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Il commercio elettronico secondo l’ONU

29 Novembre 2002 Commenta

Secondo un recente sondaggio delle Nazioni Unite, i cui dati sono stati forniti durante la presentazione annuale “E-commerce and Development report” nell’ambito della conferenza su commercio e sviluppo (UNCTAD), il decollo dell’e-commerce sarebbe vicino nonostante il rallentamento dell’economia e il crollo di molte aziende “Internet based”. Risulta infatti che l’utilizzo globale della Rete prosegue ininterrottamente con una crescita interessante. Gli utenti Internet a livello mondiale dovrebbero segnare una crescita del 30% sul 2001, arrivando a 655 milioni entro la fine di quest’anno. Di conseguenza, registra il rapporto delle Nazioni Unite, anche il settore dell’e-commerce risulterebbe in forte crescita con un fatturato di 2,3 miliardi di dollari per l’anno in corso, ossia il 50% in piu’ rispetto al 2001 con prospettive che per il 2003 parlano di 3,9 miliardi di dollari.
Segnali incoraggianti giungono, anche, dai Paesi in via di sviluppo con il continente africano che registra una buona crescita dell’utilizzo di Internet, anche se il gap rispetto ai paesi piu’ evoluti del mondo rimane evidente.


Napoli – Ottimistiche le previsioni del rapporto ONU sul commercio elettronico che registra progressi, anche inaspettati, su tutti i fronti. Naturalmente, a livello mondiale, prevalgono sempre gli Stati Uniti, seguiti da Giappone, Cina e Germania.
Per la verita’ attualmente gli USA concentrano circa i 4/5 delle attivita’ di commercio elettronico mondiale: per ciascuna delle principali categorie di contrattazione virtuale gli Stati Uniti detengono il 75% dei siti commerciali transattivi.
La formidabile diffusione del commercio in rete, avvenuta nel Nordamerica trae origine da una specifica forza strutturale: le microimprese innovative. La fitta rete di piccole imprese americane di recente costituzione, dotate delle dimensioni ideali per l’ambiente Internet e in grado di accedere ai mercati mondiali e competervi esattamente come le imprese multinazionali, hanno registrato impressionanti tassi di crescita e di redditivita’.

Sicuramente ne’ l’Italia ne’ l’Unione Europea hanno raggiunto, nel commercio elettronico, un grado di sviluppo paragonabile a quello degli Stati Uniti, senz’altro il concorrente al quale fare riferimento, e non solo in termini statistici. Le ragioni sono molteplici: alcune di esse hanno natura, per cosi’ dire, funzionale, altre di tipo strutturale.
Per quanto riguarda il primo gruppo, anche se gli abitanti dell’Europa superano in numero quelli degli Stati Uniti, questi ultimi possono vantare un bacino di utenti potenziali di gran lunga superiori al nostro. Il primo motivo e’ di tipo linguistico: mentre negli Stati Uniti si parla una sola lingua, le lingue ufficiali della comunita’ europea sono molte. E’ ovvio, quindi, che al fine di poter raggiungere un numero di potenziali acquirenti almeno equivalente a quello americano, i paesi europei dovrebbero predisporre i servizi in diverse lingue. D’altro canto, anche se l’inglese divenisse la lingua base dell’e-commerce in Europa, molte persone rinuncerebbero ad effettuare transazioni in rete, data la scarsa padronanza della lingua in esame, riducendo ulteriormente il numero di persone teoricamente interessate al fenomeno.
Per quanto riguarda invece le ragioni di tipo strutturale, si rileva che il commercio on line attuato da paesi membri dell’Unione Europea difficilmente si articola su una prospettiva internazionale. Se e’ vero, che alcuni prodotti difficilmente potrebbero trovare la loro collocazione all’interno del mercato telematico, e’ anche vero che in molti casi non si e’ nemmeno tentato, o se li si e’ fatto, non ci si e’ preoccupati di sfruttare quella che per tanti aspetti e’ la carta vincente di Internet cioe’ la sua globalita’.

Ma forse il motivo predominante che giustifica il notevole sviluppo del commercio elettronico negli Stati Uniti rispetto ai paesi europei e’ rappresentato dalla tradizione liberista statunitense che tende, in ogni caso, a favorire il commercio in tutte le sue forme.
Basti pensare che nell’ottobre del ’98, con una iniziativa che sarebbe incomprensibile in Europa, e’ stata varata negli Stati Uniti l’Internet tax freedom Act, una legge che ha bloccato per tre anni ogni tassa o nuova regolamentazione governativa sul commercio elettronico.
Assai diversa e’ la situazione in Europa che ha una posizione meno liberista degli Stati Uniti in quanto particolarmente preoccupata per la tutela della privacy, per i problemi di sicurezza nei pagamenti on line e per le questioni giuridiche e tecniche attinenti alla firma elettronica.

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