’ che comporta un indice di malafede non e’ l’identita’ dei
domini registrati con marchi famosi, ma e’ l’intento accaparratorio che
si desume dalla enorme quantita’ di nomi registrati, del tutto estranei
all’attivita’ del registrante,  sia essi corrispondenti o anche solo
simili a marchi famosi o nomi famosi o anche loro storpiature”
(decisione astispumante.it, su
http://www.crdd.it/decisioni/astispumante.it).
A cio’ va aggiunto che, come visto, il dominio e’ rimasto inutilizzato per
oltre due anni, ossia dalla registrazione all’inizio della presente
procedura. Il che configura un caso di detenzione passiva (passive
holding), che l’art. 16.7.c delle regole di naming ritiene circostanza
probante della malafede nella registrazione e nel mantenimento in
malafede del nome a dominio.
Al riguardo, nessuna rilevanza ha per escludere la malafede del
resistente la deduzione secondo cui la ricorrente avrebbe dimostrato
“scarsa sensibilita’ alle potenzialita’ di internet” avendo pensato solo
nel 2002 di registrare il dominio oroblu.it.
Invero, il fatto che il ricorrente (che da tempo ha utilizza oroblu.com
e oroblu.net) si sia attivato solo nel 2002 per contestare l’illegittima
registrazione del dominio contestato non implica si sia verificata
alcuna rinuncia ai diritti che gli spettano in virtu’ della quasi
ventennale registrazione del marchio, ne’ tanto meno esclude la mala fede
di chi abbia registrato  un nome a dominio in violazione dei diritti di
privativa, in quanto non avente diritto o titolo sul nome registrato,
come nel caso di specie.

Infine, a conferma della gia’ provata malafede del resistente, si puo’
citare il comportamento tenuto dal resistente nel corso della procedura.
Probabilmente conscio della vacuita’ delle proprie argomentazioni
giuridiche, il resistente ha di fatto trasferito il presente
procedimento sulla lista della Naming Authority, chiedendo
esplicitamente pareri ed opinioni, criticando la controparte e mettendo
in linea la corrispondenza inerente la procedura senza il previo
consenso delle altre parti interessate; il tutto nel verosimile
tentativo di destare un movimento di opinione a lui favorevole, al
probabile scopo di influenzare la persona cui e’ stato affidato l’onere
della decisione.
Tale comportamento, fra le altre cose palesemente contrario alle norme
di netiquette (che pure con la registrazione dei domini il resistente si
e’ impegnato a rispettare), non appare corretto. Egli infatti ha
sollecitato una sorta di giudizio “popolare” da parte dei membri della
NA (alla cui lista ha inviato i propri messaggi), presentando la
questione come una disputa fra “solidarieta’ sociale contro puro
capitalismo”, senza peraltro consentire in tale sede alla controparte un
regolare contraddittorio. E francamente spiace che temi importanti come
la solidarieta’ sociale siano stati in tale modo sfruttati per coprire
quella che, secondo la legge attualmente esistente nel nostro
ordinamento, per quel che risulta in questa procedura, appare
semplicemente e banalmente una usurpazione di marchio altrui.
Il ricorso e’ dunque fondato e come tale va accolto.
P.Q.M.
Visti gli Art. 4, 10 e 16 delle vigenti regole di naming italiane, si
dispone la riassegnazione del nome a dominio oroblu.it alla CPS
International Industria Calze s.p.a. con sede in Via Piubega, 5/c, 46040
Ceresara (MN).
La presente decisione sara’ comunicata alla Registration Authority
Italiana per gli adempimenti di cui all’art. 14.5 lettera a) delle
regole di naming.
Trieste, 8 novembre 2002 Avv. Prof. Alfredo Antonini.

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