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ANTISPAM: Con Spews al bando il diritto alla e-mail !

15 Gennaio 2003 Commenta

Da un po’ di tempo in rete sono presenti strumenti anti-spam talmente organizzati da recare seri pregiudizi anche a chi e’ un legittimo utente di Internet. Con Spews (una nuova associazione anti-spam internazionale), infatti, potremmo vederci tolto il diritto alla corrispondenza virtuale.


Bologna – Da un po’ di tempo in rete sono presenti strumenti anti-spam talmente organizzati da recare seri pregiudizi anche a chi e’ un legittimo utente di Internet. Con Spews (una nuova associazione anti-spam internazionale), infatti, potremmo vederci tolto il diritto alla corrispondenza virtuale.
Il meccanismo che porta a questa assurda conclusione e’ alquanto complesso, ma va brevemente analizzato per capire come mai un giorno o l’altro potremmo vederci tolta la possibilita’ di inviare e-mail. Per cercare di tamponare la diffusione del fenomeno dello spamming, sono state create alcune tipologie di “liste nere”. Una fra tutte e’ quella che indicizza tutti gli indirizzi da dove proviene posta spazzatura. Una volta ottenuta la lista, questa viene utilizzata da numerosi mail server (cioe’ i server che gestiscono nodi di transito della posta elettronica), i quali appena ricevono posta da quei determinati indirizzi IP, rifiutano di processarla. La prima struttura anti-spam a sfruttare negli ultimi tempi questo sistema e’ stato il MAPS (Mail Abuse Prevention System). A causa di difficolta’ tecniche e in seguito ad alcune cause giudiziarie intentate dai soggetti “vittime” dell’attivita’ del MAPS, questa organizzazione ha passato il testimone a un’altra – sua erede – di nome SPEWS (Spam Prevention Early Warning System).
La particolarita’ del funzionamento di questa nuova comunita’ anti-spam consiste in particolar modo nell’estendere le attivita’ di “oscuramento” (c.d. blacklisting), oltre a chi fa spamming, anche ai soggetti che non sono spammers. Questi ultimi, infatti, possono essere anche dei semplici, innocui navigatori, ma hanno la sfortuna di essere – loro malgrado – clienti di quegli ISP che si rifiutano di bloccare lo spam che producono in rete, pur dietro segnalazione dello SPEWS stesso di interrompere le attivita’ di disturbo. C’e’ chi difende a spada tratta l’operato di SPEWS (si veda per es.,
http://www.pc-facile.com/news.php?id=807), dove si afferma testualmente che, anche se questa nuova comunita’ anti-spam blocca la posta elettronica di miti navigatori, “il sistema di posta elettronica e’ costituito da reti private, che collaborano. Nessuno puo’ imporre ad altri di consegnare la posta elettronica. Sotto questo punto di vista, vedersi consegnata la propria e-mail non e’ un diritto, ma un privilegio”.
Si puo’ condividere un simile orientamento? E’ possibile cancellare con un colpo di spugna il diritto dei semplici navigatori (o magari soggetti attivi nel mercato del commercio elettronico) alla fruizione della propria posta?


Internet, senza ombra di dubbio, e’ costituita da un insieme di reti private che utilizzano uno stesso “linguaggio” di comunicazione. Al riguardo, pero’, e’ opportuno fare le seguenti (e certamente non esaustive) precisazioni per criticare il fenomeno dell’allargamento del blacklisting anche ai soggetti non spammers, cosi’ come messo in pratica dal SPEWS.

In primo luogo, Internet e’ una rete aperta e non chiusa. Se fosse chiusa sarebbe possibile operare indiscriminatamente tutte le restrizioni necessarie per respingere i contegni che non si conformano ai suoi criteri organizzativi.
Proprio perche’ essa e’ formata da reti di tanti privati che mettono a disposizione le proprie strutture per entrare nel grande mondo comunicativo internettiano, si puo’ fondatamente ritenere che essa sia precostituita per un servizio – di fatto – pubblico.
Alcune disposizioni costituzionali di vari ordinamenti giuridici (compresa l’Italia) garantiscono ai piu’ alti livelli la manifestazione del proprio pensiero attraverso “qualunque mezzo di diffusione”: dunque, non specificando se debba essere un mezzo privato o pubblico.
Cosi’ recita, infatti, l’art. 21 Cost., cui deve essere affiancato l’art. 15 sulla liberta’ e la segretezza della corrispondenza. (Sul tema degli articoli della nostra Costituzione in relazione al fenomeno di Internet, si veda per tutti l’illustre saggio di Costanzo P. Aspetti evolutivi del regime giuridico di Internet, Dir. Inf. 96, p. 831).
La sentenza del TAR del Lazio (n. 9425/01) ha ritenuto la semplice e-mail equiparabile in tutti gli aspetti alla corrispondenza cartacea. Pertanto, come quest’ultima, essa deve ricevere tutta la protezione di segretezza che discende dal principio costituzionale di cui all’art. 15 della Costituzione: “La liberta’ e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione puo’ avvenire soltanto per atto motivato dall’autorita’ giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge”.

Ovviamente Internet non puo’ essere considerato un “servizio pubblico” tout cour. Non esiste, infatti, un organismo che la gestisca in maniera ufficiale tale da poterne qualificare giuridicamente la natura in maniera precisa; ma e’ pur sempre una rete di reti che sono preordinate alla comunicazione pubblica di informazioni, proprio perche’ utilizzano intenzionalmente lo stesso protocollo (TCP/IP).
In definitiva, nessuno puo’, senza un fondato motivo, arrogarsi il diritto di impedire il passaggio di messaggi altrui.

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ANTISPAM: Con Spews Al Bando Il Diritto Alla E-Mail !

14 Gennaio 2003 Commenta

Bologna – Da un po’ di tempo in rete sono presenti strumenti anti-spam talmente organizzati da recare seri pregiudizi anche a chi e’ un legittimo utente di Internet. Con Spews (una nuova associazione anti-spam internazionale), infatti, potremmo vederci tolto il diritto alla corrispondenza virtuale. Il meccanismo che porta a questa assurda conclusione e’ alquanto complesso, ma va brevemente analizzato per capire come mai un giorno o l’altro potremmo vederci tolta la possibilita’ di inviare e-mail. Per cercare di tamponare la diffusione del fenomeno dello spamming, sono state create alcune tipologie di “liste nere”. Una fra tutte e’ quella che indicizza tutti gli indirizzi da dove proviene posta spazzatura. Una volta ottenuta la lista, questa viene utilizzata da numerosi mail server (cioe’ i server che gestiscono nodi di transito della posta elettronica), i quali appena ricevono posta da quei determinati indirizzi IP, rifiutano di processarla. La prima struttura anti-spam a sfruttare negli ultimi tempi questo sistema e’ stato il MAPS (Mail Abuse Prevention System). A causa di difficolta’ tecniche e in seguito ad alcune cause giudiziarie intentate dai soggetti “vittime” dell’attivita’ del MAPS, questa organizzazione ha passato il testimone a un’altra – sua erede – di nome SPEWS (Spam Prevention Early Warning System). La particolarita’ del funzionamento di questa nuova comunita’ anti-spam consiste in particolar modo nell’estendere le attivita’ di “oscuramento” (c.d. blacklisting), oltre a chi fa spamming, anche ai soggetti che non sono spammers. Questi ultimi, infatti, possono essere anche dei semplici, innocui navigatori, ma hanno la sfortuna di essere – loro malgrado – clienti di quegli ISP che si rifiutano di bloccare lo spam che producono in rete, pur dietro segnalazione dello SPEWS stesso di interrompere le attivita’ di disturbo. C’e’ chi difende a spada tratta l’operato di SPEWS (si veda per es., http://www.pc-facile.com/news.php?id=807), dove si afferma testualmente che, anche se questa nuova comunita’ anti-spam blocca la posta elettronica di miti navigatori, “il sistema di posta elettronica e’ costituito da reti private, che collaborano. Nessuno puo’ imporre ad altri di consegnare la posta elettronica. Sotto questo punto di vista, vedersi consegnata la propria e-mail non e’ un diritto, ma un privilegio”. Si puo’ condividere un simile orientamento? E’ possibile cancellare con un colpo di spugna il diritto dei semplici navigatori (o magari soggetti attivi nel mercato del commercio elettronico) alla fruizione della propria posta?

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