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Ministero Ambiente censura agenzie di ricerca scientifica e tecnologica.

30 Maggio 2003 Commenta

L. Morandi, Roma – Una nota del capo di gabinetto del Ministero per l’Ambiente reca un gravissimo atto di censura nei confronti del personale e della dirigenza dell’APAT (Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente e i servizi Tecnici) e dell’ICRAM (Istituto Centrale Ricerca scientifica e tecnologica Applicata al Mare) in seguito alla “Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia ambientale”, progetto di legge- N. 1798-B approvato dal Senato il 14 maggio scorso.

La nota, protocollata dall”ufficio di gabinetto ( GAB/ 2003/ 5312 ) rappresenta un grave episodio d’interferenza sull’autonomia istituzionale e operativa dei due organi di ricerca scientifica, mentre ci troviamo sulla soglia del semestre di presidenza europea ed in prossimita’ della nona Conferenza delle parti, vertice per l’applicazione del protocollo di Kioto, che si terra’ a Milano nel prossimo dicembre, occasione nella quale gli enti di ricerca APAT e ICRAM, svolgeranno ruolo istituzionale fondamentale per la presenza italiana. 
Il Dott. Paolo Togni cosi’ si rivolge ai Direttori, all’ufficio legislativo del Ministero e ai dirigenti APAT e ICRAM, integrale dal testo del 16 maggio u.s.: “Si invitano, …, tutti gli uffici in indirizzo a volersi astenere dall’elaborare, discutere o anche solo impostare attivita’ aventi contenuto attuale o in prospettiva sugli argomenti oggetto di Delega Legislativa, (…). Le attivita’ eventualmente in corso dovranno essere immediatamente sospese, lasciandone l’ulteriore corso ai meccanismi previsti dalla stessa disposizione normativa. Si prega di dare assicurazione con la massima urgenza“.
Sono evidentissime le implicazioni di carattere disciplinare e penale nei confronti della dirigenza e di tutto il personale dei due Enti di Ricerca.
Il sindacato aderente a Cobas dell’agenzia APAT esprime tutta la sua preoccupazione in quanto tale sintomatico blocco inciderebbe su tutte le attivita’ d’istituto APAT e ICRAM, ivi comprese quelle attivita’ in attuazioni di leggi, che non superate ne abrogate restano vigenti.  Conseguente la paralisi di programmi e competenze di controllo e verifica, inerenti  inoltre le responsabilita’ personali previste dal contratto di lavoro, che certo non possono essere disattese dai singoli funzionari e dipendenti.
L’enigmatica circolare e’ foriera delle intenzioni politiche del Governo Berlusconi, tese a smantellare – forte della delega sull’Ambiente in iter parlamentare – la ricerca, la tutela e il controllo ambientale del sistema agenziale, gia’ privato in precedenza della “terzieta'” come garanzia d’indipendenza di giudizio e di intervento proprio delle istituzioni preposte alla tutela ambientale.
Marco Lion capogruppo dei Verdi alla Commissione Ambiente esprime tutta la sua indignazione: “Si tratta di interruzione di pubblico servizio” – scrive a Casini anticipando l’interrogazione al ministro – “un gesto irriguardoso nei confronti della Camera – mentre e’ in corso la discussione del Ddl – la richiesta all’APAT di non svolgere le proprie attivita’ previste dalla Delega Legislativa.”

“E’ inoltre sconcertante – conclude Lion – la leggerezza con cui il ministero dell’Ambiente ha bollato come strumentali le proteste dei Cobas dell’APAT, ammettendo di fatto l’esistenza di questa sconcertante circolare”. Sulle politiche del Governo e la scelta dell’ampia e “tombale” delega legislativa al Ministro Matteoli ed ai 24 “esperti scelti e pagati da lui per riscrivere tutta la legislazione ambientale”, si e’ pronunciata anche l’On. Fulvia Bandoli dei Ds, una “anomalia gigantesca l’appropriazione indebita da parte di un gruppetto di persone di tutto cio’ che attiene la gestione, la legislazione, il funzionamento dell’ambiente”.
“La Commissaria europea all’Ambiente Wallstrom ha chiesto al Governo italiano spiegazioni sulla legge delega ambientale  – afferma Fabrizio Vigni, deputato DS – la delega, espropriando il Parlamento delle sue  funzioni, espone il nostro paese a compiere passi indietro rispetto agli standard europei, penalizzando proprio i principi di trasparenza e di partecipazione.”

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