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Nuovo atto della battaglia contro il file sharing: Sara’ l’ultimo?

12 Maggio 2003 Commenta

G. Greco, Roma – Se fino a pochi anni fa l’utenza di Internet considerava tutto cio’ che vi circolava in formato “digitale” una vera e propria res nullius, ad oggi la situazione che si e’ andata via via profilando e’ radicalmente diversa: opposto il (legittimo) diritto d’autore allo sfruttamento indiscriminato di varie proprieta’ intellettuali, e’ stato eroso l’ormai vecchio sistema per acquisire l’altrui opera: sono stati presi di mira in primis tutti quei siti che, fungendo da veri e propri “magazzini”, permettevano a chiunque di prelevare quanto desiderato esattamente come in un negozio, ovviamente senza pagare prezzo alcuno; questa tipologia di illecito persiste ancora abbondantemente, ma e’ contrastata con una lotta senza quartiere dagli stati e da leggi ad hoc.

Ci si e’ poi concentrati su quella che e’ la tecnica piu’ difficile da stroncare: il c.d. file sharing, ossia la condivisione di materiale; i files  non sono centralizzati su un unico server, restano localizzati sui computer dell’utenza che li scambia tramite programmi appositi detti clients, concepiti col fine d’appoggiare e agevolare il meccanismo.
Contro questo genere di pratiche si e’ mossa inizialmente “l’armata” delle majors, dapprima diffondendo false copie sugli stessi servizi per il P2P (peer-to-peer) onde “ingannare” coloro che li avessero scaricati, poi (notizia recentemente confermata dal New York Times) finanziando le software houses intente a sviluppare programmi anticondivisione (c.d. bullet software).
In seguito sono stati adottati numerosi provvedimenti dagli stati dove si consumano gli illeciti; l’America, da sempre all’avanguardia per quanto concerne Internet e nuove tecnologie, ha chiarito responsabilita’ e attribuzioni di colpa con il Digital Millenium Copyright Act, sostituto dell’inadeguato Federal Copyright Act del lontano 1976. Proprio al DMCA ci si riferi’ nel celeberrimo caso Napster (A&M Records Inc. v. Napster, 2001)  per chiarire quando si potesse parlare di concorso del provider nell’attivita’ illecita.
In Italia fa da riferimento l’ordinanza del Trib. di Cuneo del 23 giugno 1997, secondo la quale non e’ implicato in violazione del diritto d’autore il provider che abbia concesso il solo accesso all’utente, il quale peraltro ha usato il servizio per i fini di cui sopra.
E proprio su questo ultimo fronte si e’ spostata  la battaglia: intimoriti appunto dal DMCA (i critici dissentono attribuendo la natura dell’atto alle pressioni delle majors), alcuni ISP statunitensi (Internet Service Provider) hanno tolto la possibilita’ di connettersi ad Internet a quegli abbonati soliti ad usare servizi di file sharing.
Il gesto e’ clamoroso, soprattutto se si tiene conto delle dimensioni del fenomeno e del bacino d’utenza gigantesco che ogni giorno si connette per condividere e scambiare e c’e’ chi si attende ricorsi da un momento all’altro: si riuscira’ a “sospendere” il sistema in attesa di tecnologie e modalita’ che senza ledere i diritti del consumatore tutelino quelli degli autori e dei produttori?

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