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Rimborsi premi assicurativi: Note a Ord. G.P. Milazzo 18/04/2003; Rimessione a Corte Cost. e Corte Giust. CE

23 Aprile 2003 Commenta

GIUDICE DI PACE DI MILAZZO – 18 aprile 2003 (ord.) – Giud. Lojacono – Regio (avv. Visalli, Leotti) c. Axa Assicurazioni (avv. Roma, Suria).




[…./….] Competenza civile del Giudice di Pace – Art. 113 secondo comma c.p.c. – Competenza per valore – Cause inferiori a € 1.100 – Decisione secondo equita’ – Modifica risultante dal D.L. n. 18 dell’8.2.2003 (conv. in L. n. 63 del 7.4.2003) – Decisione secondo diritto – Nelle cause derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalita’ di cui all’art. 1342 del codice civile – Non manifesta infondatezza costituzionale – Violazione del diritto alla difesa – Violazione del principio del giusto processo e della ragionevole durata del processo – Violazione del principio di uguaglianza – Violazione delle funzioni riservate al potere giudiziario – Violazione dei principi in tema di decretazione d’urgenza – Violazione dell’art. 41 Cost.

(Cost., art. 24, 111, 3, 101, 102, 104, 77 e 41; d.l. 8 febbraio 2003 n. 18, disposizioni urgenti in materia di giudizio necessario secondo equita’, conv., con mod, dalla l. 7 aprile 2003 n. 63, art. 1).



[…./….] Competenza civile del Giudice di Pace – Art. 113 secondo comma c.p.c. – Competenza per valore – Cause inferiori a € 1.100 – Decisione secondo equita’ – Modifica risultante dal D.L. n. 18 dell’8.2.2003 (conv. in L. n. 63 del 7.4.2003) – Decisione secondo diritto – Nelle cause derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalita’ di cui all’art. 1342 del codice civile – Incompatibilita’ con norme del Trattato Ce – Rinvio pregiudiziale.

(Trattato CE, art. 153; d.l. 8 febbraio 2003 n. 18; disposizioni urgenti in materia di giudizio necessario secondo equita’, conv., con mod, dalla l. 7 aprile 2003 n. 63, art. 1).

Non e’ manifestamente infondata, in relazione all’art. 24 Cost., la questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 1 del D.L. n. 18 dell’8.2.2003 (conv. in L. n. 63 del 7.4.2003), nella parte in cui esclude il giudizio secondo equita’ del Giudice di Pace nelle controversie di valore inferiore a € 1.100 aventi ad oggetto i contratti di cui all’art. 1342 c.c., per rendere di fatto antieconomica la tutela giudiziaria dei diritti dei consumatori lesi dall’adesione ai contratti di massa, dissuadendo costoro, in concreto, dall’avviare contenziosi presumibilmente lunghi e costosi.
Non e’ manifestamente infondata, in relazione all’art. 111 Cost., la questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 1 del D.L. n. 18 dell’8.2.2003 (conv. in L. n. 63 del 7.4.2003), nella parte in cui esclude il giudizio secondo equita’ del Giudice di Pace nelle controversie di valore inferiore a € 1.100 aventi ad oggetto i contratti di cui all’art. 1342 c.c., determinando un irragionevole prolungamento dei tempi del giudizio, in contrasto anche con il principio del giusto processo.
Non e’ manifestamente infondata, in relazione all’art. 3 Cost., la questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 1 del D.L. n. 18 dell’8.2.2003 (conv. in L. n. 63 del 7.4.2003), nella parte in cui esclude il giudizio secondo equita’ del Giudice di Pace nelle controversie di valore inferiore a € 1.100 aventi ad oggetto i contratti di cui all’art. 1342 c.c., per violazione del principio dell’eguaglianza, determinando un’irragionevole disparita’ di trattamento tra chi abbia stipulato un contratto del valore di € 1100 aderendo a un contratto di massa, e chi abbia stipulato un contratto del medesimo valore ma non appartenente alla detta tipologia.
Non e’ manifestamente infondata, in relazione agli artt. 101, 102 e 104 Cost., la questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 1 del D.L. n. 18 dell’8.2.2003 (conv. in L. n. 63 del 7.4.2003), nella parte in cui esclude il giudizio secondo equita’ del Giudice di Pace nelle controversie di valore inferiore a € 1.100 aventi ad oggetto i contratti di cui all’art. 1342 c.c., per lesione delle funzioni riservate al potere giudiziario, incidendo il provvedimento legislativo in oggetto su concrete fattispecie sub judice.
Non e’ manifestamente infondata, in relazione all’art. 77 Cost., la questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 1 del D.L. n. 18 dell’8.2.2003 (conv. in L. n. 63 del 7.4.2003), nella parte in cui esclude il giudizio secondo equita’ del Giudice di Pace nelle controversie di valore inferiore a € 1.100 aventi ad oggetto i contratti di cui all’art. 1342 c.c., per assenza delle ragioni sufficienti ad integrare i requisiti disposti dall’art. 77 Cost.

Non e’ manifestamente infondata, in relazione all’art. 41 Cost., la questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 1 del D.L. n. 18 dell’8.2.2003 (conv. in L. n. 63 del 7.4.2003), nella parte in cui esclude il giudizio secondo equita’ del Giudice di Pace nelle controversie di valore inferiore a € 1.100 aventi ad oggetto i contratti di cui all’art. 1342 c.c., per violazione del principio per cui l’iniziativa economica privata non puo’ svolgersi in contrasto, tra l’altro, con l’utilita’ sociale.
E’ necessario il rinvio in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia della Ce affinche’ si pronunci, con riferimento alla tutela degli interessi economici e alla protezione dei consumatori, sulla compatibilita’ con il Trattato Ce dell’art. 1 del D.L. n. 18 dell’8.2.2003 (conv. in L. n. 63 del 7.4.2003).


(1) L’ordinanza de qua si inserisce nel dibattito, negli ultimi mesi parzialmente sopito, sulla questione dei rimborsi dei premi assicurativi che si asseriscono in parte ingiustificatamente pagati dai consumatori: come noto, la problematica (balzata agli onori della cronaca nazionale, anche per i provvedimenti legislativi conseguenti) scaturisce dal provvedimento di chiusura istruttoria dell’Autorita’ Garante della concorrenza del mercato 8 luglio 2000 n. 8546, al quale e’ seguita, su ricorso delle compagnie assicurative, una prima sentenza del TAR Lazio, sez. I, 5 luglio 2001 n. 6139 (in Foro amm., 2001, 2117) e del Consiglio di Stato (Cons. St., sez. VI, 23 aprile 2002 n. 2199).
Non ultima Cass. 9 dicembre 2002 n. 14475, in Guida al diritto, 2003, n. 5, p. 68 ss., con nota di FINOCCHIARO M., Solo con la questione di legittimita’ costituzionale si puo’ contestare la strada scelta dal legislatore.
La “campagna” per i rimborsi, iniziata dalle associazioni dei consumatori piu’ rappresentative (Adusbef, Codacons ecc.) ha ottenuto eco nazionale, ricevendo ampia diffusione anche da parte dei mezzi di comunicazione. Le stesse associazioni hanno messo a disposizione sui propri siti Internet i fac-simile dei ricorsi da indirizzare alle compagnie ai fini dell’ottenimento del rimborso, nonche’ delle citazioni presentabili personalmente innanzi gli uffici dei giudici di pace (trattasi difatti in quasi tutti i casi di somme poco consistenti, che permettono la difesa personale a mente dell’art. 82, comma 1, c.p.c.).
E’ da sottolineare che si e’ gia’ formata una discreta giurisprudenza sulla materia, parte pro consumatori, parte pro compagnie assicuratrici.

Alla questione “giudiziale” si e’ successivamente aggiunta la questione “politica”: dopo alcuni incontri tra le parti interessate, difatti, attesa l’impossibilita’ di accordo, era emanato il d.l. 8 febbraio 2003 n. 18 (in G.U. 10 febbraio 2003 n. 33), in Guida al diritto, 2003, n. 7, p. 14 ss., con nota di FINOCCHIARO M., Un provvedimento che tende a garantire l’uniformita’ di trattamento dei consumatori, che sostituisce il comma 2 dell’art. 113 c.p.c. nei seguenti termini: “Il giudice di pace decide secondo equita’ le cause il cui valore non eccede millecento euro, salvo quelle derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalita’ di cui all’art. 1342 c.c.”.
Il detto decreto e’ stato convertito in l. 7 aprile 2003 n. 63 con la sola aggiunta di un inciso intertemporale (“Art. 1-bis: Le disposizioni dell’art. 1 si applicano ai giudizi instaurati con citazione notificata dal 10 febbraio 2003”).
Nei confronti del decreto-legge (e ora, deve ritenersi in via automatica, nei confronti della legge di conversione), in aggiunta all’ordinanza sopra riportata, e’ da rilevare la gia’ avvenuta rimessione degli atti alla (sola) Corte costituzionale da parte di Giud. pace Lecce, ord. 10 marzo 2003 e Giud. pace Bari, ord. 19 marzo 2003. L’ordinanza in epigrafe si segnala per aver accolto anche la richiesta sollevata dai legali di parte attrice di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia delle Comunita’ europee, al fine di decidere “sulla compatibilita’ con il diritto comunitario della norma impugnata”.


Il Giudice di Pace


Letti gli atti e i verbali di causa;
sciogliendo la riserva assunta all’udienza del 24 marzo 2003;
pronuncia la seguente ordinanza.


MOTIVAZIONE



Le questioni di illegittimita’ costituzionale sollevate nel presente giudizio riguardano la previsione dell’art. 1 d.l. n. 18 del 2003, che sottrae al giudizio di equita’ le cause devolute alla competenza dei giudice di pace relative ai contratti conclusi mediante moduli e formulari e il cui valore non ecceda millecento euro.
In via preliminare, si osserva che il d.l. 8 febbraio 2003 n. 18 intitolato “Disposizioni urgenti in materia di giudizio necessario secondo equita'”, in quanto atto normativo non definitivo in attesa di attuazione della conversione, e’ sottoponibile al sindacato di legittimita’ della Corte costituzionale: invero, il decreto e’ in vigore dal giorno successivo alla sua pubblicazione e la Corte costituzionale ha piu’ volte affermato la propria competenza in ordine al sindacato di legittimita’ dei decreti-legge anche nel periodo antecedente alla conversione (cosi’ come da ultimo affermato nella sentenza del 20 luglio 1999 n. 327).
Nonostante il carattere provvisorio del provvedimento impugnato e i ristretti tempi a disposizione del Giudice delle leggi prima dell’approvazione delle Camere, la decisione della Corte costituzionale sulla questione incidentale sollevata dinanzi all’odierno giudicante, sia essa di rigetto che di accoglimento, non sarebbe priva di effetti.
Qualora, poi, la disposizione impugnata fosse riprodotta, prima della pronuncia della Corte costituzionale sul decreto legge, nella legge di conversione con la medesima forma, la Corte potrebbe estendere la verifica della legittimita’ costituzionale a quest’ultima legge, che continuerebbe ad esprimere il contenuto precettivo della norma denunciata.
Nel merito delle questioni di incostituzionalita’ sollevate si osserva quanto segue:

1. Violazione del principio del giudice naturale ex art. 25 cost. – Non sembra che gli effetti dell’art. 1 d.l. n. 18 del 2003 siano quelli di sottrarre ai ricorrenti il giudice precostituito per legge ex art. 25 cost. Il provvedimento impugnato, in forza dei mutamento delle regole processuali e, segnatamente, della esclusione del giudizio di equita’ ex art. 113 c.p.c. per determinati tipi di. controversie, sebbene si applichi in base al principio del tempus regit actum al giudizi pendenti alla data di entrata in vigore, incide sulle modalita’ del giudizio senza compromettere, pertanto, il principio dei giudice naturale.

2. Violazione del diritto di difesa ex art. 24 cost. e del principio del giusto processo ex art. 111 cost. – L’esclusione del giudizio secondo equita’ del giudice di pace per le controversie di valore inferiore a, millecento euro e aventi ad oggetto i contratti di cui all’art. 1342 c.c., normalmente stipulati tra professionisti e consumatori, comporta un aggravamento dell’esercizio del diritto di difesa dei consumatori, non tanto perche’ precluda in astratto l’azionabilita’ dei diritti di questi ultimi, bensi’ nella misura in cui le conseguenze della modifica legislativa sono quelle di: a) rendere appellabili le sentenze rese in questa materia dal giudice di pace; b) comportare l’obbligo dell’assistenza di un avvocato ex art. 82, comma 13, c.p.c., anche se la parte si e’ difesa personalmente dinanzi al giudice di pace ex art. 82, comma 1, c.p.c.; c) rendere di fatto antieconomica la tutela giudiziaria dei diritti dei consumatori tesi dall’adesione ai cosiddetti contratti di massa e, pertanto, dissuadere costoro, in concreto, dall’avviare contenziosi presumibilmente lunghi e costosi.
I profili di incostituzionalita’ del provvedimento impugnato si apprezzano, altresi’, rispetto al principio del giusto processo e della ragionevole durata del giudizio di cui all’art. 111 cost. evidentemente compromessi da una dilatazione dei tempi della giustizia incomprensibile se si considera che le controversie del medesimo valore, ma diverse da quelle relative ai contratti tra professionisti e consumatori, vengono decise con il criterio valutativo dell’equita’. Ora, non sembra che la particolarita’ dell’elemento soggettivo, che caratterizza, per lo piu’, i contratti conclusi per moduli e formulari, possa giustificare un prolungamento dei tempi del giudizio, semmai dovendo rappresentare la ragione di una giustizia piu’ celere ed efficace.

Peraltro, la sottrazione delle suddette controversie tra consumatori e professionisti al giudizio secondo equita’ dei giudice di pace non pare giustificabile in relazione all’obiettivo, proclamato nello stesso decreto, del raggiungimento di una uniformita’ di giudizi, atteso che l’uniformita’ nell’interpretazione della legge e’ assicurata dalla Corte di cassazione e anche le pronunce rese dal giudice di pace secondo equita’ sono soggette al sindacato di legittimita’ della Suprema Corte.
Inoltre, la motivazione addotta a sostegno dell’intervento normativo in questione, secondo cui il giudizio secondo diritto garantirebbe maggiormente contro difformita’ di giudizi per situazioni identiche, appare irragionevole atteso che non si comprende perche’ una decisione assunta secondo i criteri dell’equita’ formativa o sostitutiva (quale e’ quella del giudice di pace ex art. 113, comma 2, c.p.c.) e, quindi, nel rispetto delle norme costituzionali e di quelle comunitarie, oltre che delle norme regolatrici dei processo (Cass. 4 febbraio 2003 n. 1610) dovrebbe dare risultati difformi sul piano in ordine a rapporti contrattuali che, peraltro, si presumono identici su un piano astratto, ma che, inevitabilmente, possono presentare, nel concreto, aspetti di differenziazione.

3. Violazione del princio di uguaglianza ex art. 3 cost. sotto il profilo della ragionevolezza. – Da quanto fin qui esposto discende la violazione dei principio di uguaglianza ex art. 3 Cost., posto che la previsione dell’art. 1 d.l. n. 18 del 2003, scoraggiando, per i motivi sopra indicati, l’accesso alla giustizia di determinate categorie di soggetti “deboli” (cui il legislatore, ha invece, dedicato una copiosa produzione normativa di protezione), conduce ad un duplice effetto, censurabile ex art. 3 cost.: quello di avvantaggiare, ingiustificatamente e contro l’attuale tendenza legislativa ispirata ai valori costituzionali e comunitari, i contraenti “forti”, ossia i professionisti che redigono e impongono la sottoscrizione di contratti standard ad un numero tendenzialmente indefinito di consumatori, e quello di prevedere un trattamento diverso secondo che i ricorrenti, pur avendo stipulato contratti del medesimo valore (entro i millecento euro), abbiano o meno aderito ad un contratto standard.

In merito a tale ultimo profilo, e’ pacifico l’insegnamento della Corte costituzionale secondo il quale un trattamento differenziato per situazioni simili puo’ trovare legittima applicazione ove vi sia l’indefettibile presenza di “ragionevoli motivi” (C. cost. n. 61 del 1964), “presupposti logici obiettivi” (C. cost. n. 7 del 1963) e del “limite della ragionevolezza” (C. cost. n. 2 del 1966; C. cost. n. 200 del 1972).

Queste circostanze non ricorrono nella fattispecie che occupa l’odierno giudicante, giacche’ non si spiega perche’ l’inibizione del giudizio secondo equita’, in ordine ad ipotesi analoghe a quelle per cui rimane in vigore, dovrebbe garantire il raggiungimento dell’obiettivo di una maggiore uniformita’ e certezza del diritto, a meno di non considerare le pronunce secondo equita’ un minus dal punto di vista giuridico. Sennonche’ tale ultima considerazione risulta inaccettabile, dato che come si e’ gia’ avuto modo di osservare, le decisioni rese secondo equita’ non possono essere completamente disarticolate dalla realta’ processuale e normativa, ne’ il fatto che sul contenuto delle stesse possa incidere il libero convincimento del giudice ne inficia la validita’ e il valore giuridico.
Cio’ e’ tanto piu’ dimostrato, innanzitutto, dal fatto che il principio del soggettivo apprezzamento delle risultanze processuali (prove, argomenti di prova, comportamento delle parti…) costituisce uno dei cardini del processo civile, in generale, quindi, presiede anche alle pronunce secondo diritto. Inoltre, la stessa Corte di cassazione ha affermato che il giudizio equitativo del giudice di pace e’ insindacabile, salvi i casi di “inesistenza, perplessita’ o mera apparenza della motivazione” (Cass. n. 1610 del 2003) e cio’ al pari del convincimento – espresso dal giudice di merito, nell’ambito di un ordinario giudizio di cognizione (Cass. n. 1643 del 1995; Cass. n. 12960 del 1997).

Si conferma, pertanto, la violazione dell’art. 3 cost., sotto il profilo dei principio della ragionevolezza, da parte dell’art. 1 d.l. n. 18 del 2003, giacche’ la discrezionalita’ legislativa deve sempre trovare un limite nella ragionevolezza delle disposizioni volte a giustificare la disparita’ di trattamento fra cittadini e tale norma, viceversa, introduce irragionevoli e ingiustificate discriminazioni.

4. Violazione delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario ex art. 101, 102 e 104 cost. – Secondo l’orientamento espresso in piu’ occasioni dalla Corte costituzionale (sent. n. 397/ del 1994, n. 6 del 1994, n. 429 del 1993 …) il legislatore viola le funzioni riservate al potere giudiziario, quando il suo intervento si intenzionalmente diretto ad incidere su concrete fattispecie sub iudice. Non v’e’ dubbio che tale evenienza sia riscontrabile nel caso in esame, giacche’ la statuizione contenuta nell’art. 1 d.l. n. 18 del 2003, anziche’ presentare i caratteri della generalita’ e astrattezza, si dimostra diretta ad incidere su concrete fattispecie sub iudice e, segnatamente, ai procedimenti di risarcimento e rimborso in corso promossi contro le societa’ assicurative, operanti nel settore RC auto, “colpite” dal provvedimento sanzionatorio dell’Autorita’ antitrust 28 luglio 2000 n. 8546, con cui l’organo di garanzia dichiarava nullo un accordo di cartello, intervenuto tra un certo numero di compagnie assicurative, in quanto vietato ex art. 2 1. n. 287 del 1990.
Questi elementi confermano l’irragionevolezza della previsione normativa impugnata e la sua incostituzionalita’ ai sensi, altresi’, degli art. 101, 102 e 104 cost.

5.Violazione dei principi di cui all’art. 77 cost. per l’emanazione dei decreti d’urgenza. – Non si ravvisano in relazione all’emanazione del d.l. n. 18/ del 2003, ragioni sufficienti ad integrare i’ requisiti di cui all’art. 77, comma 2, cost. per l’emanazione da parte del Governo di provvedimenti provvisori aventi forza di legge. Invero, non si comprende perche’, a distanza di molti anni dall’istituzione degli uffici dei giudici di pace, il legislatore ravvisi la presenza di motivi cosi’ straordinari di necessita’ e indifferibilita’ da giustificare il ricorso alla decretazione d’urgenza al fine di introdurre la valutazione secondo diritto nel confronti di contratti standard, pur rientranti nei limiti di valore della decisione equitativa.
Peraltro sul punto lo stesso preambolo del decreto argomentando in modo generico e inconsistente, con riguardo all’esigenza di uniformita’ di giudizio (sulla cui irrilevanza si e’ gia’ avuto modo di soffermarsi), presta il fianco a censure di’ ordine costituzionale, sotto il profilo dell’insussistenza di ragioni giustificative a sostegno del ricorso alla decretazione d’urgenza.

6.Violazione dell’art. 41 cost. – L’art. 1 d.l. n. 18 del 2003 appare emesso, inoltre, in violazione dell’art. 41 cost., giacche’ nel limitare l’esercizio dei diritti dei consumatori, ne comprime i correlativi interessi garantiti, viceversa, dal regolare svolgimento dell’iniziativa economica privata assicurata, tra l’altro, dall’Autorita’ Garante della concorrenza e del mercato.

Quest’ultima con il provvedimento di chiusura d’istruttoria n. 8546/00 ha accertato e sanzionato un’intesa vietata, ai sensi dell’art. 2 l. n. 287 del 1990, quale l’accordo di cartello intervenuto tra un determinato numero di imprese assicuratrici, diretto ad aumentare ingiustificatamente i premi delle polizze RC auto dovuti dai clienti, con conseguente aggravio delle condizioni contrattuali e azione delle regole della concorrenza. Il decreto-legge impugnato, oltre a non rispettare l’azione dell’Autorita’ interviene a falsare (per le ragioni gia’ ampiamente esposte) il gioco della concorrenza e, pertanto, si pone in netto contrasto con la disposizione dell’art. 41 cost. a mente della quale l’iniziativa economica privata, seppur libera, non puo’ svolgersi in contrasto, tra l’altro, con l’utilita’ sociale.

7. Questione pregiudiziale ex art. 153-234 del Trattato UE. – Si osserva preliminarmente che l’art. 153 del Trattato UE ha riconosciuto nel consumatore un soggetto attore del mercato, in posizione pariordinata rispetto a quella riconosciuta alle imprese controparti nei rapporti contrattuali e, piu’ in generale, nelle relazioni economiche e giuridiche. Si tratta, a ben vedere, dell’attribuzione, in capo al consumatore, di un situazione giuridica che, a livello comunitario, ha assunto un rilievo costituzionale e tale per cui questo soggetto dovrebbe poter ricoprire un ruolo essenziale nell’ambito del rispetto delle norme a tutela della concorrenza e del mercato.
Di cio’ e’ stato, finora, consapevole il legislatore, atteso che ha provveduto a dare attuazione, nel diritto interno, a numerose direttive comunitarie a tutela dei consumatori e degli utenti (si pensi, a titolo esemplificativo, al d. lgs. n. 50 del 1992 sui contratti conclusi fuori dai locali commerciali, al d. lgs. n. 111 del 1995 sui viaggi, le vacanze e i circuiti “tutto compreso”, alle norme sui contratti dei consumatori e le clausole vessatorie di cui al capo XIV-bis c.c., alla l. n. 281 del 1998 sui diritti dei consumatori e utenti, al d. lgs. n. 427 del 1998 relativo ai c.d. contratti di multiproprieta’, al d. lgs. n. 185 del 1999 sui contratti a distanza).
L’art. 1 d.l. n. 18 del 2003, nella misura in cui comprime i diritti dei consumatori e danneggia la loro posizione giuridica rispetto quella dei professionisti, appare, pertanto, incongruente rispetto alla descritta evoluzione normativa, nonche’ in contrasto con i principi contenuti nei Trattati istitutivi delle Comunita’ europee, nel Trattato sull’UE e nella normativa comunitaria derivata.
Si rende, quindi, necessario, al sensi dell’art. 234 del Trattato UE, l’intervento della Corte di giustizia, quale organo deputato ad assicurare il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei Trattato stesso, affinche’ si pronunci, in via pregiudiziale, sulla compatibilita’ con il diritto comunitario della norma impugnata dinanzi all’odierno giudicante.

Si fa presente che il procedimento de quo non puo’ essere definito indipendentemente dalla risoluzione delle questioni di legittimita’ costituzionale dell’art. 1 d.l. 8 febbraio 2003 n. 18 che non appaiano manifestamente infondate.
Si ritiene, altresi’, necessaria una pronuncia in via pregiudiziale della Corte di giustizia, sulla questione sottoposta all’esame dell’odierno giudicante, perche’ lo stesso possa emettere la propria decisione.


PQM


Il Giudice di Pace
dispone la sospensione del procedimento in corso;
ordina la rimessione degli atti alla Corte costituzionale per la dichiarazione di illegittimita’ costituzionale, in riferimento agli art. 24, 11, 3, 101, 102, 104, 77 e 41 cost., dell’art. 1 d.l. 8 febbraio 2003 n. 18;
ordina la rimessione degli atti alla Corte di giustizia CE, affinche’ si pronunci in via pregiudiziale sulla compatibilita’ con il Trattato UE e il diritto comunitario dell’art. 1 d.l. 8 febbraio 2003 n. 18.
Si comunichi alle parti, al Presidente del Consiglio dei ministri, ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.


Milazzo, 18-4-03







Il Giudice di Pace
Dott.ssa Liliana Lojacono

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