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TELELAVORO: Sempre piu’ una realta’ europea

3 Gennaio 2003 Commenta

Secondo una recente ricerca europea realizzata dal SusTel (Sustainable Teleworking, un progetto finanziato dalla Commissione Europea), il telelavoro, per quanto presenti alcuni svantaggi, e’ comunque una modalita’ di lavoro che va sostenuta e principalmente incentivata. Lo studio e’ stato condotto analizzando il rapporto costi-benefici dal punto di vista economico, sociale ed ambientale. E’ stato cosi’ possibile accertare che il rendimento personale migliora, si riduce l’assenteismo e le aziende guadagnano in termini di spazi per gli uffici (che ovviamente non sono più necessari). Inoltre, migliora la qualita’ della vita del lavoratore, e si riduce l’utilizzo dei mezzi di trasporto, con un impatto positivo sull’ambiente. In realta’, pero’, non si ottiene una grossa diminuzione del traffico, in quanto il mezzo di trasporto e’ comunque utilizzato, nella maggior parte dei casi, dagli altri componenti della famiglia.

Napoli – Nell’Unione Europea il telelavoro ha ricevuto, in sede politica, un valido sostegno da parte della Commissione Europea. Con l’intento di salvaguardare il proprio modello di equilibrio sociale, la Commissione ha messo a punto una duplice strategia: da una parte punta alla moderazione salariale, alla flessibilizzazione del mercato del lavoro e alla riduzione del costo del lavoro per i lavori meno qualificati; dall’altra, ha previsto lo sviluppo di una societa’ europea dell’informazione, capace di competere in condizioni di parita’ con altri Paesi (CASSANO).
La Commissione ha visto nel telelavoro uno strumento di importanza strategica per realizzare entrambi gli obiettivi: aumentare la flessibilita’ e la produttivita’ delle aziende e, nello stesso tempo, accrescere la competitivita’ internazionale. Il ruolo centrale del telelavoro, per una crescita equilibrata dell’Europa, e’ stato sottolineato in due importanti relazioni ufficiali: Il Libro Bianco Delors e il Rapporto Bangemann sulla societa’ dell’informazione. Quest’ultimo ha indicato le azioni necessarie affinche’ il telelavoro diventi una priorita’ per la Commissione. Il progetto e’ divenuto operativo nel 1994. Esso e’ stato aggiornato nel 1996 come “piano d’azione continuo”, sulla base del successo nella liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni e nella realizzazione del Quarto Programma Quadro (1995-1998), soprattutto attraverso una gran quantita’ di misure di sostegno alla ricerca e sviluppo tecnologico.
L’Unione Europea considera il Telelavoro come una delle spinte in grado di promuovere il rilancio di competitivita’ e occupazione nel nostro continente.
Il fenomeno telelavoro nell’ambito dei programmi europei si colloca all’interno di un piu’ vasto discorso sullo sviluppo di un nuovo tipo di societa’ fondata sull’informazione e la comunicazione. La societa’ dell’informazione e’ l’orizzonte europeo di mutamenti nell’organizzazione sociale ed economica che le tecnologie telematiche stanno imponendo a ritmo sempre piu’ serrato. Dalla Pubblicazione del Rapporto Bangemann, il termine Information Society e’ venuto ad assumere non solo un valore concettuale ma progettuale e operativo.

Ma e’ il problema lavoro che deve assumere un ruolo centrale nelle strategie europee; abbandonare il concetto di posto fisso a lunga scadenza, puntare sulla formazione durante tutta la vita produttiva, convincendosi che la Societa’ dell’Informazione piu’ che un rischio per i lavoratori di oggi si rivelera’ una fonte di opportunita’ (CASSANO).
Il telelavoro viene a costituire all’interno di questi programmi europei un momento importante di applicazione delle nuove tecnologie, soprattutto con progetti volti a:
1. rivitalizzare aree marginali perche’ poco accessibili o perche’ dotate di scarse infrastrutture, portando quindi il lavoro in zone periferiche prima caratterizzate da emigrazione verso regioni economicamente piu’ forti.
2. Inserire nel mondo del lavoro figure sociali deboli, intendendo quelle persone che trovano una limitazione insormontabile, determinata da condizioni fisiche o da situazioni familiari o personali, le modalita’ tradizionali di lavoro svolto presso la sede aziendale tanto da dover abbandonare l’occupazione o non accedervi.
3. Diminuire i problemi di inquinamento e di traffico urbano attraverso un decentramento insediativo in modo tale da spostare attivita’ produttive in area meno congestionate e piu’ vivibili anche attraverso la costruzioni di ‘Centri di Telelavoro’.
4. Aumentare la penetrazione della tecnologia all’interno dell’impresa, per favorire da un lato la competizione della stessa e dall’altro attraverso politiche adeguate una riqualificazione del lavoratore.
Di recente la Commissione si e’ occupata anche dei problemi normativi e contrattuali relativi al telelavoro, in particolare, di quelli relativi alla protezione sociale, alla salute e alla sicurezza. La Direzione Generale V, che si occupa delle relazioni industriali e degli affari sociali della Commissione dell’Unione Europea insieme alla Fondazione di Dublino per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro ha svolto una ricerca sulle tre aree tematiche sopra indicate; sulla base di questa, nel giugno 1996, si e’ tenuta una conferenza quadripartita (imprenditori, sindacati, governi, esperti). Individuate nel lavoratore subordinato e nel lavoratore indipendente le due principali figure di telelavoratore, la Confederazione sindacale europea ha proposto forme di contrattazione collettiva a livello nazionale, con alcune caratteristiche minime comuni a livello europeo. Inoltre, ha proposto che sia a carico dell’imprenditore committente l’onere della prova circa l’eventuale insussistenza degli elementi caratteristici del rapporto subordinato. In ogni caso e’ apparso necessario adeguare le attuali normative (sia nazionali che comunitarie), assolutamente inadatte a questa nuova forma di lavoro. Infatti, l’esigenza di flessibilita’, da cui e’ caratterizzata la cultura organizzativa che sta alla base delle esperienze di telelavoro nei Paesi europei, rende obsolete le precedenti norme di regolazione, basate su una generale standardizzazione del tempo di lavoro e su una rigida distribuzione dei compiti.

D’altra parte, sempre nel corso della Conferenza, e’ emerso lo scarso interesse di imprenditori ed esperti ad una regolamentazione puntuale del fenomeno, pur essendo stata evidenziata la necessita’ di fissare regole chiare, criteri e paradigmi di riferimento.
Alle stesse conclusioni e’ pervenuto il team europeo di ricerca del progetto M.I.R.T.I. (Models of industrial relations in telework innovation) presentato alla Commissione Europea da parte dell’istituto IESS-AE. (Istituto Europeo di Studi Sociali, Associazione Europea) e selezionato all’interno del programma Applicazioni telematiche.
Inoltre, proprio di recente e per l’esattezza il 23 maggio 2002 e’ stato sottoscritto a Bruxelles l’accordo-quadro sul telelavoro tra le organizzazioni industriali e sindacali europee (tra le quali l’Unice per i datori di lavoro ed il CES per i sindacati). Tale accordo prevede il potenziamento delle sviluppo delle attivita’ di telelavoro in ambito europeo e disciplina specifiche misure di protezione dei lavoratori dipendenti che usufruiscono di questa particolare modalita’ di lavoro. L’accordo interessa oltre quattro milioni di lavoratori ed e’ ispirato a principi di flessibilita’ e sicurezza per cui vi saranno casi in cui datori di lavoro non potranno imporre il telelavoro (qualora non sia previsto nell’ambito delle attivita’ per le quali il lavoratore e’ stato assunto) come casi in cui i datori di lavoro potranno rifiutare le richieste dei lavoratori di operare per via telematica.

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