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Segnali positivi per l’Open Source nella P.A.

15 Settembre 2003 Commenta

Al varo una direttiva con cui verra’ riaffermata l’utilita’ della pluralita’ dei sistemi e, quindi, la responsabilita’ della singole Amministrazioni nell’effettuare la libera scelta del software da adottare sulla base di un’analisi tecnica, organizzativa ed economica, ossia il rapporto tra costi e benefici. Lo ha ha annunciato il Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie nel corso della recente presentazione dei lavori conclusivi del rapporto della Commissione ministeriale sul software a codice sorgente aperto nella P.A. Il Ministro ha, inoltre, ricordato che e’ la prima volta che in Italia si affronta il tema dell’open source a livello istituzionale ed ha riconosciuto che il software a codice sorgente aperto sta assumendo un valore rilevante per la sua pervasivita’ nella Pubblica amministrazione, nell’informatica e telecomunicazioni, nella scuola, nell’universita’ e ricerca, oltre che nelle imprese.
I principi guida cui si e’ ispirata la Commissione istituita dallo stesso Ministro Stanca sono stati quelli di tutelare la pubbliche amministrazioni in termini di riservatezza dei dati, privacy, sicurezza, funzionalita’, continuita’ del servizio; di ottimizzare gli investimenti nella PA; attraverso l’e-Government favorire la diffusione dell’innovazione tecnologica in Italia; garantire le condizioni di sviluppo e promozione del mercato.
Il Ministro ha posto come centrale non solo la questione dell’accessibilita’ dei documenti delle P.A., che devono essere resi disponibili attraverso almeno un formato aperto consentendone cosi’ l’indipendenza da specifici pacchetti software di mercato e permettendo anche la loro conservazione nel tempo, ma anche quella, ancor piu’ rilevante in termini di funzionalita’ ed economicita’, del “pluralismo informatico”, dicendo pero’ no a strumenti normativi rigidi, come le leggi e, invece, privilegiando la strada delle direttive in quanto strumenti piu’ flessibili per assecondare la continua evoluzione delle tecnologie.

Cadono, quindi, anche in Italia le barriere per l’uso del software a codice sorgente aperto nella Pubblica amministrazione, ma vengono introdotti criteri di efficienza e di economicita’ nella scelta dei pacchetti informatici.
Difatti l’Indagine conoscitiva sul software a codice sorgente aperto nella Pubblica Amministrazione, condotta dalla Commissione Ministeriale promossa e costituita nel gennaio scorso da Lucio Stanca, con l’obiettivo di approfondire la conoscenza del fenomeno dell’open source al fine di consentire alla Pubblica Amministrazione una corretta valutazione della possibilita’ del suo utilizzo, ha prodotto risultati positivi in quanto la Commissione ha valutato con favore l’uso del codice informatico a sorgente aperta nella Pubblica Amministrazione ma, contestualmente, ha disposto che le scelte di soluzioni e di servizi siano effettuate solo sulla base di un’attenta analisi del rapporto tra costi e benefici.

Dall’indagine della Commissione del MIT e’ emerso che nel 2001 la pubblica amministrazione, centrale e locale, ha speso per l’acquisto di software 675 milioni di euro; di questi, il 61% si e’ concentrato sullo sviluppo, manutenzione e gestione dei programmi custom, ossia sviluppati su commessa per una specifica amministrazione; il restante 39% e’ stato impiegato per acquistare licenze di pacchetti software.
Come e’ noto per software Open Source si intende un programma di cui e’ possibile conoscere il codice sorgente, cioe’ la sua vera struttura, che negli altri software e’ invisibile perche’ cancellata dalla compilazione in linguaggio macchina. Questo tipo di software deve essere di libera distribuzione, anche se non necessariamente gratis (ma nella maggior parte dei casi lo e’), non deve presentare discriminazioni di utilizzo nei confronti di determinate categorie di persone o di materie e deve essere liberamente modificabile da chiunque. Gia’ agli inizi del 2000 rappresentanti dell’AIPA, del Ministero della Pubblica Istruzione, dell’ALCEI, e della rivista Interlex sostenevano che lo Stato era troppo dipendente dai prodotti Microsoft contraddistinti da costi piuttosto elevati. In particolar modo si sosteneva che i prodotti “incriminati” erano soggetti a rapidi aggiornamenti tra l’altro incompatibili con versioni precedenti, cio’ imponeva come logica conseguenza degli onerosi finanziamenti per l’approvvigionamento di nuovo software. Con l’avvento, poi, di Internet la situazione peggiorava ulteriormente considerato il ricorso indiscriminato alle piattaforme di Bill Gates sia come browser che come programmi di gestione.
Questo movimento con il passare del tempo si e’ ulteriormente organizzato fino alla nascita di una vera e propria associazione per la diffusione del software aperto nella Pubblica Amministrazione denominata “Associazione OpenPA”.
Le numerose attivita’ favorevoli all’introduzione del software open source nell’ambito della P.A. hanno prodotto gli effetti voluti ed il Ministero per l’Innovazione e le Tecnologie, resosi conto di questa importante realta’, ha costituito con decreto firmato il 31 ottobre 2002 una commissione di esperti denominata “Commissione per il software a codice sorgente aperto nella Pubblica Amministrazione”, con l’obiettivo preciso di procedere a un’analisi dettagliata delle opportunita’ per le pubbliche amministrazioni derivanti dal software open source.

Molti, in effetti, sono i vantaggi dell’Open Source quali:
1. la trasparenza e affidabilita’ in quanto conoscere il codice sorgente insieme al programma compilato significa conoscere le reali potenzialita’ del software oltre che le modalita’ di funzionamento;
2. il risparmio in quanto il software Open Source in genere e’ gratuito o comunque di basso prezzo; in ogni caso si eviterebbero quei contratti-capestro tipici di molti fornitori;
3. la maggiore ampiezza del mercato che consente una scelta piu’ oculata in un regime di piena concorrenzialita’;

4. l’indubbio beneficio delle economie locali, anche in termini occupazionali, dovuto al fatto che la produzione di questo tipo di software e’ affidata ad imprese indipendenti.

Ma il messaggio della Commissione e’ stato chiaro: non basta parlare bene del software open source e sottolinearne i numerosi vantaggi, ma e’ necessario mettere in atto progetti validi e non onerosi che prevedano l’uso e l’implementazione di questo tipo di software, prendendo come esempio molte aziende leader nell’ Information Technology che da tempo supportano distribuzioni dei propri prodotti di punta su piattaforme software open source o sviluppano offerte commerciali che ne promuovono l’ utilizzo.
Ma esiste un ulteriore problema (naturalmente non risultante dai lavori della Commissione) che si sostanzia nella necessita’ di non violare le regole di mercato che deve essere sempre trasparente, inoltre e’ indiscussa la maggiore notorieta’ dei prodotti piu’ pubblicizzati (Microsoft), quindi la loro maggiore conoscenza ed uso, per non parlare poi dell’assistenza tecnica che li contraddistingue.
Ed e’ proprio per questi motivi che il Ministro Stanca ha annunciato l’emanazione di una prossima direttiva che avra’ il compito non facile di trovare una soluzione equilibrata che non scontenti ne’ i sostenitori dell’Open Source ne’ le piu’ importanti aziende produttrici di software.

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